E’ stata ribaltata in appello la sentenza che nel marzo 2017 ha visto condannati a pesanti pene, a Marsala, tre castelvetranesi per estorsione e danneggiamento.
A scagionarli è stata una perizia grafica chiesta dalla difesa su carte relative a rapporti di lavoro tra accusati e accusatori e che smentisce uno di questi ultimi.
Alla base della vicenda, dunque, contratti e pretese economiche che per una delle parti, evidentemente, non erano giustificate. Ad essere assolti, in secondo grado, sono stati Giovanni Ballatore, di 42 anni, che in primo grado era stato condannato a otto anni e mezzo di carcere, Eduardo Catalano, di 66, e Giovanni Tilotta, di 57, entrambi allora condannati a 7 anni e 8 mesi. La sentenza era stata emessa dal giudice monocratico di Marsala il 28 marzo 2017. A difendere i tre imputati sono stati gli avvocati Francesco Messina (per Ballatore), Giuseppe Ferro junior (per Catalano) e Francesco Seidita (per Tilotta). I legali, naturalmente, esprimono “soddisfazione” per l’assoluzione. Secondo l’accusa, i tre imputati, tra gennaio e maggio 2010, avevano tagliato i ceppi di un uliveto per costringere una famiglia di imprenditori agricoli di Castelvetrano a versare loro del denaro. Oltre a questo “avvertimento”, le vittime avrebbero subito, secondo l’accusa, anche minacce di morte (“Ammazziamo te e la tua famiglia”). Parti “offese”: i castelvetranesi Calogero, Pietro e Giuseppe Fazzino. A Pietro Fazzino, figlio di Calogero, secondo i carabinieri, con la distruzione dell’uliveto (5 maggio 2010) fu procurato un “danno patrimoniale di rilevante entità”. Quel terribile “avvertimento” arrivò a circa quattro mesi di distanza dalle prime, perentorie, richieste di denaro.