Si avvia nuovamente a conclusione uno dei processi più lunghi e travagliati che coinvolgono i personaggi politici della provincia di Trapani. Si tratta del processo, in Corte d'Appello, che vede imputato l'ex senatore trapanese di Forza Italia, Antonio D'Alì, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo si tiene con il rito "abbreviato": un paradosso, dato che va avanti dal 2011.
Ieri ci sono state le richieste di pena dell'accusa. Il procuratore generale ha chiesto per D'Alì 7 anni e 4 mesi di reclusione.
“Con il suo operato ha consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa Nostra – ha detto il pg durante il suo intervento – mettendo a disposizione le proprie risorse economiche e successivamente il proprio ruolo istituzionale di Senatore della Repubblica e di Sottosegretario di Stato”.
Nel corso hanno concluso anche le parti civili costituite: comune di Castellammare del Golfo, l’associazione antiracket e antiusura Alcamese, associazione antiracket e antiusura Castellammare del Golfo, Centro studi Pio La Torre, associazione Antimafia e antiracket la Verità€ Vive Onlus (la famosa associazione antiracket di Marsala ...) associazione ‘Libera, nomi e numeri contro mafia’ e Associazione Antirackt Io non Pago.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 5 luglio per le conclusioni dei legali dell’ex senatore D’Alì.
L'ex sottosegretario all'Interno dal 2011 è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, anche per aver "mostrato di essere a disposizione dell'associazione mafiosa cosa nostra e di agire nell'interesse dei capi storici (...) come il latitante Matteo Messina Denaro e Salvatore Riina".
Il politico trapanese viene comunque da un successo. Infatti, due settimane fa, la Corte di Cassazione ha confermato l'annullamento dell'obbligo di dimora nei suoi confronti. Il provvedimento riguarda la misura di prevenzione, chiesta e ottenuta dalla Dda di Palermo mentre D'Alì era in corso per la poltrona di Sindaco a Trapani. La misura fu poi annullata dalla Corte d'appello. In seguito all'annullamento, la procura generale di Palermo aveva presentato ricorso, chiedendo che il politico originario di Trapani fosse nuovamente dichiarato 'socialmente pericoloso'. I giudici ermellini però hanno dichiarato inammissibile il ricorso.