Sulla Colombaia di Trapani da tempo è calato il silenzio e l'abbandono da parte delle istituzioni. Su quello che sta accandendo, o meglio, che non sta accadendo, su un monumento che rappresenta la città di Trapani, c'è l'intervento di Luigi Bruno, storico rappresentante dell'associazione "Salviamo La Colombaia". C'era il progetto, c'era il bando di gara ma che fine ha fatto tutto ciò (potete leggere qui). Qui di seguito il pensiero e le parole di Bruno:
Spesso capita di non sapere apprezzare o non sapere riconoscere il valore del silenzio, perchè esso è complesso e nel contempo ha una carica comunicativa assieme ad una potenza espressiva tutta sua, con qualità e sfumature che non sono certo meno variegate delle forme dei suoni.
Sono tanti i silenzi ai quali noi siamo abituati: quelli del dolore, della solitudine, della negazione della libertà di espressione, della rinunzia ascetica, del dialogo interiore della preghiera, della intensa attenzione che induce all’ascolto, della timidezza, della reticenza, del pudore, dell’omertà, della pietà, della pace, della tranquillità, della complicità, che ci conducono a quella vasta gamma dei silenzi che sono parte integrante dell’esperienza umana.
Il silenzio ci offre la possibilità di recuperare noi stessi, di leggerci dentro, di riflettere: ci apre la porta di un mondo interiore che non riusciamo mai ad ascoltare e vivere per intero a causa del rumore.
Ma come potere inserire in tale casistica il silenzio della Colombaia?
Prima di tutto dobbiamo volgere la nostra attenzione al silenzio “puro” a quello cioè che promana dal luogo; un silenzio fatto di abbandono e di trascuratezza interrotto soltanto dallo stridio dei gabbiani, dallo squittio dei topi e dallo sciabordio delle onde che si infrangono sui suoi scogli ed anche dal brusio della città, attraverso il quale si può rilevare la tristezza del suo stato.
In secondo luogo dobbiamo tenere presente il silenzio non come mancanza di rumori ma quello prodotto dall’abbandono e dal disinteresse.
La Colombaia, con il suo fascino di civiltà millenaria, è un luogo dove il tempo si è fermato, non è un luogo qualunque perché non è stata una vera dimora; è un’isola che, con la presenza del suo castello, si impone sulla nostra città come se fosse un luogo delle rimembranze, come se fosse un luogo che abbiamo sempre cercato.
Alcune volte abbiamo avuto l’impressione che sia stata sempre vicino a noi, altre volte che sia così distante da non poterla raggiungere, da non percepirne i valori, anche se la forza attrattiva che promana dalla sua interiorità sia la rivelazione della unicità della cosa e della sua storia che traspaiono dietro la durezza di tanti segreti e di antiche vicende.
La sentiamo immanente con la sua presenza imponente che sovrasta la nostra città, e nel momento in cui volgiamo lo sguardo è già altrove come se una folata di vento l’avesse rapita al nostro sguardo; sentiamo il suo respiro.
Questo luogo così discreto, così appariscente, così misterioso, così violento è il luogo del silenzio dimenticato, dell’intervallo perduto, dove risiedono le basi di una storia sofferta, dove il passato rimane vivo, in quel silenzio che, come le parole veicola messaggi specifici realizzati con l’ausilio della comunicazione non verbale, potrebbe cancellare il tempo, ma che vorremmo “ascoltare” e visitare ogni giorno.
E’ lì che, giorno dopo giorno, anno dopo anno, si è costruito il tessuto della nostra storia, una storia fatta di lotte e di dolori; è proprio quel silenzio così strano e così arcano che cerchiamo sempre di rompere per riempire la sua e la nostra vita, per dare una risposta a tutte le incognite che promanano dal suo passato.
Essa sviluppa un esercizio del potere della sua seduzione con il protendersi sul mare, come, per abbracciare il Mediterraneo intero; ha assunto un posto di rilievo fra i monumenti lasciati dalle varie culture che nell’antichità si sono succedute.
E’ dotata di fascino, è portatrice di un grande mistero, forse, di un incantesimo: la sua maestosità non comunica solo la sua bellezza, produce emozioni e pathos, in quel fascino oltre la natura sconfinata del mare e della terra circostante.
Ha avuto un ruolo fondamentale nel nostro territorio tanto da imprimersi nella mente dell’osservatore come elemento caratteristico di un luogo misterioso e straordinario tale da assurgere quale simbolo ed emblema di un intero popolo.
Guardare la Colombaia fa un certo effetto: è come osservare qualcosa fuori dal tempo, dalla quale ci lasciamo affascinare anche dal quell’ ovattato silenzio che sembra dominare il rumore della città e del mondo.
Ma è forse anche grazie a questo silenzio che il suo fascino attanaglia ancora di più la mente degli uomini che vivono attorno ad essa.
Il suo adattarsi alle umane vicende la mette nella condizione di far parlare di se.
Ma quanto vale questo silenzio!
Il silenzio della Colombaia è contenuto nel suo profondo, nel rumore del vento, nel frangersi delle onde, nelle battaglie che si sono svolte nei secoli passati.
Un silenzio che contiene anche il dolore di quanti hanno vissuto la loro vita difendendo la nostra terra contro i nemici e di coloro che successivamente sono stati in detenzione tra le sue mura e la preoccupazione di quanti vorrebbero sapere di più su quello che vi è accaduto.
Un silenzio che può essere interrotto dalla attenzione della gente, dalle luci che darebbero un giusto risalto anche nelle notti, dal risvegliarsi delle coscienze e delle attenzioni degli enti preposti alla salvaguardia di un patrimonio storico, artistico e culturale, dalla voglia di un suo riscatto.
Un silenzio che rappresenta, anche, una forma di rispetto all’interno di una situazione di densa preoccupazione.
Perché non approfittare di questo fascino per riconoscerle la gloria che si merita? Perché non interrompere tale silenzio con l’inizio dei tanto agognati lavori?
Luigi Bruno