Un calo di 13 miliardi sulla produzione, del 10% nel numero delle imprese commerciali e del 42% degli ambulanti, il Pil pro capite minore del 40% rispetto al resto d’Italia, oltre 685 mila persone in povertà assoluta.
Sono questi alcuni dei dati relativi al 2020 presenti nel Rapporto sulla situazione economica della Sicilia, elaborato da DISTE Consulting, fondazione guidata da Pietro Busetta, ordinario di Statistica economica all’Università di Palermo. Il rapporto, intitolato “Il diritto di restare”, è stato presentato da Unità Siciliana-Le Api nel corso di un evento online, giovedì 10 giugno.
IL REPORT – Il lavoro che si ripete con cadenza semestrale, da anni, fotografa la crisi attraversata dall’Isola in questo ultimo anno e mezzo. Lo studio, però, non si sofferma solo sui numeri della crisi e cerca anche di buttare lo sguardo verso il futuro, indicando una possibile ripartenza attraverso una strada da costellare con una serie di investimenti in infrastrutture e capitale umano per diminuire il divario enorme ancora esistente con le regioni del centro nord.
I NUMERI DELLA CRISI SICILIANA – “Vediamo innanzi tutto cosa è successo nel 2020 – ha ribadito Alessandro Lo Monica (responsabile operativo di Report Sicilia, presidente Diste Consulting srl) nel corso della presentazione on line del rapporto – la prima cosa da analizzare è la produzione in Sicilia che è diminuita in termini monetari di 13 miliardi di euro, con una contrazione rispetto al 2019 di 10,1 punti percentuali: una flessione grave, attribuibile in prevalenza al settore dei servizi, l’ottantatre per cento di questa perdita, ma ha toccato anche l’industria, ed in forma più lieve, anche i settori delle costruzioni e dell’agricoltura. Vorrei evidenziare – prosegue Lo Monica – una cosa che mi pare assolutamente importante: la colpa di questa situazione non è il virus; inutile che diciamo questo, certamente ha inciso, però queste terribili e drammatiche statistiche che vengono fuori da questo rapporto, sicuramente, hanno origini più lontane. Già prima del Covid l’economia siciliana era adagiata sul fondo del ciclo recessivo, ininterrottamente dal 2008, oggi ci sono cifre più pesanti ma la durata inizia undici anni fa, dal periodo dei titoli spazzatura. Il Pil per abitante scende a 16 mila 383 euro con un divario del 40% rispetto alla media italiana ed al 50 per cento con le regioni del nord. Aumenta la povertà aumentano le famiglie in povertà assoluta 235 mila e 685 mila le persone in povertà assoluta. Le Regioni non soffrono tutte allo stesso modo: il dato isolano è peggiore rispetto alle Isole ed al Centro nord con un aumento delle richieste di pensioni e reddito di cittadinanza.
LE SOLUZIONI – Pietro Busetta (presidente della Fondazione Curella) ha suggerito nel corso del suo intervento on line qualche soluzione: “Oggi dobbiamo parlare del futuro. Non possiamo basarci su agricoltura e turismo, anche se noi riuscissimo a raddoppiare il numero delle presenze, che sono 14 milioni in Sicilia, meno di quanto faccia la sola Malta, e 80 milioni di tutto il mezzogiorno, un po’ più di quanto ne faccia il solo Veneto, e se anche raddoppiassimo a 28 milioni, in Sicilia avremmo solo 90 mila occupati in più, che sono una grande cifra, ma nell’Isola abbiamo bisogno di 800/900 mila occupati in più, per garantire quel ‘diritto a restare’. Qualcuno ancora si stupisce che vi sia tanta gente che entra in povertà – ha dichiarato alla Tgr Sicilia, Pietro Busetta – nel Mezzogiorno e nella Sicilia, ma era tutto quello che ci si poteva aspettare, perché con cinque milioni di abitanti in Sicilia ed un milione e trecento mila occupati, compresi i sommersi, è evidente che c’è un mare di gente che non ha come sopravvivere. Le uniche aziende – ha concluso Busetta, alla fine del suo intervento in streaming – che possono attrarre investimenti da fuori, garantendo il futuro dei nostri ragazzi, sono quelle che opereranno nel settore manifatturiero e nelle piattaforme logistiche ed è assurdo che le Zes (zone economiche speciali) siano ancora ferme”.
Alessandro Accardo Palumbo
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