Il tappo è saltato. Letteralmente. Alla diga Trinità, nel territorio di Castelvetrano, il Ministero delle Infrastrutture ha disposto la messa fuori esercizio per gravi problemi di sicurezza. Ogni secondo, 1,5 metri cubi d’acqua vengono sversati nel Mediterraneo, attraversando il Belìce e lasciando migliaia di agricoltori disperati. Circa seimila ettari di vigneti e uliveti, che dipendevano dall’invaso per l’irrigazione, rischiano ora di essere lasciati morire.
La diga, che potrebbe contenere fino a 18 milioni di metri cubi d’acqua, oggi ne ha appena 3. Ma anche questo volume è ritenuto troppo per una struttura mai collaudata, che non risponde ai requisiti di sicurezza antisismica.
Un problema noto da anni
La decisione del Ministero non è stata un fulmine a ciel sereno. La situazione critica della diga Trinità era ben nota da anni: ogni stagione portava con sé una progressiva riduzione dei volumi autorizzati, mentre interventi di manutenzione e messa in sicurezza venivano continuamente rimandati. Con pochi milioni di euro si sarebbero potuti avviare lavori per consentire almeno un utilizzo parziale dell’infrastruttura.
Dopo due anni segnati dalla siccità e dalla peronospora, gli agricoltori temono che l’assenza di acqua renda impossibile il salvataggio delle coltivazioni e che la crisi porti al collasso di un intero sistema economico locale.
Polemiche e accuse politiche
La chiusura della diga ha innescato un acceso scambio di accuse. Alla Camera, il ministro per le Politiche del Mare, Nello Musumeci, ha puntato il dito contro la Regione Siciliana, responsabile della gestione dell’invaso: «Le carenze della diga sono gravi e ben note, la responsabilità è del concessionario, la Regione». Tuttavia, Musumeci non ha potuto evitare le critiche, essendo stato presidente della Regione fino a due anni fa.
Davide Faraone, deputato di Italia Viva, ha accusato il governo e la Regione di abbandonare gli agricoltori: «La diga Trinità verrà dismessa, e questo causerà il tracollo di centinaia di aziende agricole. Anni di inefficienza e mancata pianificazione ci hanno portato a questa situazione disastrosa».
«Il gatto e la volpe, maestri dell’inganno: Renato Schifani e Nello Musumeci. Il primo, attuale presidente della Regione, apprende solo dopo una settimana che da Roma è giunta la lettera che dispone la chiusura della diga Trinità. Il secondo, ministro dalla memoria corta, nel question time in Parlamento, punta l’indice sul “gestore” della diga Trinità, proprio la Regione Siciliana, dimenticando che proprio lui è stato Presidente prima di Schifani. Ma noi, che non siamo altrettanto smemorati come Musumeci, ricordiamo bene quando nel 2019 si dichiarò stupito delle condizioni delle nostre dighe, con problemi strutturali e limitazioni d’invaso».
Schifani avvia le procedure, ma i tempi sono lunghi
L’attuale presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha annunciato di aver dato mandato al Dipartimento Acqua e Rifiuti per adeguarsi alle prescrizioni del Ministero e avviare le procedure di messa in sicurezza della diga. Tuttavia, il rischio è che ci vogliano anni per completare i lavori: «Siamo in costante contatto con il Ministero e faremo di tutto per accelerare gli interventi, ma la situazione ereditata è complessa e i tempi tecnici non sono brevi».
Mazara: attivato il monitoraggio del fiume Delia
A Mazara del Vallo, il Centro Operativo Comunale (Coc) è stato attivato per monitorare i livelli del fiume Delia, dove confluiscono le acque sversate dalla diga. L’amministrazione comunale, in collaborazione con la Protezione Civile, ha disposto presidi nei punti critici, come il ponte Arena e la SS115, per prevenire eventuali rischi idraulici. «La popolazione non deve allarmarsi, ma essere consapevole che la situazione richiede massima vigilanza», ha dichiarato l’assessore alla Protezione Civile, Giampaolo Caruso.
Dissalatori
Nel frattempo, il presidente Schifani ha annunciato un piano per riattivare entro il 2025 i tre dissalatori siciliani di Gela, Porto Empedocle e Trapani, fermi da 14 anni. «Abbiamo stanziato 100 milioni di euro tra fondi regionali e statali per riattivarli e garantire una nuova fonte di approvvigionamento idrico», ha detto Schifani in audizione alla Camera. Tuttavia, i tempi lunghi e l’incertezza sull’effettiva realizzazione del piano lasciano scettici gli agricoltori.
La Prefettura conferma il rischio
La Prefettura di Trapani ha diramato una nota per confermare che la messa fuori esercizio della diga è stata decisa a seguito di una situazione di rischio idrico. Dal 21 gennaio si tengono riunioni quotidiane con i comuni coinvolti, la Protezione Civile e i tecnici regionali per monitorare la sicurezza dell’invaso e prevenire criticità a valle. Al momento, il rilascio controllato di acqua non presenta rischi immediati, ma il livello di attenzione resta alto.
La chiusura della diga Trinità rappresenta una ferita aperta per il territorio del Belìce, con conseguenze che potrebbero rivelarsi devastanti per l’agricoltura e l’economia locale. Mentre l’acqua scorre via verso il mare, gli agricoltori restano senza risposte concrete e con la paura che le promesse di oggi rimangano, ancora una volta, parole vuote.