Tre marsalesi sono stati assolti dall’accusa di gioco d’azzardo (gestione di diverse sale giochi on line in assenza delle necessarie autorizzazioni di polizia) dal giudice Matteo Giacalone in ossequio al principio che le norme comunitarie in materia prevalgono su quelle nazionali.
Per un fatto analogo, in gennaio, il giudice Bruno Vivona ha assolto una donna. In entrambi i casi, a difendere gli imputati è stato l’avvocato Giovanni Galfano. Stavolta, imputati erano Michele Claudio Giacalone, il figlio Fabio Pietro Giacalone e Alberto Lombardo.
Tutti assolti con formula piena “perché il fatto non sussiste”. Nelle loro sale giochi veniva svolta l’attività di raccolta delle scommesse sportive in favore del bookmaker straniero Centurionbet, con sede a Malta.
L’indagine scattò nel maggio 2014, quando la Guardia di Finanza sottopose a perquisizioni e sequestri gli uffici e le sale scommesse dei tre imputati (a Marsala, Mazara e Menfi). Nel processo sono stati ascoltati, oltre ai militari della GdF e i funzionari della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, anche clienti e impiegati delle sale scommesse. Nella sua arringa, poi, l’avvocato Giovanni Galfano ha puntato l’attenzione sulla “assoluta illegittimità ed incompatibilità della normativa italiana incriminatrice (art. 4 L.401/89) in relazione ai principi su cui è basato l’ordinamento comunitario”. Infatti, ha continuato il legale, “l’intero sistema concessorio italiano, pure a seguito dei correttivi introdotti con il c.d. Decreto Bersani, risulta in netto contrasto con la disciplina del diritto comunitario, e precisamente con gli artt. 43 e 49 del trattato UE, i quali stabiliscono la libertà di stabilimento e di prestazioni di servizi. Lo Stato Italiano punisce gli intermediatori che si limitano a raccogliere le scommesse per conto dei bookmakers comunitari sprovvisti delle autorizzazioni rilasciate dalle Autorità italiane, ma nell’emanare i bandi per il rilascio delle concessioni sul gioco cosiddetto lecito, di fatto, ha introdotto requisiti e condizioni tali da impedire alle aziende straniere di ottenere le concessioni pubbliche. Conseguentemente, le aziende italiane operanti nel settore delle scommesse sportive, al pari di quelle degli imputati, non possono ottenere le Autorizzazioni di Polizia necessarie per lo svolgimento di tale attività, in quanto contrattualmente legale ad un bookmaker straniero (con sede nel territorio dell’UE) al quale nella sostanza è stata illegittimamente impedita la partecipazione al bando ministeriale”. Alla luce di ciò, secondo la tesi difensiva, il giudice nazionale, svolgendo anche la funzione di giudice comunitario, deve applicare direttamente le norme del Trattato UE e procedere alla disapplicazione della normativa interna con essa in contrasto, facendo propri i principi fissati dalla Corte Europea. Dopo la lettura del dispositivo della sentenza, l’avvocato Giovanni Galfano ha manifestato soddisfazione per il risultato ottenuto, in quanto “il Tribunale ha accolto la tesi di diritto sostenuta dalla difesa ed oltre ad assolverli ha disposto la riconsegna dei beni oggetto di sequestro”.