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14/11/2020 07:08:00

Castelvetrano, donna morta dopo il parto: medici assolti anche in Cassazione 

“Non fu malasanità”. E’ quanto ha definitivamente stabilito la Cassazione, che ha rigettato il ricorso avverso l’assoluzione due medici dell’ospedale di Castelvetrano, Vito Francesco Cuttone e Cataldo Anzalone, entrambi di 62 anni, processati per omicidio colposo a seguito della morte della 32enne Girolama “Mimma” Leone, che tre giorni prima del decesso aveva partorito una bambina.

E adesso, la quarta sezione penale della Cassazione ha confermato l’assoluzione sentenziata dalla Corte d’appello di Palermo a fine novembre 2018.

I giudici di secondo grado confermarono, a loro volta, la sentenza del giudice monocratico di Marsala Matteo Giacalone, che il 15 luglio 2017 aveva assolto i due medici con la formula “perché il fatto non sussiste”, mentre il pubblico ministero Anna Sessa ne aveva invocato la condanna, chiedendo 2 anni e 9 mesi di reclusione per Cuttone e 2 anni per Anzalone. Il ricorso alla Suprema Corte era stato proposto dalle parti civili. E in aula, il procuratore generale aveva chiesto l'accoglimento del ricorso, che la Corte di Cassazione (presidente Di Salvo) ha invece rigettato, rendendo definitiva l'assoluzione, anche sotto l’aspetto civile. A difendere Cuttone sono stati gli avvocati Gianni Caracci e Stefano Pellegrino, mentre legale di Anzalone è stato Vito Signorello. A rappresentare le altre parti sono gli avvocati Celestino Cardinale,per la famiglia della vittima, parte civile, e Cesare Faiella, per l’Asp, responsabile civile.

  I due medici erano accusati di non avere compreso la reale gravità delle condizioni della donna, il cui decesso avvenne il 13 maggio 2011 al Policlinico di Palermo – dove la paziente fu trasferita in eliambulanza dopo il parto cesareo d’urgenza eseguito all’ospedale Sant’Antonio di Trapani – per la rottura di un vaso sanguigno del cervello a causa della pressione alta dovuta alla gestosi. A Cuttone e Anzalone si contestava di non aver diagnosticato la patologia e di non essere intervenuti in tempo. Girolama Leone, che era alla 35° settimana di gravidanza, morì dopo avere dato alla luce una bambina che adesso ha sette anni e mezzo e non ha mai conosciuto la madre. I due medici, secondo l’accusa, non compresero il reale motivo dei forti dolori addominali accusati dalla donna, che solo all’indomani del ricovero, dopo un’intera notte senza alcun intervento (un parto cesareo d’urgenza, secondo inquirenti, avrebbe potuto salvarla), fu trasferita a Trapani. Intanto, le condizioni della partoriente si erano notevolmente aggravate. Ad Anzalone si rimproverava di non avere predisposto il ricovero, rimandando a casa la donna intorno alle 19.30 del 10 maggio. A Cuttone, invece, di non avere effettuato gli esami ematochimici urgenti, non procedendo al taglio cesareo. “Il nostro consulente, professor Martorana – ha sostenuto, però, l’avvocato difensore Gianni Caracci – ha già spiegato che la reale causa del decesso fu una emorragia cerebrale, una patologia imprevedibile indipendente dal parto”.

Nel corso del processo, sono stati ascoltati diversi medici consulenti di parte (difesa, accusa e parte civile), ma i loro contrastanti pareri hanno convinto il giudice Matteo Giacalone ad accogliere la richiesta degli avvocati Caracci e Stefano Pellegrino, difensori di Cuttone, di nominare due periti super partes. Questi furono individuati dal giudice nel ginecologo Domenico Arduini e nel medico legale Vincenza Liviero, che poi, in aula, hanno sostanzialmente dichiarato che i due medici imputati avrebbero commesso degli errori, ma che Girolama Leone sarebbe morta ugualmente (a causa dell’emorragia cerebrale). Una conclusione che uno dei due avvocati di parte civile, Celestino Cardinale, legale del marito di Mimma Leone, ha definito “contraddittoria, illogica e incomprensibile”. Altro legale di parte civile (per i genitori della vittima) è stato l’avvocato Giovanni Gilletta.

“Si è trattato – commentò Caracci dopo la sentenza di primo grado - di un processo di rara complessità, sia da un punto di vista medico-legale, che giuridico. Alla fine, l’oculata scelta del Tribunale di ricorrere a due periti di fama nazionale per esaminare imparzialmente le tesi dei vari consulenti delle parti è stata risolutiva”.