Meno di tre minuti per dire l'essenziale. Per andare al cuore dei problemi. Per pronunciare, con le parole più semplici e toccanti di questo mondo, uno dei discorsi più elevati che mai si siano uditi nelle aule del Parlamento italiano. È il 10 settembre, pochi giorni fa. A Palazzo Madama, la senatrice a vita Liliana Segre espone le ragioni del suo “sì” alla fiducia nel nuovo governo Conte. L'assemblea l'ascolta col fiato sospeso. Il potere carismatico delle sue parole è tale, che perfino i più esagitati tra i fedelissimi di Salvini e della Meloni sembrano improvvisamente ammutoliti, quasi ammansiti come le tigri sotto la sferza di un domatore. Potenza spirituale di una donna che ha conosciuto tutto l'orrore criminale delle follie nazionaliste del Novecento: le leggi razziali mussoliniane, le carceri fasciste, l'internamento ad Auschwitz, la “marcia della morte” verso il lager di Malchow nel gennaio del 1945.
Liliana punta subito il dito accusatore contro il clima di “indulgenza” e di “empatia” che ormai da troppo tempo circonda le parole e gli atti di odio, di barbarie e di razzismo imperversanti nel nostro Paese. Il riferimento è chiaro: nel nome del “sovranismo”, Lega e Fratelli d'Italia flirtano apertamente e senza alcuna vergogna con l'indecenza dei saluti romani e con la risorgente ideologia neonazista. E i segnali di questa degenerazione non fanno che moltiplicarsi: di due giorni fa è la notizia allucinante di quella donna che in un paese vicino a Milano ha rifiutato di affittare un suo appartamento a una bravissima giovane di 28 anni, solo per avere scoperto che era una “terrona”. E orgogliosamente si è giustificata così sui social: “Io sono una razzista al cento per cento... Sono una salviniana, leghista come Salvini, come Matteo, il mio capitano”.
Liliana prosegue stigmatizzando l'uso dei simboli religiosi nella propaganda politica. Dice: “A me ricordano il Gott mit Uns”, ossia il motto “Dio è con noi” dei nazisti. E anche qui il riferimento al leader della Lega è terribilmente chiaro e diretto. Anche i terroristi islamici dicono “Allahu ma'na”, cioè “Dio è con noi”. Salvini usa il Cuore immacolato di Maria, ma la sostanza non cambia.
Liliana accusa “la politica dell'odio che incendia gli animi di chi vive con rabbia e disperazione il disagio”. È la politica dei piromani. Di coloro che gettano benzina sul fuoco per avanzare sulla terra bruciata.
Liliana cita il “Talmud”: “Chi salva una vita salva il mondo intero”. Per poi osservare che un mondo in cui chi salva delle vite non viene premiato ma punito è “un mondo rovesciato”.
E poi la stoccata finale: “Vorrei che il nuovo governo nascesse non solo da legittime valutazioni di convenienza politica, ma soprattutto dalla consapevolezza dello scampato pericolo; da quel senso di sollievo che viene dopo che, giunti sull'orlo del precipizio, ci si è ritratti appena in tempo”. E come non pensare qui a quell'altra follia? Quella di certi esponenti della nuova maggioranza giallorossa, che già sono al lavoro per mettere in difficoltà il nuovo governo. Un esempio fra tutti: l'ineffabile Maria Elena Boschi, che inietta veleno negli animi chiedendosi “come mai tra i nuovi sottosegretari e viceministri non vi sia nessun toscano”. “Sarà forse”, insinua lei “per fare dispetto a Renzi?”.
Ecco, cara Liliana, è anche con queste follie che purtroppo ci dobbiamo misurare. Non solo con quelle dei sovranisti, fascisti, razzisti e compagnia urlante. E il timore è purtroppo, come tu hai lucidamente intuito e denunciato, che siano proprio queste le follie più pericolose. Quelle che potrebbero, tra nemmeno molto tempo, farci cadere davvero in quel precipizio da cui per adesso ci siamo miracolosamente salvati.