Anche in Sicilia, come nel resto d’Italia, è allarme siccità. Nell’isola, un tempo considerata il granaio del Mediterraneo, l’assenza di pioggia e i fenomeni meteorologici estremi – alluvioni, nubifragi, grandinate – hanno messo in ginocchio il comparto dell’agricoltura. Ma non solo la Regione sembra impreparata ad affrontare un’emergenza ampiamente prevista. C’è di più: perché l’acqua degli invasi si butta direttamente a mare.
È quello che accade, ad esempio, in uno dei comprensori dove l’agricoltura è il settore trainante dell’economia, quello della Sicilia Sud Occidentale. Lì, il polmone idrico è rappresentato – sulla carta – dalla diga Trinità, a Castelvetrano. Costruita tra il 1954 e il 1959, la diga non solo ha un livello di acqua bassissimo, ma ha anche le paratie costantemente aperte. E l’acqua finisce direttamente a mare.
Come mai? «Vicissitudini burocratiche», fanno sapere dall’Autorità di Bacino. La diga, infatti, è ancora oggi in «esercizio sperimentale». Gli agricoltori non ci stanno e chiedono un intervento del Prefetto. D’altronde è un’emergenza che interessa un quarto delle aziende agricole della provincia di Trapani, la più vitata d’Italia. E ciò mette a rischio seriamente la vendemmia. Già l’anno scorso le aziende vitivinicole hanno registrato il quaranta per cento in meno di produzione. Insomma, lo scenario attuale era ampiamente annunciato.
Proprio l’anno scorso il ministero delle Infrastrutture comunicò alla Regione i limiti massimi di acqua per ogni diga siciliana. Per la Trinità è tre milioni di metri cubi, ben al di sotto della necessità degli agricoltori (che ne chiedono il doppio, sei). Con la beffa della paratie aperte, con l’acqua, già poca, che finisce automaticamente a mare. La diga infatti non solo non è stata mai ufficialmente collaudata, ma ha enormi problemi strutturali.
«Non è un capriccio, ma un obbligo di legge, in queste condizioni», spiegano dall’Autorità di Bacino. «Il destino della diga Trinità è lo stesso di quello della maggior parte delle dighe siciliane. Non hanno l’agibilità, e per motivi di sicurezza l’acqua bisogna buttarla a mare. Per intervenire servono fondi e progetti».
Già, i progetti. Qui si tocca il tasto dolente. Una rete idrica colabrodo, infrastrutture fatiscenti, inefficienze e ritardi nella gestione degli invasi rendono urgente la presentazione di progetti per il Pnrr, ma proprio sul tema la Sicilia ha scontato il primo grande smacco: trentuno progetti siciliani su trentuno sono stati bocciati nella prima tornata di finanziamenti e sono usciti sconfitti dalla competizione con quelli delle altre regioni, ottenendo un punteggio inferiore e non riuscendo a entrare in una posizione utile per ottenere i fondi.
E pensare che la Sicilia, è la regione in Italia con le più vaste perdite idriche, nell’ordine in media del cinquanta per cento. Riaperti i termini del bando, alcuni progetti sono stati finanziati, ma sono solo il tre per cento dei seicentosette milioni, a valere sul Pnrr. Nella seconda tornata dei finanziamenti, infatti, sono stati ammessi cinque progetti siciliani, alla fine, per un totale di 96,4 milioni. Ma solo uno è si o collocato in una posizione utile a ricevere i finanziamenti (è dell’Ambito Territoriale Idrico di Messina, ha un costo di 17,2 milioni di euro).
Secondo i dati forniti dall’Autorità di bacino della Regione, aggiornati a febbraio 2023, gli invasi dell’Isola contengono poco più di trecentosettantaquattro milioni di metri cubi d’acqua. Il trentanove per cento della capacità totale (954 milioni di metri cubi) e il trentacinque per cento in meno rispetto allo stesso mese del 2022.
La diga più importante della Sicilia si trova in provincia di Enna. È la diga di Pozzillo. È alimentata dal fiume Salso. Oggi contiene meno di sei milioni di metri cubi d’acqua, contro una capacità complessiva di 150,5 milioni. Per fare un paragone, un anno fa il volume raggiunto era di quasi sessantasette milioni. Le attività di manutenzione non si fanno dal 1990. La pulizia del fondo dei torrenti che finiscono nei laghi artificiali non si fa da trent’anni. Le condotte che portano l’acqua ai campi non si rifanno da quaranta. Ci sono, fermi alla Regione, progetti di efficientamento idrico che risalgono al 1969.
Cosa abbia fatto la Regione in questi anni non si sa. Certo è che, ironia della sorte, a guidare il ministero della Protezione Civile, che ha il dossier della siccità in Italia, è proprio Nello Musumeci, presidente fino a pochi mesi fa della Regione Siciliana.
