Il maggior numero di vaccinati, le forti limitazioni per ridurre la circolazione del coronavirus e altre variabili avevano evitato il peggio, rendendo praticamente inesistente la stagione influenzale nei mesi freddi tra il 2020 e il 2021.
Qualcosa di analogo era avvenuto in diversi altri paesi, che ora si interrogano su come potrà essere la nuova stagione influenzale da poco iniziata in un contesto ancora diverso, dove molte limitazioni sono state allentate grazie alla protezione offerta dai vaccini contro il coronavirus, che nell’autunno dello scorso anno non erano ancora disponibili.
Influenza e stagionalità
Tendiamo a vedere l’influenza come un malanno di stagione tutto sommato innocuo, una fastidiosa malattia che si risolve da sola dopo qualche giorno e senza lasciare conseguenze. In realtà, le sindromi influenzali sono tra le principali cause di morte in tutto il mondo.
A seconda degli anni e dei virus influenzali in circolazione, in Europa l’influenza causa tra i 4 e i 50 milioni di casi con sintomi, e si stima che porti alla morte di 15mila-70mila individui. La malattia comporta con maggiore frequenza sintomi gravi tra i bambini, gli anziani e le persone con altri problemi di salute: migliaia di individui vengono ricoverati ogni anno per influenza e molti di loro non riescono a sopravvivere all’infezione, a causa delle complicazioni che possono subentrare.
I vaccini antinfluenzali sono un importante strumento per ridurre i rischi, ma la protezione che offrono varia moltissimo a seconda degli anni, perché i virus influenzali hanno la capacità di mutare molto velocemente e non è sempre facile prevedere quali saranno le varianti che circoleranno di più nella popolazione in ogni stagione influenzale.
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Come in molti altri paesi, in Italia la vaccinazione contro l’influenza è raccomandata alla maggior parte della popolazione, ed è completamente gratuita per le persone con più di 65 anni (la soglia è stata ridotta per comprendere anche la fascia di età 60-64 anni durante la pandemia).
L’Istituto superiore di sanità (ISS) tiene sotto controllo le stagioni influenzali tramite “InfluNet”, un sistema di sorveglianza integrata che raccoglie le segnalazioni sui casi riscontrati in Italia e che produce periodicamente rapporti sul loro andamento. I dati sono forniti da oltre mille medici “sentinella”, che indicano quanti dei loro pazienti hanno mostrato sindromi simil-influenzali (ILI), e da 22 laboratori, che analizzano i campioni prelevati dai pazienti e inviati dai medici sentinella per accertare l’eventuale presenza di virus influenzali.
Di solito le ILI hanno un andamento regolare: i casi aumentano nelle ultime settimane dell’anno e si raggiunge un picco alla fine di gennaio dell’anno seguente, che si mantiene fino a marzo. L’incidenza può variare in modo significativo da un anno all’altro, a seconda di quanto siano aggressivi i virus influenzali, dell’efficacia dei vaccini e della copertura vaccinale raggiunta.
Incidenza totale e per fasce di età delle ILI dalla stagione 2004-2005 alla stagione 2020-2021 (IfnfluNet)
L’ultima stagione influenzale ha avuto un’incidenza di ILI molto bassa, al di sotto della soglia di 3,16 casi rilevati ogni 1.000 pazienti. Il dato è così basso da poter dire che tra autunno e inverno il periodo epidemico vero e proprio dell’influenza non è mai iniziato.
La differenza tra fine gennaio 2021 e fine gennaio 2020 lo mostra efficacemente: quest’anno l’incidenza di ILI era di 1,4 casi per mille assistiti, mentre nello stesso mese dell’anno precedente era stata di 12,6 casi per mille assistiti. La quantità di ILI è rimasta inoltre molto bassa anche tra i bambini, solitamente la fascia di età con l’incidenza più alta.
(Influnet) È difficile stabilire con certezza i fattori che determinano una stagione influenzale più severa di un’altra, specialmente se intervengono altre variabili come una pandemia, ma si possono comunque identificare alcuni elementi.
Copertura vaccinale
Nell’autunno del 2020 l’avvio precoce della campagna vaccinale antinfluenzale aveva contribuito al raggiungimento del 23,7 per cento di vaccinati tra gli italiani, sette punti percentuali in più rispetto all’anno precedente. La copertura nella popolazione anziana con più di 64 anni aveva inoltre raggiunto il 65,3 per cento, molto più alta rispetto al 54,6 per cento del 2019. L’aumento aveva anche riguardato le fasce di età pediatriche, dove di solito non si raggiunge una copertura di rilievo. Una maggior quota di persone vaccinate ha probabilmente influito nell’andamento dei casi di influenza, anche se come abbiamo visto i vaccini antinfluenzali hanno in alcuni anni un’efficacia limitata.
Immunità parziale
I virus influenzali non conferiscono una memoria immunitaria a vita, ma gli studi condotti negli ultimi decenni hanno comunque rilevato la presenza di una qualche immunità nell’organismo, che in parte si rinnova a ogni nuovo contagio. Questa non è sufficiente per prevenire un’infezione, ma sembra contribuire a ridurre la severità dei sintomi.
