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12/06/2022 06:00:00

Lo scrittore Mugno a Trapani, “Ecco la mafia ai tempi di Bonfiglio”

 Era il 10 giugno 1922 quando Sebastiano Bonfiglio, il sindaco socialista di Monte San Giuliano, veniva ucciso dalla mafia agraria in un agguato. Politico, sindacalista, scriveva anche su un giornale (Il diritto alla vita) a favore dei contadini, contro lo sfruttamento dei padroni.

È stato ricordato l’8 e il 10 giugno scorsi, grazie al comitato presieduto da Giuseppe coppola.

Nella prima giornata, ne ha parlato lo scrittore Salvatore Mugno, presso la sala Fulvio Sodano di Palazzo D’Alì a Trapani, in un convegno intitolato “La mafia nell’agro ericino tra fine Ottocento e inizio Novecento”. All’incontro ha partecipato anche Mariagrazia Ales, che ha letto alcuni brani tratti dagli articoli di Bonfiglio.

Il 10 giugno ci sono state invece le commemorazioni e le deposizioni delle corone a Trapani, a Valderice e nella frazione di San Marco, dove è anche pervenuta una targa da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

 

Nel primo appuntamento a Trapani (che potete vedere in questo video), Mugno ha fornito, attraverso uno studio approfondito, dei preziosi elementi sia su questo grande personaggio, che sul contesto storico nel quale si è svolta la sua vita. Ha infatti descritto come era fatta Cosa Nostra nel periodo a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, evidenziando la percezione distorta che si aveva della mafia, non solo da parte dell’opinione pubblica, ma anche di personaggi politici di allora, come Nunzio Nasi.

 

Sebastiano Cammareri Scurti, dalle colonne de “Il Diritto alla vita”, giornale Marsalese dei socialisti in cui scriveva anche  Bonfiglio, parlando del processo Notarbartolo, nel 1899 “ci rappresenta una mafia romantica e cavalleresca” ha affermato Mugno, leggendo l’estratto di un suo articolo, dallo stesso giornale in cui scriveva anche Bonfiglio: “La mafia, per sé stessa, non è ladra né assassina. Essa ha origine da un sentimento di dignità personale, il quale non vede giustizia che nell’esercizio delle sole forze dell’individuo. Essa è la vanità di primeggiare. Essa – scrive ancora Cammareri Scurti - esercita, più che il furto, la vendetta, danneggiando le piante, i prodotti, gli animali di chi l’ha offesa. E uccide per vendetta delle offese alla omertà. Il mafioso è uomo. Cioè serio, di poche parole, rispettoso di chiunque non l’offenda. Mantenitore della parola, capace di farsi giustizia da sé. Ed è uomo di stomaco, incapace di rigettare (lanzare, con tutti i vomitivi possibili, le cose sapute). La indipendenza di carattere e la libertà di pensiero pigliano nel volto siciliano i caratteri della mafia…”.

 

Diverso, ovviamente l’approccio di Bonfiglio, negli articoli che Mugno rintraccia dalle sue approfondite ricerche. Ne riportiamo di seguito alcuni stralci.

 

“…Nel nostro territorio di Monte S. Giuliano impera una sola famiglia: i Fontana. Essi, arricchiti, sono divenuti i padroni dei terreni d’un intiero territorio. Essi hanno divise in famiglie le amministrazioni pubbliche. Municipio, Congrega di carità, Consiglio Provinciale, sono da loro occupati. Quindi l’intera popolazione è sotto il loro dominio. Sotto tale influenza si sentono tanti don Rodrighi. Sono prepotenti, arroganti con tutti […] La loro prepotenza arriva a tal segno da bastonare un contadino per un nulla […] Noi non abbiamo altre parole che queste: Signori di Monte S. Giuliano, la vostra condotta merita il nostro disprezzo. Ma verrà giorno e non lontano in cui i nostri contadini alzeranno la fronte. E quel giorno voi l’abbasserete.”

 

Intanto c’è la proposta di Salvatore Mugno e del comitato per le celebrazioni del centenario dell’omicidio di iscrivere Bonfiglio, ad honorem, nell’elenco dei pubblicisti. Proposta che il giornalista dell’Ansa Gianfranco Criscenti (presente al convegno) ha fatto propria, adoperandosi presso l’Ordine dei giornalisti, affinché si possa concretizzare.

 

Egidio Morici