Dal 25 febbraio passo la vita a difendere la mia terra e la mia casa, manca l’acqua, il gas e l’elettricità, ogni giorno per mangiare accendo un piccolo fuoco in cantina così riesco a cucinare quel poco che è ancora rimasto delle scorte.
In città tutto è stato distrutto e quel che era sopravvissuto è stato devastato dalla gente affamata. Negozi, uffici, supermercati, non c’è rimasto più nulla, hanno saccheggiato tutto forse perché speravano di barattare per cibo e acqua, qualsiasi cosa costa un tesoro. Sotto il fuoco dell’artiglieria con il pericolo costante di morire, tutti i giorni ci sono lunghe code per l’acqua potabile e per un pasto caldo.
Gli uffici della KyivStar in Shevchenko Boulevard sono stati distrutti, durante le ore della mattinata attivano un’antenna telefonica con un generatore elettrico così riesco a mandare qualche messaggio ma è molto pericoloso e mi spiace che non posso farlo tutti i giorni.
Non ho più notizie, tutti i tralicci delle tv sono stati abbattuti, per qualche tempo sono riuscito a tenermi informato grazie ad una vecchia radio a batterie ma adesso i russi disturbano il segnale e in onda c’è solo propaganda.
C'è devastazione e sangue ovunque, dove prima c’erano i palazzi adesso ci sono gli scheletri degli edifici scarnificati dai colpi di cannone, dove prima c’era vita ora ci sono i corpi ammassati in fosse comuni.
I bombardamenti cominciano verso le due di notte anticipati dai colpi di contraerea, durante il buio è una continua alternanza tra ansie passate e pericoli imminenti. Solo al mattino ho il coraggio di salire sul tetto di casa per intravedere la bandiera blu e gialla sventolare nel centro di Mariupol.
Più vado avanti e più il ricordo della tua partenza sbiadisce nella memoria, ho perso la cognizione del tempo credo sia passato un mese dalla tua partenza, un mese con i giorni tutti uguali: la mattina in trincea mentre col coprifuoco torno a casa.
Mi conosci, ho sempre cercato di vedere sempre il buono che c’è ma giorno dopo giorno mi sveglio con un senso di paura da far tremare le gambe e battere i denti. Io che ho sempre rifiutato di imbracciare un’arma, ho imparato a maneggiare la pistola: carrello, percussore, cane, caricatore e quando finiranno i proiettili userò le pietre e le mani, se saranno le ultime cose a disposizione.
Nessun conflitto è mai giusto, siamo fatti di carne e sangue nati per fare errori, che importanza può avere chi ha torto e chi ha ragione? Chi è il vinto e chi è il vincitore? Che vittoria speri di ottenere quando questa è causa di sofferenza e tormento. Quando avrai ucciso l'ultimo nemico, che uomo sarai diventato?
Nonostante questa catastrofe, questi tempi bui, l'unica cosa certa è che sono ancora vivo e alla fine credo che la vita vada sempre vissuta fino in fondo. Non cercare miracoli o grandi discorsi accompagnati da grandi applausi, non cercarmi altrove, io sono dentro ogni respiro che fai.
Giancarlo Casano
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