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18/09/2020 06:53:00

Mafia, processo "Pionica" alle battute finali

 Un vecchio episodio poco noto ai più è stato citato dal pm della Dda Gianluca De Leo nelle battute iniziali della requisitoria, davanti il Tribunale di Marsala, nel processo scaturito dall’operazione antimafia “Pionica” del 12 marzo 2018.

“Antonio Salvo – ha detto il pm – ha rischiato la vita: diede 500 milioni di lire a Giovanni Brusca, senza per altro riaverli indietro. I vertici di Cosa Nostra trapanese, infatti, non gradirono e si tenne anche un vertice tra tutti i capimafia della provincia per decidere l’eventuale soppressione, che non avvenne soltanto perché Antonio Salvo si impegnò con loro a finanziare l’acquisto di sostanze stupefacenti”.

Antonio Salvo, compare del presunto capomafia di Salemi Michele Gucciardi, è nipote dei cugini Ignazio e Nino Salvo, esattori mafiosi di Salemi. In passato, è stato processato per mafia, ma è stato assolto. E’ l’ex marito di Giuseppa Salvo (che non è parente dei cugini Salvo mafiosi) che nel processo è parte civile (assistita dall’avvocato Valentina Favata) in quanto ritenuta vittima di una estorsione ad opera del boss mafioso di Salemi Michele Gucciardi e di un agronomo di Vita, Melchiorre Leone, già condannato, in primo grado, dal gup di Palermo a 9 anni e 4 mesi. Giuseppa Salvo sarebbe stata costretta a cedere i diritti di reimpianto dei vigneti della sua azienda di contrada Pionica (Santa Ninfa) dopo che questa (60 ettari) venne acquistata all’asta, per 130 mila euro, dall’alcamese Roberto Nicastri, fratello del “re dell’eolico”, che poi l’ha rivenduta per 530 mila euro alla “Vieffe” di San Giuseppe Jato (Pa), che proprio grazie ai diritti di reimpianto vigneti ottenne due finanziamenti comunitari di 420 mila e 120 mila euro. Senza i “catastini”, e dunque i diritti di reimpianto dei vigneti, i compratori non avrebbero potuto incassare i contributi comunitari. “E la signora Salvo – ha detto il pm De Leo – era ben consapevole che quando certi consigli arrivano da personaggi che orbitano nel contesto mafioso non poteva fare altro che cedere”. Del resto, è un dato giurisprudenziale incontestato che il “consiglio” di un mafioso equivale ad una minaccia molto seria. In aula, Giuseppa Salvo ha ripercorso la sua vicenda nel maggio 2019. “Ho ereditato l’azienda di Pionica da mio padre, che per la sua conduzione si era indebitato con le banche – ha dichiarato la donna quando è stata ascoltata dai giudici - Nel 2004, per tamponare i debiti, ho venduto la mia azienda agricola per circa 800 mila euro, ma non è stato sufficiente. Poi, avevo raggiunto un’intesa con una venezuelana originaria di Salemi, la signora Timpone, per vendere Pionica per due milioni di euro, ma l’accordo è saltato perché lei ricevette un consiglio da un agronomo della zona che le disse che l’azienda non valeva tanto, che non valeva la pena. Noi pensiamo che il consiglio sia arrivato da Melchiorre Leone”. Nella sua requisitoria, il pm De Leo ha ricordato che tramite per il pagamento dell’azienda quando questa fu venduta da Nicastri alla Vieffe fu Leone e che questi avrebbe trattenuto 175 mila euro. Denaro che gli investigatori sospettano possa essere stato utilizzato per finanziare la latitanza di Matteo Messina, che da un’intercettazione di un dialogo tra due mafiosi non sarebbe stato affatto dispiaciuto se dei beni fossero stati sottratti ai Salvo.

Imputati nel processo sono i presunti capimafia di Salemi e Vita, Michele Gucciardi e Salvatore Crimi, la moglie di quest’ultimo, Anna Maria Crocetta Asaro, e il figlio Leonardo “Nanà” Crimi, Gaspare Salvatore Gucciardi, anche lui di Vita, Ciro Gino Ficarotta, il figlio Leonardo Ficarotta e Paolo Vivirito, tutti di San Giuseppe Jato. Gli ultimi tre sono stati, comunque, prosciolti dal gup dall’accusa di intestazione fittizia di beni, che è l’unico reato contestato ad Anna Maria Crocetta Asaro e a Leonardo Crimi.

Tra gli avvocati difensori, Giuseppe e Gaspare Benenati, Giuseppe De Luca, Salvatore e Vito Galluffo. Parti civili sono l’associazione Codici (avv. Giovanni Crimi), l’Antiracket Trapani (avv. Giuseppe Novara), l’Antiracket Alcamese, il Centro Pio La Torre, le associazioni Antonino Caponnetto e la “Verità Vive” (avv. Peppe Gandolfo), i Comuni di Salemi e Castelvetrano e Giuseppa Salvo (avv. Valentina Favata).

A concludere la requisitoria sarà, il 7 ottobre, l’altro pm del processo, Giacomo Brandini. Poi, interverranno i legali di parte civile e nelle successive udienze quelli della difesa. La sentenza dovrebbe essere emessa in novembre.