Oggi Musumeci chiede «una task force per varare misure urgenti e straordinarie», tra le quali «creare laghetti aziendali, liberare le dighe e costruirne di nuove, riqualificare le reti idriche colabrodo dei Comuni, utilizzare le acque depurate per le coltivazioni». Interventi, conclude il ministro, «che andavano adottati da tempo, tra tanta indifferenza e in assenza di qualunque programmazione». Come è accaduto quando in Sicilia il presidente era lui.
DALLA REGIONE. Misure a lungo e a breve termine per fronteggiare la crisi idrica che, negli ultimi anni, alla luce dei cambiamenti climatici, si presenta sempre più minacciosa e rischia di creare grossi disagi sia nel settore potabile sia in quelli irriguo e industriale. Si tratta delle linee di intervento evidenziate nel "Report Siccità 2022" stilato dall'Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia, diretta da Leonardo Santoro, che pianifica l'uso delle risorse idriche, rivolgendosi a tutti i soggetti che, a vario titolo, le gestiscono nell'Isola.
Il provvedimento nasce dal fatto che la scarsità delle piogge cadute nell'ultimo trimestre 2022, proseguita anche nella parte iniziale di quest'anno, fa rilevare come le criticità di approvvigionamento, anche con piovosità medie, potrebbero non essere superate. Di conseguenza la disponibilità di acqua potrebbe risultare insufficiente a soddisfare i normali fabbisogni. Da qui la necessità di pianificare misure efficaci per attenuare eventuali disagi e per la cui attuazione l'Autorità di bacino effettuerà una serie di incontri con tutti i soggetti responsabili.
«Occorre da parte di tutti – afferma il segretario generale dell'Autorità di bacino, Leonardo Santoro – una seria presa di coscienza di come la sensibile diminuzione delle risorse disponibili, dovuta alle evidenti mutazioni del clima, imponga scelte decise per contrastare i fenomeni siccitosi, purtroppo sempre più invasivi. Soltanto interventi efficaci, seppure talvolta impopolari, frutto di una costante sinergia istituzionale, potranno attenuare disagi per la popolazione e per l'agricoltura, che altrimenti rischiano di diventare di maggiore portata e dagli effetti ben più gravi».
Fra le principali azioni a lungo termine, quelle per la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione, il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura, la razionalizzazione dei prelievi e la buone pratiche finalizzate alla riduzione dei consumi. Fra quelle a breve termine, invece, i razionamenti, la pianificazione dell'uso irriguo, l'utilizzo dei volumi "morti" degli invasi e il ricorso alle risorse sotterranee. Rimangono fondamentali le attività di vigilanza per prevenire prelievi non autorizzati e il monitoraggio, considerato fattore-chiave per attenuare gli effetti negativi della siccità.
GUARDIANI DEL TERRITORIO. Il tema della siccità è stato affrontato sabato scorso in una conferenza della neonata associazione dei "Guardiani del territorio", a Marsala, con l'intervento del Dott. Calogero Morreale della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche del MIT, il quale ha avuto modo di chiarire ai presenti l'esatta situazione attuale della Diga Trinità. L'associazione ha inviato al Prefetto di Trapani una lettera chiedendo il su intervento per "porre rimedio a una calamità che si è abbattuta sui nostri agricoltori non per cause naturali bensì per cause umane".
CATANIA. «Non è più pensabile che, per una mancata manutenzione delle dighe negli anni passati, si getti a mare l’acqua degli invasi, mettendo in seria difficoltà i nostri agricoltori. Ho sollecitato l’assessore all’agricoltura Luca Sammartino affinché, in sinergia con l’Assessore all’energia, scongiuri ulteriori sversamenti d’acqua delle dighe». Lo dice l’onorevole Nicolò Catania (FdI) che questa mattina ha partecipato ai lavori della Commissione attività produttive all’Ars. Alla riunione ha partecipato l’assessore regionale Sammartino. L’onorevole Catania, nello specifico, ha sollevato la problematica legata alla diga Trinità di Castelvetrano, da dove viene servita la rete idrica del Consorzio di bonifica “Trapani 1”. Attualmente il limite autorizzato per l’accumulo d’acqua è indicato a 62 metri sul livello del mare contro i 68 dell’invaso. In termini di metri cubi la diga può contenere sino a 2,5 milioni contro i 18 milioni di capacità massima. L’acqua che si accumula in più viene sversata a mare. Il fabbisogno necessario del comprensorio agricolo a valle della diga è attualmente di 6 milioni di metri cubi. «Per la diga Trinità sono stati inseriti in graduatoria per essere ammessi al finanziamento tre progetti per un totale di 31 milioni di euro – spiega l’onorevole Catania – interventi necessari che, una volta finanziati, consentiranno di attuare la manutenzione necessaria su questo impianto che serve un'ampia zona della provincia coltivata a uliveti e vigneti». Per gli invasi in provincia di Trapani sono già stati finanziati due progetti per la diga Rubino. Per il primo stralcio (6 milioni di euro) i lavori sono già in corso, per il secondo, invece, di 5 milioni di euro, i lavori sono stati già appaltati. I progetti sono seguiti come stazione appaltante dal Consorzio di bonifica, ora guidato dal Commissario Baldassare Giarraputo.