In alcuni anni, i virus influenzali in circolazione hanno più cose in comune con quelli della stagione precedente, e possono quindi trovare più difficoltà nel diffondersi per via delle difese immunitarie già sviluppate (per quanto queste si siano ridotte nel corso di circa un anno). Il vaccino conferisce un’immunità senza i rischi di un’infezione influenzale vera e propria, e può contribuire a ridurre i casi e la circolazione dei virus, negli anni in cui le previsioni hanno portato allo sviluppo dei vaccini più adatti.
Competizione
I virus influenzali devono competere ogni anno con molti altri virus a trasmissione respiratoria che causano malattie simili all’influenza. Di solito riescono a vincere la competizione all’inizio dell’inverno, diventando predominanti rispetto ad altri virus. La forte circolazione del coronavirus nella stagione fredda 2020-2021 potrebbe avere contribuito alla minore diffusione dei virus influenzali, e alla conseguente minore incidenza tra la popolazione.
Limitazioni e COVID-19
Questi elementi non sono comunque sufficienti per spiegare la sostanziale scomparsa dei virus influenzali nell’ultima stagione influenzale. Secondo diverse analisi, alla riduzione hanno contribuito le forti restrizioni in vigore lo scorso inverno contro il coronavirus. La chiusura di numerosi luoghi di aggregazione, la richiesta di indossare le mascherine e il distanziamento fisico hanno ridotto considerevolmente i rischi di contagio da influenza, la cui trasmissione avviene per via aerea con modalità analoghe a quelle della COVID-19.
Per buona parte della scorsa stagione influenzale non erano del resto ancora disponibili i vaccini contro il coronavirus, la cui somministrazione era stata avviata in maniera massiccia solamente verso la fine dell’inverno. Le limitazioni erano inevitabili per tenere sotto controllo i contagi e ridurre il rischio di avere gli ospedali vicini al collasso a causa dell’alto numero di ricoveri da COVID-19, come era avvenuto durante la prima ondata nel 2020.
Rispetto alla coda della scorsa stagione influenzale, ora la situazione è variata sensibilmente. I vaccini contro il coronavirus sono stati somministrati a miliardi di persone, con una grande riduzione dei casi gravi di COVID-19 che rendono necessario un ricovero o che causano il decesso di chi si ammala. Grazie alle vaccinazioni molti paesi, compresa l’Italia, hanno potuto rimuovere buona parte delle limitazioni che avevano comportato non pochi sacrifici, in termini economici, di opportunità e con conseguenze non indifferenti per la salute mentale di molti.
Rischi
In questo nuovo scenario, è immaginabile che con l’arrivo della stagione fredda non saranno adottate nuovamente le limitazioni introdotte lo scorso anno. Per questo alcuni ricercatori e analisti hanno segnalato il rischio che altri virus, come quelli influenzali, possano tornare a circolare con maggiore facilità tra la popolazione, con il rischio di avere una stagione influenzale con un alto numero di contagi e malati.
I rischi legati alla coesistenza del coronavirus e dei virus influenzali nella stagione fredda potrebbero essere più alti nei paesi dove non è previsto l’obbligo della mascherina al chiuso, come in varie parti degli Stati Uniti dove continua inoltre a esserci un’alta incidenza di nuovi casi positivi da coronavirus. In Italia l’obbligo di indossare le mascherine si applica ancora a buona parte degli ambienti al chiuso e dei mezzi di trasporto, mentre non vale per i ristoranti e alcuni luoghi (come piscine e palestre) dove è comunque richiesto il Green Pass. In queste circostanze la circolazione dei virus influenzali dovrebbe essere contenuta, ma comunque più significativa rispetto allo scorso anno.
Anche se epidemiologi e virologi utilizzano vari modelli, fare previsioni in anticipo di mesi sull’andamento dell’influenza e sulla diffusione dei tipi di virus influenzali non è semplice. L’analisi di quelli in circolazione nell’altro emisfero può fornire alcuni indizi su cosa aspettarsi, così come uno studio dei livelli di immunizzazione tra la popolazione in seguito alla precedente stagione influenzale.
Non essendosi praticamente ammalato nessuno di influenza nei mesi freddi del periodo 2020-2021, in questo momento ci sono pochissime persone con un’immunità (per quanto parziale, per i motivi che avevamo visto prima) che le possa proteggere per lo meno dai sintomi più gravi causati dai virus influenzali. Questo è probabilmente vero soprattutto per le fasce della popolazione più a rischio, a cominciare dagli anziani che hanno vissuto in maggiore isolamento nell’ultimo anno e mezzo rispetto ai più giovani che hanno continuato a lavorare e ad andare a scuola, seppure in maniera intermittente a seconda delle limitazioni in vigore nell’ultimo anno.
Gli esperti segnalano quindi che per questa stagione influenzale sarà ancora più importante del solito vaccinarsi contro l’influenza. In Italia, il ministero della Salute ha raccomandato alle regioni anche per la stagione influenzale 2021-2022 di fornire gratuitamente i vaccini nella fascia di età tra i 60 e i 64 anni, in aggiunta alla somministrazione gratuita già prevista per chi ha più di 65 anni. La vaccinazione è inoltre fortemente raccomandata dal ministero per «gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie che operano a contatto con i pazienti, e gli anziani istituzionalizzati in strutture residenziali o di lungo degenza» e per la «fascia di età 6 mesi – 6 anni, anche al fine di ridurre la circolazione del virus influenzale fra gli adulti e gli anziani».
Fonte: Il Post