Di fermarsi non ne vuole proprio sapere. “Chi si ferma – sorride – muore”. E lui, Massimo Giuseppe Di Martino, 64 anni, primario del pronto soccorso del Sant’Antonio Abate di Trapani in pensione da tre giorni, sta già lavorando per il futuro: portare a Trapani i Master universitari per le urgenze e le emergenze ed aprire una scuola specialistica per medici e infermieri. Insomma, grazie al suo impegno la Sanità trapanese potrebbe fare il definitivo “salto di qualità”.
Dopo 36 anni di servizio, Di Martino ha smesso il camice bianco che era la sua seconda pelle.
Laureatosi quando aveva 24 anni, quattro anni dopo si è specializzato in chirurgia d’urgenza, diventando se non addirittura il più giovane chirurgo d’Italia, uno dei più giovani. Senza dubbio. Nel 2009, l’incarico di primario del pronto soccorso dove dal 1977 al 1984 aveva svolto volontariato.
Un anno dopo, l’ospedale Sant’Antonio Abate si è visto dimezzare i posti-letto, passati da 400 a 200. “Nonostante ciò – dice – non abbiamo mai rifiutato un ricovero, assistendo tutti i pazienti che si presentavano al nosocomio. Per questo di recente siamo stati anche premiati”. Di battaglie ne ha fatte tante. Una su tutte, quella per dotare il Sant’Antonio Abate, e gli altri presidi del Trapanese, di ecografo. Otto anni di lotta, poi finalmente la gara. Tra ottobre e novembre, dovrebbe arrivare la strumentazione richiesta. Di Martino è stato anche in prima linea per la pandemia. “ Il 31 gennaio – afferma – è scattata l’emergenza Covid. Il protocollo adottato ha funzionato. Venti i casi sospetti, trattati prima nella tenda allestita davanti al pronto soccorso e poi nel reparto malattie infettive. E poi l’enorme lavoro svolto per individuare i contatti delle persone che nel Trapanese sono risultate positive. E’ andata bene. Siamo stati fortunati, è vero. Ma noi ci abbiamo messo del nostro”.
Nella sua lunga e brillante carriera di medico sempre in prima linea, due casi lo hanno scosso: la morte di Colletta al pronto soccorso e quella del turista israeliano deceduto davanti al Sant'Antonio Abate. “Quando Colletta si è presentato da noi– ricorda - aveva dolore al torace. In quel momento stavamo affrontando sette-otto casi gravi. Dieci minuti dopo si è accasciato privo di vita. Il decesso è da imputare anche a sostanze che assumeva per motivi contingenti”. Anche sulla morte dell’israeliano polemiche e accuse: “Hanno detto di tutto, ma nessuno di costoro sapeva quello che realmente era accaduto”.
Archiviato il passato, Di Martino è proiettato sul futuro: “Entro settembre, Covid permettendo, dovrebbe partire la scuola di specializzazione e tra ottobre e novembre i Masters universitari”. Ha tolto il camice, ma il suo impegno per migliorare la Sanità continua. Quello non va in pensione.