Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
04/06/2021 06:00:00

Messina Denaro, il libro "Lettere a Svetonio" e la tesi di Report

 Questo è il periodo degli special televisivi sulla mafia e le stragi. Assistiamo ad un susseguirsi di programmi dove, in un’ora o due, vengono offerte sintesi su quasi trent’anni di indagini. E tra bombe, morti e depistaggi, ci sono nuovi testimoni che ritrovano la memoria e personaggi chiave che spiegano come andò quella volta di tanti anni fa.

Le inchieste cominciano ad assomigliarsi un po’ tutte, fitte di nomi che i telespettatori non addetti ai lavori fanno fatica a ricordare.

Cosa c’è dietro le stragi del ’92?

Spesso le verità assodate si mischiano con le suggestioni, le teorie e le tesi che finiscono per rimbalzare tra due matrici principali. Ed è come se la genesi di Capaci e via D’Amelio fosse diventata una scelta di parte: la “trattativa Stato-mafia” o il “dossier su mafia e appalti”.

Tutti più o meno schierati, dai giornalisti agli esperti, dagli storici alle procure.

 

Perfino Report è finito stritolato da questa specie di tifoseria, dove alla fine sembra che la verità si allontani sempre di più. E si moltiplichino le suggestioni.

Come la lettura che, nella puntata del 24 maggio scorso, viene data allo scambio epistolare tra Matteo Messina Denaro e l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino.

Una lettura alternativa rispetto a ciò che si è sempre saputo su questo carteggio relativo alla collaborazione di Vaccarino col Sisde, finalizzata alla cattura del capomafia latitante. E vanificata a causa di una fuga di notizie, dopo l’arresto di Bernardo Provenzano.

 

Secondo Report, le lettere tra Svetonio (nome in codice di Vaccarino) e Alessio (come si faceva chiamare Messina Denaro) non sarebbero servite per la cattura del boss, ma per sostenere e rafforzare la sua immagine. Un’operazione in cui sia Svetonio, sia chi scriveva per conto del latitante apparterrebbero ai servizi segreti.

E siccome alcuni di questi lunghi “pizzini” furono pubblicati in un libro dal titolo “Lettere a Svetonio”, anche questo libro, nel racconto di Sigfrido Ranucci diventa “un progetto” dei servizi.

Questo senza sentire sul punto l’ideatore e curatore del testo che, anzi, nella puntata non viene nemmeno nominato. Anche se il suo nome compare chiaramente sulla copertina del libro nel maxi schermo, dietro il conduttore: “a cura di Salvatore Mugno”.

 

Già nell’anticipazione a Che tempo che fa, il giorno prima, Ranucci dice che “noi sveleremo chi è l’autore di quelle lettere di Matteo Messina Denaro e qual era probabilmente il progetto che c’era dietro”.

Poi nella puntata del 24 maggio, Paolo Mondani intervista su una barca un tizio senza faccia e senza nome, che dice che di quelle lettere si è occupato un suo amico. E anche  lui  non ha né una faccia, né un nome.

Il misterioso testimone però racconta che questo amico è un ex carabiniere che si è infiltrato, nei panni di un bancario, nel mandamento mafioso di San Lorenzo a Palermo. E’ lui che scriverebbe le lettere a Svetonio per conto di Matteo Messina Denaro. Non solo un amanuense, perché l’ex carabiniere dei servizi avrebbe pure incontrato il boss diverse volte “nei momenti più critici”, “quando succedevano le cose”.

 

Perché viene scritto questo libro? - si chiede Ranucci in trasmissione – Qual è il messaggio che vogliono mandare i due agenti sotto copertura?”.

Si ha l’impressione – continua il conduttore – che si voglia dare autorevolezza a quello che da due anni è il capo di Cosa nostra. Dare l’immagine di un capo che non si piega davanti alle difficoltà, alle condanne e mantiene la schiena dritta”.

 

Ovviamente lo scrittore trapanese Salvatore Mugno ha scritto a Report, sottolineando di essere l’esclusivo ideatore e curatore del libro e chiedendo “che venga puntualizzato e chiarito che a proposito dell’ipotesi avanzata dal vostro conduttore Dr. Ranucci, secondo la quale l’intera operazione epistolare possa essere stata ordita dai servizi segreti con l’obiettivo di sostenere e rafforzare la figura del boss, che essa non si riferisce e non si estende, naturalmente, anche al libro in questione ma soltanto alla corrispondenza di cui si è detto”.

 

Ed in chiusura della puntata successiva di Report, quella del 31 maggio, nello spazio riservato alle precisazioni, Ranucci dice:

Ci ha scritto l’autore del libro, Salvatore Mugno, e dice che questa operazione epistolare, che possa essere stata ordita dai servizi segreti con l’obiettivo di sostenere la figura del boss, può essere riferita solo all’ambito epistolare e non può essere estesa al resto del libro”.

Poi aggiunge che questa precisazione “conferma, almeno nella parte delle lettere, che la nostra lettura era credibile”.

 

In realtà la loro lettura riguardava proprio il libro ed il “motivo per cui sarebbe stato scritto”.

La “parte delle lettere”, più che una lettura sarebbe stata invece la rivelazione del tizio intervistato da Mondani: “Chi scriveva le lettere al posto di Messina Denaro era un mio amico dei servizi, ex carabiniere”.

Nella sua precisazione, Mugno non fa propria questa tesi. Semplicemente vorrebbe che si dicesse con chiarezza che l’idea del libro era stata solo sua.

Inoltre, le lettere raccolte erano già state pubblicate sul mensile “S”.

E poi il libro non è affatto un mero copia e incolla delle lettere, perché c’è un’ampia parte che riguarda un’attenta analisi dello stile e del contenuto, oltre a preziose informazioni sul contesto, su alcune operazioni antimafia e tanto altro.

Salvatore Mugno è uno bravo, che si incuriosisce, fa ricerca e approfondisce. Ha scritto diversi romanzi, racconti, inchieste giornalistico-giudiziarie (compresa una su Mauro Rostagno). Ma si occupa anche di letteratura e di poesia. Recentemente ha curato e tradotto la nuova edizione di “Le poesie di un Maledetto” di Mario Scalesi, il più grande poeta tunisino di lingua francese del Novecento.

Ecco, lasciare intendere che con “Lettere a Svetonio” possa aver partecipato ad un progetto di rafforzamento della figura di Messina Denaro era un’ipotesi ridicola.

Forse ancora più ridicola del carteggio Svetonio-Alessio realizzato da due agenti dei servizi segreti per dare lustro al boss.

 

Egidio Morici