Continuiamo con un nuovo approfondimento, con la requisitoria del pm Gabriele Paci al processo che vede imputato il boss castelvetranese Matteo Messina Denaro con l’accusa di essere il mandante delle stragi di Capaci e via d’Amelio. Qui la prima parte e qui la seconda.
Il trasporto delle armi per la missione romana - I preparativi degli attentati romani vedono la partecipazione della famiglia Nuvoletta. Lo ricorda Vincenzo Sinacori. Virga Vincenzo mette a disposizione 100 kg di esplosivo che viene trasportato da Battista Consiglio, un autotrasportatore che è all’interno della famiglia mafiosa mazarese e ci sono due sentenze di condanna che lo dimostrano, una per l’attentato al dottor Germanà e una per l’omicidio dell’agente di polizia penitenziaria Montalto. Mentre in una sentenza del gup di Palermo del 2006 viene riconosciuto il suo ruolo nella partecipazione alla trasferta romana.
L'incontro a Mazara dove si provano le armi - C’è un incontro prima della partenza per la missione romana, a Mazara, nella campagna di Battista Consiglio, dove vengono provate le armi, una quindicina, lo confermano Vincenzo Sinacori e Francesco Geraci. I mazaresi portano le loro armi e Matteo Messina Denaro porta le sue da Castelvetrano e le danno a Battista Consiglio che con il figlio avrà il compito di portarle a Roma. Battista Consiglio è stato condannato per le armi perché come conferma la sentenza non sapeva a cosa servissero. Anche Francesco Geraci era presente alla preparazione delle armi, ricorda che erano piene di grasso e che lui e Messina Denaro e Sinacori le hanno provate e conferma che c’erano due 357 e due pistole cromate tra le altre. Io stesso dice Geraci avevo dato trecento milioni a Matteo perché servivano per comprare armi. Altre le aveva portate anche Giuseppe Fontana, uno del cerchio magico di Matteo Messina Denaro, e condannato con la sentenza Selinus come uno degli uomini fedelissimi del boss di Castelvetrano. Dice Geraci che in quel periodo c’è anche un incontro a Gibellina con dei soggetti catanesi che lui però non conosce e che consegnano a Messina Denaro delle armi.
I detonatori - Geraci ha anche accennato al fatto che Messina Denaro e Sinacori parlarono anche di detonatori, oltre alle armi e all’esplosivo, cosa che conferma anche Scarano a Firenze, che dice di aver avuto consegnato anche dei detonatori. Geraci sa, vede e sente, viene chiamato ad operare, a pulire le armi a caricarle in un camion ma non sa che finalità avranno.
Vertice organizzativo a Mazara da Mariano Agate - E dice lo stesso Geraci che, prima della partenza per Roma ci fu un incontro a Mazara, da Mariano Agate, tra lui, Matteo e Sinacori e Agate disse di stare attenti. Incontro avvenuto il giorno prima dell’arresto di Agate. Altro vertice prima della partenza romana avviene a casa di Salvatore Biondino, reggente di San Lorenzo che gestisce la latitanza di Totò Riina. Questa volta è presente l’intero gruppo che si appresta a partire per Roma. Sono presenti oltre a coloro che hanno partecipato alla prima riunione, i fratelli Graviano, Messina Denaro, Sinacori, Biondino, anche due della famiglia di Brancaccio, Cannella e Tinnirello che sono stati condannati sia per la strage di Via D’Amelio che per Capaci sia per le stragi del 93. L’incontro è prettamente organizzativo volto a preparare la partenza e a dare le indicazioni sui luoghi in cui si ritroveranno a Roma, due case che sono state approntate da Matteo Messina Denaro, una attraverso il suo amico Scarano che appartiene ad un certo Antonino Gesù e l’altra è la casa di cui ha la disponibilità un certo La Mantia, le cui chiavi sono state consegnate da Mariano Agate a Vincenzo Sinacori nei giorni precedenti. La logistica prevede che il gruppo si incontri alla Fontana di Trevi e si sistemi presso queste due abitazioni, fatti confermati da Geraci e Sinacori.
Il collaboratore Tranchina - Altro collaboratore che dà un ulteriore elemento a questa fase preparatoria è Fabio Tranchina, che ha iniziato a collaborare dal 2011 e ha detto di aver partecipato anche alla preparazione della strage di Via D’Amelio. Tranchina ricorda che Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro si frequentano spesso in quel periodo, specie quando diventano latitanti. A proposito della missione romana, Tranchina parla di un incontro a Palermo tra i due fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Cannella e Tinnirello, non ricorda se c’era anche Sinacori. Siamo tra la fine del 91 e l’inizio del 92, iniziano a caricare le armi che caricano in un’audi 80 di Cannella, mettendoli nei pannelli degli sportelli assieme a due giubbotti anti proiettili. Un ulteriore dato che Tranchina conferma come l’obiettivo primario di quegli attentati sia Giovanni Falcone.
