Chiesta la conferma in appello nei confronti del boss Vincenzo Galatolo, condannato a 30 anni di carcere per aver ordinato la Strage di Pizzolungo.
La richiesta e’ stata avanzata al termine della requisitoria dal procuratore generale di Caltanissetta, Lia Sava, e dal sostituto procuratore, Antonio Patti. La sentenza sara’ emessa a meta’ marzo. Nel corso del processo di primo grado (svolto con il rito abbreviato) i giudici hanno accertato che l’ordine per la Strage di Pizzolungo, eseguita il 2 aprile 1985, parti’ dalla mafia palermitana.
L’obiettivo era uccidere il magistrato Carlo Palermo, arrivato a Trapani dal profondo nord dopo aver svolto delicate indagini su armi, droga e politica, ma l’autobomba fece saltare in aria l’auto su cui viaggiavano Barbara Rizzo e i gemellini Beppe e Tore Asta. Si salvo’ invece il pm Palermo, che da allora non ha smesso di interrogarsi sull’esplosivo che avrebbe dovuto causargli la morte.
Il ruolo di Galatolo, inoltre, e’ da aggiungere alle condanne nei confronti di Toto’ Riina, Antonino Madonia e Vincenzo Virga, emesse nel corso di questi decenni e agli interrogativi sugli esecutori dell’attentato. Ad accusare il boss Galatolo – da tempo in carcere, anche per altri omicidi eccellenti – e’ stata anche la figlia Giovanna Galatolo, divenuta collaboratore di giustizia.
“Quel giudice e’ un cornuto”, ha riferito di aver sentito dire al padre in riferimento al magistrato Carlo Palermo, riconosciuto come parte civile nel processo assieme a Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella di Salvatore e Giuseppe Asta, gli agenti della scorta, i comuni di Trapani, Erice e Valderice, l’associazione Libera, l’Antiracket di Trapani e l’associazione La verita’ vive.