Detenzione di reperti di interesse archeologico è l’accusa dalla quale è stato assolto l’imprenditore marsalese Michele Licata. E con lui sono stati assolti anche quattro suoi familiari: la moglie, Vita Maria Abrignani, la madre, Maria Pia Li Mandri, e le figlie Clara Maria e Silvia.
La sentenza è stata pronunciata dal giudice monocratico del Tribunale di Marsala Matteo Giacalone. Alla base del processo c’erano sette antiche anfore trovate nell’abitazione di Michele Licata nel corso di una perquisizione domiciliare effettuata dalla Guardia di finanza nell’ottobre del 2015.
A difendere la famiglia Licata è stato l’avvocato Carlo Ferracane, che nel corso del dibattimento è riuscito a dimostrare che le sette antiche anfore trovate dalle Fiamme Gialle nell’abitazione dell’imprenditore erano state ereditate dal padre, Mariano Licata, deceduto nel 2012. E che questi, a sua volta, le aveva ereditate dai suoi avi. Ed erano nell’abitazione di Michele Licata, sul lungomare sud marsalese, di fronte al locale (ristorante “Il Delfino”) dal quale è partita l’ascesa economica del gruppo imprenditoriale, perché questa era stata l’abitazione del genitore. Una tesi, quella esposta in dibattimento dall’avvocato Ferracane, che evidentemente è stata condivisa dal giudice Giacalone.