Figura centrale nella missione romana è Antonio Scarano - Antonio Scarano è il punto di riferimento a Roma di tutto il gruppo. Un calabrese che venne messo alla prova facendo due omicidi in trasferta. Scarano viene cooptato dopo questi omicidi e scende a Castelvetrano dove aveva sposato una donna di Triscina. Scarano viene chiamato da Matteo Messina Denaro, che riceve venti milioni da Geraci per affittare a Roma un appartamento, fatti confermati sia dallo stesso Geraci sia da Scarano stesso. Si incontrano nella gioielleria di Geraci con lo stesso Messina Denaro, che gli chiede di trovare una casa nella zona dei Parioli. Non trovandola torna a Castelvetrano per dire di non essere riuscito e a quel punto si interessa di un altro appartamento che risulterà essere nella disponibilità di questo Gesù, casa che poi ebbe il gradimento dello stesso Messina Denaro.
La partenza per Roma - Quello che è chiaro è che il gruppo della missione romana ha a disposizione due case a Roma. Matteo Messina Denaro parte in macchina con Tinnirello, mentre Geraci e Sinacori vanno a Roma in aereo. Arrivati a Roma c’è un problema, la casa messa a disposizione da Mariano Agate non va bene, manca l’acqua e allora anche gli altri vanno nell’abitazione che aveva trovato Scarano, che gli stessi Geraci e Sinacori conoscono in questa occasione.
L’arrivo del camion di Battista Consiglio pieno di armi ed esplosivo – C’è un appuntamento che si danno sul raccordo anulare di Roma. Matteo Messina Denaro e Sinacori vanno a prenderlo e lo conducono fino all’abitazione trovata da Scarano. L’arrivo delle armi e la custodia nel garage di casa di Scarano viene ricostruita dallo stesso e da Sinacori. Scarano curerà la logistica, provvederà alla custodia delle armi e dell’esplosivo che si trovava in dei sacchi che furono conservati nella cantina dello stabile dove abitava. Lo stesso Scarano lo ha appreso direttamente da Messina Denaro che c’erano delle armi. Armi che l’anno dopo verranno poi riprese da Gaspare Spatuzza su indicazione dei Graviano che dirà di restituirle ai legittimi proprietari.
I pedinamenti a Falcone, Martelli e Costanzo - Il gruppo è arrivato a Roma il 24 febbraio del 92. E Sinacori dice che, "una volta trovato Giovanni Falcone Claudio Martelli eravamo autorizzati a sparare". In realtà il gruppo inizia a fare i pedinamenti ma si accorge che non è possibile fare gli attentati in sicurezza. Il gruppo segue anche il giornalista Maurizio Costanzo, partecipano anche i Nuvoletta che vengono chiamati da Sinacori e pensano a quel punto, dopo aver seguito il percorso di Maurizio Costanzo all’uscita del Teatro Parioli e credendo che fosse scortato, decidono di utilizzare l’esplosivo per commettere l’attentato nei suoi confronti. Messina Denaro dice a Sinacori di andare a Palermo per parlare con Riina. Il 4 marzo Sinacori scende a Palermo. Noi, dice Sinacori, abbiamo cercato di evitare fino all’ultimo di fare l’attentato a Costanzo. Sinacori incontra Riina, racconta come è la situazione a Roma, e Riina dice di fermarsi con la progettazione degli attentati a Roma perché sono subentrate delle cose più importanti.
Lo stop di Riina alla missione romana e il via libera a Giovanni Brusca - Sinacori in quell’incontro con Riina vede anche Giovanni Brusca. E a quel punto entra Giovanni Brusca nel piano operativo teso all’uccisione di Giovanni Falcone. Lo dice Brusca stesso, “siamo al 20 febbraio, è il giorno del mio compleanno ed entro ufficialmente nel piano operativo per uccidere Giovanni Falcone”. Nel piano rientrano anche altri appartenenti a Cosa nostra palermitana, Cangemi, reggente di Porta Nuova, Salvatore Biondino, reggente di San Lorenzo e Raffaele Gangi, rappresentante del mandamento della Noce. Brusca viene a conoscenza che ci sono già dei piani operativi in atto. C’è chi intende utilizzare l’esplosivo, Gangi e Cangemi, in via Notarbartolo a Palermo, dove abita Giovanni Falcone, mentre un altro piano operativo in programma a Capaci è curato da Salvatore Biondino. Brusca ha quindi il via libera da Riina a poter operare con l’esplosivo in Sicilia. Ci sono contestualmente due gruppi che operano, uno a Roma e uno a Palermo. Brusca apprende da Riina le lamentele sul gruppo romano, capeggiato da Messina Denaro, che non riuscirebbe a trovare il modo di uccidere Falcone.