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01/05/2023 06:00:00

  Il caso Capo Feto. Un’altra oasi inquinata e maltrattata

In provincia di Trapani c’è come un’attitudine a distruggere e maltrattare i gioielli della natura. Zone di particolare pregio paesaggistico che costantemente vengono deturpati, e sulla cui gestione e regolamentazione ci sono sempre mille dibattiti, e nell’incertezza hanno la meglio gli incivili.


Di recente la Riserva delle Saline di Trapani e Paceco è stata oggetto di un devastante inquinamento, con rifiuti di ogni tipo gettati nei fiumi e a ridosso delle Saline. Una delle aree più importanti, e più protette, della provincia, deturpate da criminali. Tant'è che gli investigatori parlano di territorio "ucciso". 

 

 

Rischia di essere minacciata per la massificazione che sta subendo, invece, un’altra riserva, quella dello Stagnone di Marsala. Tra kite surf e sempre più locali, la zona è diventata molto frequentata, e l’eccessiva “antropizzazione” rischia di mettere in pericolo quel delicato ecosistema. Il dibattito è aperto, tra lo sviluppo turistico e la tutela dell’ambiente.

 

Ma c’è un’altra zona, che non è una riserva, ma è un sito di particolare interesse ambientale, e un’area protetta, che subisce continuamente abusi. E’ Capo Feto, nel territorio di Mazara del Vallo. E’ una delle poche zone umide del territorio rimaste, che svolge un’importante funzione ecologica per la regolazione del regime delle acque e come habitat ideale per la flora e per la fauna. Più esattamente, la zona delle “Paludi di Capo Feto e Margi Spanò”, caratterizzata da un complesso sistema dunale e lagunare, è stata individuata come sito di interesse comunitario e Zona di Protezione Speciale, nonché qualificata come Zona Speciale di Conservazione, rientrando così nella Rete Ecologica Natura 2000. Un’oasi che le associazioni ambientaliste vogliono venga riconosciuta come “riserva”, come la vicina Riserva Lago Preola e Gorghi tondi gestita dal WWF.

Ma Capo Feto spesso è tutt'altro che un’oasi. Negli ultimi giorni è stata scoperta l’ennesima discarica, l’ennesimo accumulo di rifiuti di ogni tipo. Giorno, e soprattutto notte, qualcuno si addentra nei sentieri che costeggiano le paludi, e scarica di tutto.

 

 

L’Oasi di Capo feto è grande e si estende fino al mare. Un mare azzurro, cristallino, difficile arrivarci. Eppure molto frequentato. Anche perchè lì vicino si pratica molto il kite surf. Anche a Capo Feto, come allo Stagnone di Marsala, da anni va avanti il dibattito sull’opportunità (e la regolarità) della pratica del kite. Secondo gli ambientalisti il kite, come l’eccessiva presenza dell’uomo (al di là delle discariche), nuoce un habitat unico. Per i titolari delle scuole di kite e chi pratica lo sport invece non c’è nulla di irregolare e che va a disturbare l’ambiente.

Resta il fatto che Capo Feto è una di quelle zone belle, protette dalla legge, ma in cui mancano controlli e una piena tutela. Come tante altre zone di importanza ambientale del territorio.

Da sempre, attento osservatore delle cose che succedono a Capo Feto, è Enzo Sciabica, dell'associazione Pro Capo Feto, del quale ospitiamo oggi un contributo su una delle specie che si possono trovare nell’Oasi, e che testimoniano l’importanza naturalistica del sito.

 

La volpoca è un grosso e bellissimo Anatide, d’origine sarmatica (vasta pianura a nord del Mar Nero), tanto attraente che dalle nostre parti è nota come “pavuni” (Marsala – Trapani) o “anatra di S. Petru”( Mazara del Vallo, appellativo dovuto al colorito paradisiaco dell’abito), “belladonna” è addirittura chiamata in Emilia Romagna. Le Saline di Trapani e di Paceco, con le vasche di S. Teodoro (Stagnone di Marsala) costituiscono l’habitat d'elezione della specie, ma non era facile potere rilevare le volpoche prima che le saline e le vasche fossero riconosciute “riserve naturali”. Ai primi spari, infatti, l’Anatide cercava rifugio in mare aperto. Qualche soggetto poteva essere osservato da vicino nei carnieri dei cacciatori o sulle riviste specializzate. Mi è rimasto impresso il ricordo di un maestoso esemplare maschio, impeccabilmente imbalsamato (al punto da sembrare vivo), esemplare esposto, fino all'inizio degli anni ’70, in una vetrina di armeria, nella Via Abele Damiani di Marsala. L’avevo visto e rivisto, ma tutte le volte che passavo di là mi fermavo a rimirare quell’uccello. In seguito all’istituzione delle riserve naturali è stato possibile osservare, finalmente, le volpoche alle saline e a S. Teodoro, da distanza ragionevole, cioè da vicino ma nel rispetto della distanza che per gli uccelli è di sicurezza. La palude di Capo Feto, con la vicina Laguna di Tonnarella di Mazara del Vallo e Il Pantano Leone di Campobello di Mazara sembrano, comunque, le zone umide in cui le volpoche possono essere osservate più agevolmente, quasi alla stregua dell’esemplare imbalsamato e tante volte visto in Via Abele Damiani. La palude di Capo Feto, in particolare, con il mare che la lambisce, con le dune e la spiaggia intervallata dalle lagune temporanee che si formano con lo spiaggiamento del fogliame di posidonia oceanica, esercita un’attrazione straordinaria per quest’uccello. E’ incredibile come la volpoca, Anatide sospettosissimo, riesca a resistere, a Capo Feto, al disturbo portato dagli atti di bracconaggio anche serali, dallo scorrazzamento di fuoristrada e motociclette da cross (il più delle volte prive di targa) tra la sabbia e gli acquitrini, dalla balneazione, dalla pratica del kite surf. Bagnanti e kiters per raggiungere il cordone dunoso e la spiaggia debbono, infatti, attraversare l’area naturale protetta e, alla fine, debbono parcheggiare sulla duna, sottraendo spazi vitali a specie animali e a specie vegetali. Eppure, una coppia di volpoca, nel 2018, sfidando le summenzionate avversità, ha nidificato a Capo Feto. Oltre agli storici canali, alcune parti della palude permangono, infatti, allagate anche d’estate. Da allora, probabilmente la stessa coppia, è tornata a frequentare lo stesso mare, la stessa spiaggia e lo stesso specchio d’acqua palustre per continuare a riprodursi. Oggi ai due uccelli si sono aggiunte altre tre coppie, un’altra nella palude, una alla Laguna di Tonnarella ed un’altra ancora al Pantano Leone che purtroppo si prosciugherà a breve. Nuove coppie che potrebbero rendersi anch’esse nidificanti qualora la Regione e gli Enti governativi locali si facessero davvero carico della protezione di Capo Feto, qualora i moderni ambientalisti locali non si limitassero, come sembra, a denunciare e a praticare (nei giorni festivi) la sola raccolta di plastica e carta.