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04/08/2020 07:43:00

La storia della truffa agli istituti religiosi, coinvolto un uomo di Paceco

Il Tribunale del Riesame di Torino, accogliendo l’istanza degli avvocati Natale Pietrafitta e Luigi Pipitone, ha annullato la misura cautelare (obbligo quotidiano di presentazione alla pg) per un 42enne pacecoto, V.V., indagato per truffa ai danni di un paio di istituti religiosi piemontesi.

Soddisfatti per l’annullamento del provvedimento del gip torinese, adesso i due legali tenteranno di smontare l’accusa, dimostrando che V.V. non c’entra nulla con la truffa attuata ai danni degli istituti religiosi.

Contro V.V., però, c’è il fatto che la carta Posta Pay con la quale sono state commesse le truffe è intestata proprio a lui. E per questo la Procura piemontese lo ha sottoposto ad indagini, ottenendo la misura cautelare adesso annullata.

Per i legali, però, non è improbabile che qualcuno possa essere entrato, in qualche modo, in possesso dei dati della carta Posta Pay di V.V. e quindi utilizzarla a sua insaputa.

Questo il meccanismo della truffa: una persona telefonava all’istituto religioso e chiedeva di parlare con il suo rappresentante legale, dicendo a questi che la Regione Piemonte aveva erogato, per errore, una cifra superiore a quella che effettivamente spettava e che quindi l’istituto doveva subito restituire la differenza. Poi, forniva i dati del Posta Pay sul quale effettuare il bonifico della somma ricevuta “in eccesso”. E qualcuno è caduto nella trappola. Poi, però, avendo compreso di essere stati truffati, forse dopo una telefonata ai competenti uffici regionali, è scattata la denuncia e l’inchiesta. “Non sono mai stato a Torino, non so nulla di questa storia” si difende, però, l’indagato.

L'operazione dei Carabinieri di Torino, a fine Luglio, ha portato, in totale, a tre arresti e sei obblighi di firma con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. La banda  ha messo a segno, nei mesi scorsi, 41 raggiri in tutta Italia per un bottino complessivo di 110mila euro.

I componenti della banda, qualificandosi come funzionari comunali e regionali o direttori di istituti di credito, contattavano telefonicamente i responsabili di parrocchie, asili nido, scuole e fondazioni, per informarli che era stato loro destinato un contributo (comunale o regionale) erogato in somma maggiore a quella spettante. Pertanto, per evitare che il denaro non venisse poi accreditato, li inducevano a versare la differenza degli importi (cifre variabili da 500 a 22.850 euro) su carte postepay riconducibili loro. Naturalmente, a versamento avvenuto sparivano col bottino.

L'indagine ha permesso di individuare diversi prestanome intestatari di carte prepagate per l’accredito del denaro, che erano poi ricompensati dai truffatori con percentuali variabili in base alla somma incassata. Della banda facevano parte anche persone che facevano da call-center.