Goffredo Fofi, a 85 anni e con una lunga fila di “suoi” morti alle spalle, ha voluto ricordarne alcuni, non sempre noti e però€ esemplari di una vicenda in cui il privato e il pubblico si sono mescolati, confusi. Seguendo Menandro e l'antica convinzione che gli dei prendono con sé i giovani che possono allietare la loro noiosa e olimpica vita – se l’eternità è vita... - Fofi evoca i “morti giovani” di più generazioni ed epoche, dal tempo della guerra e della Liberazione, dalla sua provincia d'origine e da Roma, agli anni di prima e dopo il ’68 e fino a oggi, da Palermo a Firenze e da Torino a Parigi e da Milano a Napoli; evoca quelli che sono stati per lui i lutti più amari, le morti più ingiuste, le vite che più gli mancano; evoca giovani morti per mano fascista o ingenuamente ribelli uccisi dalle “forze dell'ordine”, e le morti più tristi e più ingiuste e misteriose, per propria mano, dei disillusi dall’esistenza. Ma tornano in queste pagine anche persone non giovanissime ma morte anzi tempo, quando ancora tanto avrebbero potuto dare agli altri – agli amici e al paese. Noti o sconosciuti non cambia, ma ben noti e amati da chi oggi li evoca e continua a sentire la loro mancanza. I migliori? Forse sì; per l’autore, e non solo, sono figure degne di ricordo, perché mosse dalle ansie più giuste. Nella convinzione che nessuna vita dovrebbe essere sciupata, che tutte dovrebbero avere un senso e un fine.
L’autore
Goffredo Fofi (Gubbio 1937) è diplomato maestro elementare e assistente sociale. Ha partecipato al lavoro di più riviste tra Torino, Milano, Napoli e Roma: Quaderni rossi, Quaderni piacentini, Ombre rosse, Linea d’ombra, Dove sta Zazà, La terra vista dalla luna, Lo straniero e Gli asini. Ha scritto e scrive di cinema e di letteratura per diverse testate. Il libro a cui tiene di più è L’immigrazione meridionale a Torino (Feltrinelli 1964, Aragno 2009). Per le nostre edizioni dirige la collana di pensiero radicale Piccola Biblioteca Morale