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14/11/2020 06:44:00

I passaporti rubati alla Questura di Trapani. Poliziotto a giudizio con altri due 

Il gup del Tribunale di Trapani Samuele Corso ha rinviato a giudizio, per falso materiale commesso da pubblico ufficiale, l’assistente capo di polizia Angelo Patriarca, 59 anni, in servizio al Commissariato di Marsala fino al 15 marzo 2018, quando fu arrestato da suoi colleghi (quel giorno era a Roma e fu rinchiuso a “Regina Coeli”) nell’ambito di un’indagine su un giro di passaporti e di permessi di soggiorno in bianco sottratti alla questura di Trapani e rivenduti sul mercato clandestino.

Inizialmente, le accuse contestate ai tre indagati (oltre al poliziotto, il marocchino Rachid Dalal, di 34 anni, e la moglie Vita Annalisa Daunisi, anche loro residenti a Marsala e anche loro rinviati a giudizio) furono associazione per delinquere finalizzata al peculato, furto, ricettazione e corruzione.

Poi, la difesa del poliziotto riuscì, con ricorso al Tribunale del Riesame di Palermo, a far derubricare l’accusa nella meno grave truffa pluriaggravata e continuata in concorso ai danni dello Stato (pena massima: 5 anni). Derubricazione confermata dalla Cassazione. Adesso, infine, la Procura di Trapani ha contestato il primo comma dell’articolo 476 del codice penale, che prevede, in caso di condanna, da uno a sei anni di carcere (il secondo comma prevede da 3 a 10 anni). L’avvio del processo, davanti il giudice monocratico di Trapani Franco Messina, è stato fissato per il 3 maggio 2021.

Dal giorno del suo arresto, il poliziotto (poi tornato in libertà) è sospeso dal servizio e a metà stipendio. “Non ci sono dubbi – hanno scritto i giudici del Riesame nell’aprile 2018 – sulla commissione, da parte del prevenuto (Patriarca, ndr), delle condotte materiali allo stesso ascritte (il poliziotto, presentandosi in Questura “sotto falso nome” ed esibendo una istanza del Commissariato di Mazara “contraffatta”, si fece consegnare 400 moduli di passaporto in bianco, ndr), al di la dei solidissimi dati esposti nell’ordinanza applicativa della misura in esecuzione (carcere, ndr), … va altresì evidenziata la sostanziale ammissione dei fatti compiuta dal Patriarca al momento dell’esecuzione della misura (arresto, ndr), allorché ha reso dichiarazioni spontanee alla polizia giudiziaria riferendo di avere effettivamente ricevuto denaro in cambio degli atti contrari ai doveri d’ufficio”. L’indagine scattò quando negli aeroporti di Roma e Milano due extracomunitari vennero fermati in possesso di passaporti apparentemente autentici, ma il cui microchip, alla lettura informatica, non dava risultato. Segno che i passaporti non erano stati rilasciati legalmente. Interrogato, uno dei due extracomunitari ammise di aver pagato 3 mila euro per quel documento illegale.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Squadra Mobile trapanese e del Servizio Centrale Operativo, il poliziotto consegnava i documenti in bianco al marocchino che, con la complicità della moglie (la coppia è difesa dagli avvocati Diego e Massimiliano Tranchida), si sarebbe occupato di "piazzarli" all'estero sul mercato clandestino. I documenti, poi, venivano contraffatti e venduti a cittadini extracomunitari, per consentire loro di fare ingresso in Italia o in altri Paesi europei.