Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
16/02/2022 06:00:00

Trapani, Makari e la polemica sulla mafia 

 Ci risiamo. Grandi polemiche a Trapani per l'ultima puntata della serie tv "Makari", che è ambientata in provincia (e che riceve infatti anche fondi dal Distretto turistico) e che va in onda su Rai Uno, con buon successo di pubblico (un po' meno di critica...).

A fare indignare molti è l'accostamento di Trapani alla mafia, ancora una volta.

Mentre le immagini scorrono su Trapani, la frase incriminata è "quella è la città dove è nata Cosa nostra".  Da qui le lamentele dei trapanesi. 

"Chi si lamenta nega la storia - dice il giornalista Gianfranco Criscenti .  Trapani (con la sua provincia) è lo zoccolo duro della mafia, dove i boss hanno stretto legami inconfessabili con la massoneria deviata, i Servizi, certa politica e l'imprenditoria collusa".

E' invece indignato il medico Orazio Mistretta: "Ma non provate grande rabbia ed indignazione ? Pseudoattori, pseudoregisti e pseudoproduttori, di una pseudo TV pubblica a cui paghiamo il canone! Sono stati accolti nella nostra città come graditi ospiti e con tutti gli onori. Questo è quello che abbiamo ottenuto: una mistificazione dei luoghi e "fango" ancora una volta sulla meravigliosa città falcata".

Per Mistretta "essere indignati è riduttivo". E chiede al Sindaco di intervenire. 

Più articolato lo scrittore Giacomo Pilati. "E’ la solita storia. Appena qualcuno parla di Trapani, dei suoi legami presenti o passati con la mafia, scatta la rivolta - commenta -  Che sia una fiction poco importa. E’ la solita minestra. E’ già accaduto nel 1983 con Nicola Badalucco, lo sceneggiatore della Piovra, accusato di avere infangato la città. Proprio come succede ora, con uno sceneggiato giallo rosa, che non ha nessuna pretesa di avanzare denunce sociali. E uno pensa, beh qualcosa sarà cambiato in questi ultimi 40 anni. Fra la gente, dico. E invece è bastata una battuta della sceneggiatura puntata verso la falce per scatenare l’ira della solita compagnia di giro. Che tace quando questo succede altrove, con altri scenari, perché in quel caso è la fiction bellezza, e nessuno se ne importa. E’ più rassicurante continuare a ripetere che la mafia denigra la città, getta fango sui suoi abitanti. E io invece dico che i conti con la mafia questa città non li ha mai fatti veramente. Di questo bisogna indignarsi. La fiction, che in questo caso ha pure il pregio di promuovere le bellezze del territorio, uno spot straordinario, non c’entra. C’entrano i conti in sospeso con la memoria.Ed è questo vuoto che tocca il nervo scoperto. La città soffocata dall'oblio. Politici onesti, politici galantuomini, tanti.Ma anche politici corrotti e senza dignità. Ricordo quello che hanno fatto. Le loro alleanze per il potere che aveva un colore solo, quello del denaro. E noi che avevamo 15 anni, volevamo spaccare il mondo. E loro che pensavano di avere scritto già tutto anche per noi. Con l'inchiostro del peccato originale di quegli anni 70, il patto formidabile di mafia, cemento,politica e quieto vivere. Ricordo il nome di quel sindaco che non vedeva l'ora che lasciassi il giornale per il servizio militare, così la smettevo di rompergli le palle. Quell'altro che c'era solo per gli amici. E quell'altro che era solo un pupo nelle mani della troika locale. E quell'altro che era meglio non fare nulla per sopravvivere ai suoi sponsor impresentabili. E quell'altro che un giorno mi ha invitato a non scrivere più minchiate sul suo conto. E quell'ufficiale dei carabinieri che mi ha accusato di essere un eversivo solo perché facevo parte di un comitato antimafia. Gli anni 70. Gli anni 80. Il padre e la madre di un incestuoso futuro. In cui tutto è successo. Mentre al pubblico pagante veniva intimato di non disturbare il manovratore e non gettare alcun oggetto fuori dal finestrino. Io ricordo tutto perché c'ero. Perché a 17 anni ho cominciato a scrivere di questa città sui giornali. E quindi so. Conosco i nomi. Ma- come scrive Pasolini - non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Ma so, giuro che so. E giuro che non è una fiction".

 

Per la democratica Valentina Villabuona "qualcuno ha detto che questa è una promozione negativa del territorio, perché è meglio parlare dei nostri luoghi bellissimi, che ammettere che ancora oggi il nostro territorio è condizionato dalla mafia. Certamente Trapani è una città che ha tanta storia da raccontare e tra questa storia c'è quella della mafia che io non voglio dimenticare. Siamo la città di Mauro Rostagno, di una mamma e dei suoi gemellini uccisi a Pizzolungo, dei latitanti nelle campagne... e potrei continuare. Anche questa è storia e chi si indigna, magari promuoverà meglio il territorio, ma non fa nulla per cambiarlo.

"Non guardo Makari - ammette Villabuona -  la trovo noiosa, pur riconoscendo che è un ottimo spot per il nostro territorio, ma non mi indigno, perché forse non abbiamo inventato il nome Cosa Nostra, ma non credo sia un problema di diritti d'autore".