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10/02/2020 06:30:00

Fuga di notizie su Messina Denaro, parla la difesa del colonnello Zappalà

 Si moltiplicano le domande sui fatti che nell’aprile scorso avevano portato agli arresti dell’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, del colonnello della DIA di Caltanissetta Marco Zappalà e dell’appuntato scelto Giuseppe Barcellona.

Della vicenda abbiamo parlato ampiamente in diversi approfondimenti (per esempio, qui).

In sintesi, nel 2017 ci sarebbe stata una fuga di notizie che, attraverso i due militari e l’ex sindaco Vaccarino, sarebbero finite nelle mani del pregiudicato per mafia Vincenzo Santangelo.

 

I legali del colonnello Zappalà, Claudio Gallina Montana e Salvatore Silvestro, in una nota diffusa alla stampa, fanno sapere di aver chiesto l’assoluzione per il proprio assistito accusato di istigazione ad accesso abusivo di sistema informatico e rilevazione di segreto d’ufficio.

 

Nell’ultima udienza dinanzi al Gup di Palermo, hanno messo l’accento sul fatto che l’accusa di istigazione sarebbe stata supportata dalla sola confessione dell’App. Barcellona, il quale – secondo quanto scrivono gli avvocati – nel corso dell’incidente probatorio  avrebbe dichiarato che “nel gennaio 2017, mentre trascriveva un’intercettazione ambientale (ove si commentava in maniera generica la latitanza del boss Messina Denaro, senza alcuna utile indicazione), riceveva la chiamata dell’ufficiale, il quale, appena informato sulla trascrizione, chiedeva di trasmettergliela”.

Una confessione che verrebbe smentita dai tabulati telefonici, “poiché non emerge alcuna telefonata tra i due militari durante la fase di trascrizione della conversazione”.

Inoltre, proseguono i legali, “l’ufficiale ha sempre parlato di un invio spontaneo via whatsapp da parte del Barcellona, sua vecchia conoscenza, per lamentare l’inutilità di quella lunga trascrizione e, di conseguenza, il modo poco proficuo con cui veniva impiegato”.

Secondo gli avvocati Gallina Montana e Silvestro, questa confessione avrebbe impedito l’immediata scarcerazione del loro assistito.

 

Ma a prescindere dall’istigazione, la domanda più importante è perché Zappalà avrebbe poi girato la trascrizione (anzi, soltanto una sua parte) via mail a Vaccarino, due mesi dopo.

Non solo il colonnello non ricorda di averlo fatto, ma non è mai stato verificato l’indirizzo IP, che identifica il dispositivo dal quale la mail viene spedita.

Il dato, individuato invece dai tecnici di parte, sarebbe oggi inutilizzabile in quanto – sottolineano i legali – “doveva essere verificato entro 12 mesi, termine oltre il quale, in base alla normativa vigente, viene cancellato dalle società che forniscono i servizi internet”.

 

Sulla storia di questa mail, i legali mettono in evidenza l’assenza di nesso logico col fatto che sia stata inviata proprio mentre Zappalà si trovava a casa di Vaccarino, “in un colloquio investigativo delegato ed autorizzato superiormente, alla pari di tutti gli altri incontri”.

La perizia di parte avrebbe poi considerato l’utilizzo di questo servizio “una pratica informatica assolutamente anomala” rispetto all’uso abituale che l’ufficiale ha sempre avuto della posta elettronica e “la profilazione digitale emersa è apparsa non corrispondente a quella del Ten. Col. Zappalà…”.

Infine, spedita due volte consecutive, la trascrizione non conteneva quella parte in cui si faceva cenno a Matteo Messina Denaro.

Non che si trattasse di contenuti caldi, visto lo scarso valore investigativo, però mancava. C’era solo la vicenda del funerale di Lorenzo Cimarosa, il quale, secondo i due intercettati non avrebbe fatto pagare le esequie ai familiari.

 

Ma allora qualcun altro, al posto del colonnello Zappalà, avrebbe inviato quella mail dal suo account di posta?

in proposito – si legge ancora nella nota diffusa dai suoi avvocati – l’ufficiale ha dichiarato di aver subito vari tentativi di accesso al proprio account da parte di dispositivi sconosciuti, inizialmente autorizzati poiché scambiati per falsi alert”.

Insomma di questo accordo a tre, scrivono infine i legali, “per la dazione periodica di atti riservati al Vaccarino” non è risultata “alcuna traccia in due anni di attività d’indagine (la mail è stata veicolata nel 2017 e gli arresti sono avvenuti nel 2019, ndr) che, unita ad alcuni mancati riscontri, ha portato all’arresto di un ufficiale da sempre in prima linea nella lotta al crimine organizzato e non, molto stimato e ben apprezzato da superiori gerarchici e collaboratori”.

 

Egidio Morici