A distanza di quasi tre anni dalla morte di Massimiliano Pace, classe 1968, spirato all’ospedale Civico di Palermo il 10 aprile 2017, per una terribile infezione scatenata da un ascesso dentario che non sarebbe stato curato tempestivamente e a dovere dai medici di ben due ospedali (Marsala e Trapani), arrivano le prime conseguenze giudiziarie per i nove medici coinvolti nel clamoroso caso di presunta “malasanità”.
Quattro dell’ospedale di Marsala e cinque all’epoca in servizio in quello di Trapani. Il sostituto procuratore di Palermo Giulia Beux ha, infatti, chiesto il rinvio a giudizio dei nove sanitari per “cooperazione” in omicidio colposo. A decidere sulla richiesta del pubblico ministero sarà il gup di Palermo Walter Turturici (prima udienza preliminare fissata per il prossimo 10 marzo). Il processo è stato chiesto per Salvatore Pedone, di 54 anni, Stefania Maltese, di 39, Vincenzo Maniscalco, di 52, Rosanna Di Legami, di 51, tutti del nosocomio lilibetano (i primi tre in servizio al Pronto soccorso, la quarta è otorinolaringoiatra), Eugenio Maurizio Serraino, di 56, Carlo Gianformaggio, di 67, Vincenzo Patera, di 66, Alessio Di Felice, di 47, e Manuela Calò, di 46.
I medici trapanesi erano in servizio all’Unità di Otorinolaringoiatria del Sant’Antonio abate. I loro avvocati difensori sono Luigi Pipitone, Chiara Bonafede, Arianna Rallo, Antonino Sugamele, Giovan Battista Greco, Dario Safina e Giuseppe Buscaino. Parti offese, già pronte a costituirsi parti civili, sono Gianluca Pace, fratello minore di Massimiliano Pace, che sporse la denuncia-querela lo stesso giorno del decesso del familiare, il 10 aprile 2017, la madre Caterina Rita Pellegrino e Maddalena Marino (anche nell’interesse del figlio, all’epoca minore, ma adesso maggiorenne Angelo Pace). Ad assistere legalmente i primi due è l’avvocato Stefano Pagliai di Firenze, mentre la Marino si è rivolta all’avvocato Stefano Pellegrino.
Secondo quanto si legge nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pm Beux, i nove medici “in cooperazione colposa fra loro”, quando Massimiliano Pace si recò in ospedale (il 24, il 26 e il 28 marzo 2017 a Marsala, e nella tarda serata del 28 marzo a Trapani, quando le sue condizioni andavano aggravandosi), avrebbero causato la morte del paziente “per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché per colpa specifica consistita nella violazione delle linee guida definite e pubblicate dalla comunità scientifica internazionale in materia di infezioni odontogene e cervico-facciali e altresì nella violazione delle buone pratiche mediche in riferimento sia alla diagnostica che a quella terapeutica”.
Insomma, non avrebbero compreso bene il problema del paziente e non avrebbero adottato le giuste contromisure a livello di cure. A Marsala, in particolare, sempre secondo l’accusa, avrebbero “sottostimato” i dati clinici evidenziati anche da una ecografia, nonché la febbre e l’elevata frequenza cardiaca, e anziché disporne il ricovero lo hanno dimesso. Inoltre, non avrebbero disposto ulteriori accertamenti attraverso la Tac, né somministrato una terapia antibiotica.
E solo il 28 marzo, quando Pace si recò per la terza volta al Pronto soccorso, Maniscalco e Pedone, “omettendo di formulare la diagnosi di Sindrome da risposta infiammatoria immunitaria (SIRS) e di sepsi conclamata”, non provvedendo ad un drenaggio chirurgico dell’ascesso al collo e non somministrando, ancora una volta, antibiotici, disponevano il trasferimento al Sant’Antonio abate di Trapani. Ma anche qui, tra le 23,15 del 28 marzo e le 13.15 dell’indomani, quando finalmente Massimiliano Pace fu sottoposto all’esame Tac, per l’accusa non tempestivamente, i medici avrebbero “sottostimato” gravemente il quadro clinico del paziente.
Oltre a “condotte omissive negligenti e imperite”, ai sanitari trapanesi si rimprovera la “mancata corretta e tempestiva diagnosi, il mancato trattamento mediante drenaggio chirurgico dell’ascesso al collo e la mancata tempestiva somministrazione di un congruo trattamento antibiotico”. E quando il Pace arrivò al Civico di Palermo era ormai troppo tardi. Muore a 48 anni. Il caso, a Marsala, suscitò scalpore e incredulità. “Come si può morire per un ascesso dentario?” si chiesero in tanti.