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20/09/2021 12:12:00

Mafia, depositate le motivazioni del processo abbreviato dell'operazione "Kerkent"

 Il Gup del Tribunale di Palermo, Fabio Pilato, ha depositato le motivazioni della sentenza del processo “Kerkent”, emessa lo scorso 21 febbraio, nei confronti di 28 imputati accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di droga, ed altri gravi reati. Decise venti condanne per oltre due secoli di carcere, e otto assoluzioni, nello stralcio con il rito abbreviato, sul maxi blitz, condotto dalla Dia di Agrigento, che ha fatto luce sulla famiglia mafiosa di Agrigento, guidata dal boss Antonio Massimino, e sulla gestione dello smercio di stupefacenti.

Questa la sentenza: Antonio Massimino (20 anni di reclusione); James Burgio (8 anni); Salvatore Capraro (9 anni); Davide Clemente (9 anni e 6 mesi); Fabio Contino (8 anni); Sergio Cusumano (12 anni e 8 mesi); Alessio Di Nolfo (12 anni); Eugenio Gibilaro (10 anni); Domenico La Vardera (8 anni e 8 mesi); Domenico Mandaradoni (8 anni); Gerlando Massimino (12 anni); Antonio Messina (12 anni); Giuseppe Messina (20 anni); Liborio Militello (8 anni); Andrea Puntorno (8 anni); Calogero Rizzo (5 anni); Luca Siracusa (8 anni); Giuseppe Tornabene (8 anni e 8 mesi); Francesco Vetrano (20 anni).


Assolti: Fracesco Di Stefano; Salvatore Ganci; Daniele Giallanza; Pietro La Cara; Valentino Messina; Francesco Romano; Vincenzo Sanzo e Attilio Sciabica. Il Gup, Fabio Pilato nelle 613 pagine della sentenza depositata, spiega per filo e per segno le ragioni di condanne e assoluzioni. Antonio Massimino – secondo il giudice – è il capomafia che, fin dal momento della scarcerazione, si è da subito reinserito nello stesso circuito criminoso d’estrazione, con un ruolo di vertice in seno non solo alla famiglia mafiosa di Agrigento e Villaseta, ma anche all’intero mandamento di Agrigento, estendendo il suo potere su Porto Empedocle e su Favara.

Tra i partecipi Eugenio Gibilaro accusato di essere il corriere per il trasporto, e l’acquisto di sostanze stupefacenti a Palermo, di aver tenuto la contabilità per conto dell’associazione nei confronti dei debitori per acquisto di droga, e per aver partecipato ad incontri di rilievo come quello organizzato da Antonio Massimino, a Porto Empedocle, presso un noto ristorante, dove si è discusso dell’acquisto di grosse partite di stupefacenti da spacciare nell’Agrigentino, e in territorio palermitano, tramite alcuni del luogo. Il difensore di Gibilaro, l’avvocato Monica Malogioglio ha sostenuto l’estraneità del suo cliente al contesto associativo.