“Il fatto non sussiste”. Con questa formula il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Vito Marcello Saladino, giudici a latere Chiara Vicini e Fabrizio Guercio) ha assolto i 41 imputati di un processo per presunta truffa aggravata all’Inps e falso ideologico. Per l’accusa, le persone alla sbarra avrebbero fatto carte false allo scopo di incassare “indennità di disoccupazione” non dovute a “falsi” operai.
Il pm Roberto Piscitello aveva invocato condanne da quattro mesi fino a quattro anni di carcere. Nel processo, infatti, un maresciallo dei carabinieri del nucleo in seno all’Ispettorato del lavoro di Trapani, spiegando i dettagli dell’indagine, dichiarò: “Su due cantieri che risultavano sulla carta non abbiamo trovato nessuno. Un cantiere doveva essere in via Itria, a Marsala, e l’altro alla cantina sociale di Rilievo, a Trapani.
Inoltre, risultava chiusa da tempo, in corso Gramsci, a Marsala, la sede dell’impresa. Ai numeri civici 128 e 130 c’erano due saracinesche chiuse e si vedeva chiaramente che non venivano aperte da diverso tempo. Poi, la sede è stata spostata a Partinico. Abbiamo controllato anche li, ma anche a Partinico abbiamo trovato chiuso. Dalle carte, inoltre, emerge che al massimo sono stati pagati due operai”. Per l’accusa, l’ammontare della truffa all’Inps avrebbe sfiorato i 270 mila euro. Imputati erano alcuni imprenditori e loro dipendenti, per l’accusa solo sulla carta, che in concorso avrebbero chiesto e ottenuto indennità di disoccupazione, per l’accusa non dovute, tra 600 e 12 mila euro ciascuno.
Gli imprenditori sotto processo erano il marsalese Giovanni Di Dia, il partinicese Salvatore Leggio e Giuseppe Romualdo Bonafede, marsalese, ma residente a Trappeto. Per Di Dia il pm aveva invocato 4 anni di carcere, per Leggio e Bonafede 3 anni e 10 mesi ciascuno. I tre rispondevano anche di associazione per delinquere. Per l’accusa, si sarebbero associati allo scopo di truffare l’Inps, stipulando con i “falsi operai” contratti per “false assunzioni”, per poi interrompere i rapporti con “falsi licenziamenti”. Per tutti gli altri, i presunti “falsi operai”, erano state chieste pene da 3 anni e mezzo a scalare fino a 4 mesi. Il pm aveva invocato l’assoluzione soltanto per Carlo Casano. La vicenda ruotava attorno all’impresa edile “Agema srl” di Marsala, di cui Di Dia è stato amministratore unico dal 30 gennaio 2014 al 30 luglio 2015, mentre Leggio ha ricoperto analoga carica dal 31 luglio 2015 in poi. Bonafede, invece, ne sarebbe stato responsabile pro-tempore. I fatti contestati sono relativi al periodo tra il 2014 e il 2016. I legali degli imputati, però, hanno sostenuto, con successo, che non c’erano prove a sostegno dell’accusa. “E’ impossibile che un palazzo di 5 piani sia stato costruito solo da 4 operai – commenta l’avvocato Vincenzo Sammartano – Tutti ci hanno lavorato”. Oltre all’avvocato Sammartano, tra gli altri legali della difesa anche Vito Cimiotta, Massimiliano Tranchida, Gabriele Pellegrino, Francesco Ganci, Chiara Bonafede, Alessandro Casano, Piero Marino, Fabio Pipitone, Giovanni Marino, Gaetano Di Bartolo, Salvatore Fratelli, Arianna Russo, Caterina Titone, Alessandro Marino.