Mai come in questa campagna elettorale, la più triste e vuota della storia repubblicana, si avverte come una specie di dissociazione. Roba da schizofrenia pura.
C'è Meloni che viaggia a gonfie vele verso la vittoria, Salvini che ne inventa una al giorno, Berlusconi che inventa storielle, e, come i nonni anziani, la spara sempre più grossa (l'altra volta ha detto, da Vespa, che lui da giovane correva i cento metri in undici secondi ...), Renzi e Calenda che si specchiano tra loro, il Pd che partecipa alla competizione con l'entusiasmo di chi va ad un funerale. Sono in televisione, i "leader", ogni sera, ed ogni ora, oppure sui social, sempre, da Facebook, a TikTok. Parlano, fanno disegnini per spiegare meglio le loro (poche) idee, promettono: alberi, posti di lavoro, dentiere, porti chiusi.
Ci sono loro.
E poi c'è un altro Paese. Che ogni giorno deve vedersela con una crisi economica strana, a tratti surreale, con prezzi che aumentano senza ragione, se non per la giustificazione un tanto al chilo che "c'è la guerra". Un Paese di imprenditori costretti a chiudere, di famiglie che devono fare i conti anche per comprare i quaderni per la scuola dei figli.
E' lo stesso Paese dove da anni decine di osservatori, scienziati, volontari lanciano appelli sempre più disperati contro la cementificazione selvaggia, le piccole e grandi violenze del territorio che poi producono i disastri di questi giorni. Il mondo rotola allegramente verso la fine. L'Italia è il Paese più esposto. Eventi estremi come quelli delle Marche o di Pantelleria, un anno fa, saranno sempre più frequenti. E c'è un Paese che sa non serve lavorare sul sistema di allerta, a scappare siamo sempre in tempo. Bisogna lavorare sul nostro rapporto con l'ambiente. E su questo tema, purtroppo, non ci vinci la campagna elettorale. E infatti, non se ne parla.
Ecco, quest'altro Paese è il Paese reale. L'Italia che conosciamo. E non esiste.
Poi c'è il Paese irreale dei politici. Che è l'unico che esiste. Ma che non è reale. Non è un caso se in questi giorni gli analisti segnalano un crollo dell'audience dei talk show politici. Ma chi li deve seguire, se non parlano a nessuno di noi? A forza di inseguire slogan, ne sono rimasti prigionieri.
C'è un Paese dove è normale che in classe, a scuola, ci siano ragazzini dai cognomi stranieri, dalla provenienza più diversa. Hanno famiglie cinesi, tuinisine, bengalesi. E per tutti sono italiani. Tranne per lo Stato.
C'è un Paese, reale, di milioni - MILIONI! - di persone che vorrebbero dire la loro, alle elezioni, ma gli viene impedito, perchè vivono o lavorano fuori sede. Sono esiliati in patria. E poi c'è il Paese irreale, ma vero, dove invece viene consentito di votare ad italiani che stanno all'estero, e ai quali magari delle sorti del nostro Paese, essendo emigrati, non gliene frega nulla. Anche perché hanno già attuato il loro piano di fuga.
C'è un Paese, reale, che brucia. E non è una metafora. Ogni settimana in Sicilia un incendio doloso si porta via un pezzo di bosco. E c'è il Paese delle chiacchiere politiche dove il problema non esiste.
Ecco perchè parlo di schizofrenia, perchè è, letteralmente, pazzesco. Perchè siamo al paradosso: non è la politica che governa la nostra vita. Siamo noi che decidiamo di andare avanti, nonostante questa politica.
Giacomo Di Girolamo