di Marco Marino
Al principio di ogni viaggio, e quindi di qualsiasi movimento, c’è la necessità di incontrare lungo la strada un’apparizione. Qualcosa che ci induca a fermarci, a osservare più attentamente, a prestare più cura. Non importa che sia qualcosa di eccezionale o fuori dall’ordinario, ciò che conta è la luce di mistero che investe quell’oggetto, quello spazio, quella situazione.
Per questo i libri di viaggio, i quaderni che raccontano le geografie e le storie delle città, sono prima di tutto delle grandi antologie di apparizioni, anzi di pratici esercizi per allenare il nostro sguardo ad avvertire, con più forza, con maggiore percezione e coscienza, i luoghi che abitiamo. Transitoriamente o stabilmente.
Me ne accorgo in questi giorni leggendo le pagine di due libri divisi da secoli di distanza, ma congiunti nella comune idea di viaggio e di osservazione.
Il primo è Viaggio in Sicilia di Ibn Jubayr (Adelphi, 2022, a cura di Giovanna Calasso, 13€), che raccoglie le impressioni del leggendario letterato arabo-andaluso durante il suo viaggio di ritorno dal pellegrinaggio alla Mecca: ritorno che ha come ultimo ostacolo la Sicilia, la terra da cui partire per raggiungere di nuovo la penisola iberica. È il 1185, ci troviamo in un’isola ormai cristianizzata, ma nell’intimità dell’animo ancora venata di cultura musulmana; degli usi e dei costumi dei siciliani Ibn Jubayr non si sottrae mai alla possibilità di meravigliarsi, di scorgere l’insolito e il misterioso che avvolge la terra su cui cammina.
In particolare, una delle apparizioni – in questa maniera abbiamo deciso di chiamarle – che più mi ha colpito nella lettura è il suo sostare di fronte al mare di Trapani. Un mare che è, nello stesso tempo, via di fuga e prigione, incanto e catastrofe. Così ne scrive: «Essa [Trapani] però è in balìa del mare, che la cinge da tre lati, mentre solo una stratta lingua la congiunge alla terraferma. Il mare spalanca le sue fauci per inghiottirla, e gli abitanti prevedono che ciò di certo avverrà, per quanto il tempo di questo evento non sia ancora imminente. Solo l’Altissimo conosce il mistero!».
Trovo che la consapevolezza che il mare possa inghiottire la sottile striscia galleggiante su cui viviamo sia una consapevolezza sempre presente nei siciliani: oggi forse molto obliata, ma sempre presente. Stare di fronte al Mediterraneo continua a suscitare in ciascuno di noi questa duplice verità, che Ibn Jubayr aveva bene intuito: che un altrove è immaginabile ovvero possibile; ma soprattutto che l’abisso esiste. E solo «l’Altissimo» - nell’interpretazione e nell’accezione che gli si voglia dare – ne conosce il mistero.
L’altro libro a cui accennavo prima, invece, è Marsala Insolita di Antonella Ingrassia, autrice dei testi, e Maria Francesca Starrabba, illustratrice del volume (Pietro Vittorietti Edizioni, 2022, 25€).
La prospettiva di viaggio è opposta rispetto a quella di Ibn Jubayr: da una parte, infatti, seguivamo il viaggiatore straniero che si apre allo stupore delle città inesplorata; dall’altra, quella di Marsala Insolita, l’autrice dei testi, da indigena quale è, si rende viaggiatrice e straniera per rompere il gelo dell’abitudine, e scongiurare l’invisibilità a cui si prestano gli spazi troppo attraversati, troppo visti.
Ma è possibile restituire a un luogo che crediamo inesorabilmente visto e conosciuto i connotati di inedito e di insolito? Antonella Ingrassia ci riesce nell’unico modo possibile: ricordandoci che la geografia di qualsiasi sito non si costituisce mai della sua mera materia. Non è solo terra, sabbia, argilla, cemento. È soprattutto storia, memoria, rito, racconto. E di storie, memorie, riti, racconti, tutte parole che potrebbero tradursi o sintetizzarsi nel concetto di «apparizione», il libro di Ingrassia si fa testimone e ci concede l’occasione o di attraversare i luoghi che abbiamo sempre visitato – Chiesa Madre, lo Stagnone, le contrade e i bagli – come se fosse la prima volta; oppure di vederli, davvero per la prima volta, con uno sguardo capace di attraversare il tempo e raggiungerne il mistero.
Eccoci, allora, nella medesima situazione. Nell’estate del 2022 come in quella del 1185. Perché non si estingua mai il desiderio di respirarlo profondamente, il mistero delle città.