I conti delle aziende sequestrate erano per Maurizio Lipani come un bancomat. Soldi che servivano a coprire i suoi tanti debiti. Diceva che avrebbe restituito tutto, ma non succedeva mai. La moglie finisce nei guai con lui. Nei suoi conti sono andati a finire centinaia di migliaia di euro nel corso degli anni.
Un peculato continuo, quello dell’ex amministratore giudiziario a cui sono stati sequestrati, nuovamente, beni per 600 mila euro, come abbiamo raccontato ieri.
Colpito dalla stessa misura a cui erano sottoposti i mafiosi, la stessa misura che ha fatto arricchire per anni Maurizio Lipani.
A Lipani vengono sequestrati i beni perchè ritenuto “socialmente pericoloso”. Perchè, come scrivono gli investigatori, “dedito per un arco di tempo non irrilevante e con frequenza e intensità non comuni, a reati di peculato, con i cui proventi ha in parte vissuto”.
Nei guai con Maurizio Lipani è finita anche la moglie, Maria Teresa Leuci che lavorava nel suo stesso studio.
Lipani faceva fatturare alla moglie delle consulenze in conto alle aziende sequestrate che amministrava. Il tutto senza autorizzazione della sezione misure di prevenzione del Tribunale.
Uno schema che ricorda quello della giudice Silvana Saguto, che affidava incarichi di amministrazione giudiziaria a persone vicine che di conseguenza nominavano il marito come consulente, il tutto a spese delle aziende sequestrate.
Uno schema che portava a prosciugare i conti delle aziende sequestrate. Aziende che nella fase di amministrazione straordinaria devono essere preservate, se non sviluppate, in vista del ripristino della legalità al loro interno.
Dicevamo della moglie di Lipani, che spesso era ignara delle triangolazioni che effettuava il marito.
Come quando chiedeva conto al marito della destinazione di 100 mila euro proveniente da un mutuo ipotecario contratto dalla donna per l’acquisto di un immobile in via Giacchino Di Marzio a Palermo che però sarebbero stati trasferiti per coprire gli ammanchi nei conti di una società, la Amadeus Spa. Lipani aveva versato quei soldi, una parte almeno, ma poi li aveva ripresi per coprire altri debiti. Si era fatto sfuggire la situazione di mano l’ex amministratore giudiziario. “Dove sono andati?” le chiede la moglie. “Io non me lo ricordavo più sta cosa”, cade dal pero Lipani. La moglie si infuria: “Tutto questo col culo mio? Io non posso pensare a te. Dove stanno? Dove li hai messi?”. “Inizialmente ce l’ho messi. E poi a poco a poco me li sono ripresi”. La moglie non ce la fa più: “E per andare dove? Per metterli dove se hai sempre debiti? Mauri ma sei malato?”.
La moglie capisce che potrebbe passare dei guai anche per le fatture fatte alle società, come ha fatto notare il loro avvocato. Fatture staccate nei confronti di aziende sequestrate senza mai essere stata nominata coadiutore dell’amministrazione giudiziaria. Lipani prendeva le cose alla leggera, e diceva alla moglie che avrebbe dovuto sempre sostenere di essersi occupata della contabilità e degli adempimenti fiscali delle aziende sequestrate, facendo attenzione a rilasciare dichiarazioni diverse. Lei è preoccupata: “forse devo nominare un avvocato”.
Sono però tante le occasioni in cui Lipani faceva confluire sul conto della moglie soldi che provenivano dai conti delle aziende sequestrata e sotto la sua amministrazione. Come i 101 mila euro accreditati sui conti della moglie e provenienti dalla Edilizia 93. O i 35 mila euro, su un totale di 66 mila euro prelevati dalla Ra Gioielli. E ancora 82 mila euro provenienti dalla Immobiliare Mp. Lipani prelevò nel corso degli anni circa 333 mila euro dai rapporti intestati a Fiorello Pierina, da qui arrivavano i 118 mila euro accreditati sui conti della moglie. Tutte operazioni avvenute senza alcuna autorizzazione.
Nel corso degli interrogatori Lipani ha ammesso la maggior parte degli addebiti, dichiarando di aver ripetutamente proceduto in tal modo per affrontare le spese correnti del proprio studio professionale e le richieste delle banche, nella speranza, di “restituire” le somme una volta incamerate le liquidazioni.