E’ sempre più emergenza Sanità in Sicilia, nei pronto soccorso si attende anche fino a 14 ore, quando va bene.
La perdurante carenza di personale medico ha creato una sacca di incertezza e di grande apprensione sia per gli addetti ai lavori sia per chi, invece, è costretto a ricorrere alle cure sanitarie, in emergenza o in prevenzione.
Hanno manifestato a Catania medici e sindacati, un sit-in il 15 giugno scorso, i reparti sono sempre più vuoti, una crisi generalizzata che ora è definitivamente al collasso e che difficilmente potrà essere risolta in tempi brevi.
Mancano anestesisti e rianimatori, che significa un allungamento dei tempi per gli interventi chirurgici, un prezzo altissimo pagato dai pazienti.
Lunghe liste di attesa anche per eseguire screening, i soldi che Roma ha messo a disposizione della Sicilia, per tentare di accorciare le liste, sono ancora soldi non spesi, ed è evidente che c’è un corto circuito interno che produce altri disastri.
Non resta allora che ricorrere alle cure private, pagando si ottiene subito una visita, un esame diagnostico, del resto la salute non attende i tempi biblici di una Sanità in coma irreversibile.
Ad intervenire anche il Ministero della Salute che ha sollecitato la Regione per la mancata spesa di quei soldi, impietosa la pagina per l’Isola: nemmeno il 28% dei fondi è stato speso, al Nord invece sono già al 92%.
C’erano sul conto 40,2 milioni, che servivano per interventi chirurgici, screening, esami e visite.
La grave situazione è stata sollevata la Conferenza Nazionale GIMBE, tenutasi a marzo, alla quale sono intervenuti quasi 600 partecipanti provenienti da tutte le regioni e rappresentativi di tutte le professioni sanitarie. L’evento ha puntato i riflettori sull’inderogabile necessità di coraggiose scelte politiche per risolvere la grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che, lentamente ma inesorabilmente, sta erodendo il diritto costituzionale alla tutela della salute. Un diritto fondamentale che, nell’indifferenza di tutti i Governi, si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate, in particolare nel Sud del Paese: “Per la nostra democrazia- commenta Cartabellotta-non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i principi fondamentali del Ssn, siano stati traditi e ora troneggino parole chiave come: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita. Da oltre 10 anni assistiamo all’assenza di visione e strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti. Per questo – abbiamo elaborato il ‘Piano di rilancio del Servizio sanitario nazionale’ a seguito di una consultazione pubblica che ha coinvolto oltre 1.500 persone, che sarà utilizzato dalla Fondazione Gimbe come standard di riferimento per monitorare scelte e azioni di chi decide sul diritto alla tutela della salute”.
Il Piano di rilancio del Ssn include alcuni punti inderogabili: finanziamento pubblico; potenziamento delle capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto dei loro poteri, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale; garantire l’uniforme esigibilità dei Lea in tutto il territorio nazionale, dunque è necessario garantirne l’aggiornamento continuo per rendere rapidamente accessibili le innovazioni e potenziare gli strumenti per monitorare le Regioni; rilanciare le politiche sul capitale umano in Sanità per valorizzare e la colonna portante del Ssn; programmazione, organizzazione e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari; arginare l’espansione incontrollata del privato accreditato, sia normando l’integrazione pubblico-privato, sia riordinando la normativa sui fondi sanitari.
Non c’è più tempo, insomma, il Ssn versa in grave crisi venendo meno i principi di equità e universalismo.