Colpo alla mafia Corleonese e a chi, in particolare, aveva favorito la latitanza di Bernardo Provenzano. Sequestrati e confiscati beni per un valore superiore ai 4 milioni di euro .
In particolare il Ros ha eseguito una confisca di tre milioni e mezzo di euro nei confronti di Mario Salvatore Grizzaffi e Gaetano Riina, rispettivamente nipote e fratello del boss Totò Riina, nonché di Rosario Salvatore Lo Bue, soprannominato "Saro Chiummino", e del figlio Leoluca.
Un altro provvedimento di sequestro per 600 mila euro riguarda Giampiero Pitarresi.
L'operazione giunge al termine di un lungo percorso investigativo che aveva già consentito di assicurare allo Stato i patrimoni illeciti acquisiti nel tempo da Salvatore Riina e da Calogero Giuseppe Lo Bue, quest'ultimo già condannato in via definitiva per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano. Ai Lo Bue risultavano riconducibili una serie di beni, intestati fittiziamente a terzi, acquistati in assenza di redditi leciti compatibili. La confisca, riguardante abitazioni, conti correnti, libretti di risparmio, terreni e beni aziendali, colpisce soggetti i cui legami con la mafia sono stati accertati. In particolare Rosario Salvatore Lo Bue ha avuto un ruolo di vertice nel clan corleonese, in contatto con esponenti di spicco come Salvatore Riina e Leoluca Bagarella. Mario Salvatore Grizzaffi è stato definitivamente condannato per estorsione, nell'ambito dell'indagine che aveva fatto luce sulla rete di favoreggiatori del boss Bernardo Provenzano, arrestato nel 2006 nel covo di Montagna dei Cavalli; in precedenza era stato condannato anche per il favoreggiamento della latitanza di Giovanni Brusca.
I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, infine, hanno dato esecuzione ad un sequestro beni per un valore di circa seicentomila euro a carico di Giampiero Pitarresi. Arrestato nel dicembre del 2015 nell'ambito dell'operazione "Panta Rei", Pitarresi è attualmente detenuto perché condannato - in secondo grado - a 14 anni di reclusione con l'accusa di essere affiliato alla famiglia di Villabate. Nel 2009 aveva subito una condanna per associazione mafiosa per aver fatto parte del gruppo che aveva fornito assistenza al boss latitante Bernardo Provenzano durante il suo viaggio in Francia per essere sottoposto a un intervento chirurgico in una clinica di Marsiglia.