Ha lasciato il carcere dopo 25 anni, per fine pena, il boss mafioso Giovanni Brusca, fedelissimo del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, prima di diventare un collaboratore di giustizia ammettendo, tra l'altro, il suo ruolo nella strage di Capaci e nell'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo. Ha lasciato ieri il penitenziario di Rebibbia, a Roma, con 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza della condanna.
Sarà sottoposto a controlli e protezione ed a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d'Appello di Milano. La notizia ha trovato conferma in ambienti investigativi.
L'ex killer di Cosa nostra detto 'u verru (il porco), è stato scarcerato per effetto della della legge del 13 febbraio del 2001 grazie alla quale per lo Stato italiano ha finito di scontare la propria pena detentiva. Avendo scelto di collaborare con la giustizia ha ottenuto gli sconti di pena previsti dalla legge.
Il Corriere della Sera intervista Santino Di Matteo, il pentito di mafia il cui figlio, Giuseppe, fu sciolto da Brusca nell'acido: « ‘u verru, cioè il maiale, come chiamavano Brusca, conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la play station. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? Io non posso piangere nemmeno su una tomba e lui lo immagino pronto a farsi una passeggiata. Magari ad Altofonte. O in un caffè davanti al Teatro Massimo di Palermo. Mi auguro di non incontrarlo mai, come chiedo al Signore. Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere». E ancora: «Non trovo le parole per spiegare l'amarezza, lo Stato si è fatto fregare. Ha strangolato anche una ragazza incinta, non appartiene all'umanità».
La vedova del capo-scorta di Falcone: sono indignata
“Sono indignata, sono veramente indignata. Lo Stato ci rema contro. Noi dopo 29 anni non conosciamo ancora la verità sulle stragi e Giovanni Brusca, l’uomo che ha distrutto la mia famiglia, è libero. Sa qual è la verità? Che questo Stato ci rema contro. Io adesso cosa racconterò al mio nipotino? Che l’uomo che ha ucciso il nonno gira liberamente?…”. Tina Montinaro è la vedova di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, ha appena appreso della scarcerazione di Giovanni Brusca e non nasconde la sua amarezza. “Dovrebbe indignarsi tutta l’Italia e non solo io che ho perso mio marito ma non succede. Queste persone vengono solo a commemorare il 23 maggio Falcone e si ricordano di ‘Giovanni e Paolo’. Ma non si indigna nessuno”.
Brusca fu catturato ad Agrigento il 20 maggio 1996. Le sue informazioni, come collaboratore di giustizia, hanno permesso di fare luce su numerosi delitti di mafia, tra i quali l’omicidio a Palermo del giudice Rocco Chinnici (29 luglio 1983), del commissario Beppe Montana (a Santa Flavia, 28 luglio 1985), del vicequestore Ninni Cassarà (Palermo, 6 agosto del 1985). La pena si è accorciata ulteriormente per “buona condotta”. Doveva essere a ottobre 2021, è arrivata con cinque mesi di anticipo. Insieme a lei, la gestione della sua libertà (vigilata per i prossimi quattro anni) e della libertà della sua famiglia.