“Le donne insegnano una cosa: partire sempre da sé”, è partito da lì il discorso della senatrice Valeria Valente(PD), sabato mattina, con il quale sono terminati i lavori del consiglio comunale aperto sulla violenza di genere, voluto dalla Commissione Pari Opportunità, presieduta da Giuliana Zerilli.
La Valente centra tutti i punti, anche quelli che l’hanno lasciata con qualche dubbio. E forse era necessario partire proprio dall’intervento della Valente per poi perimetrare l’aria di intervento dei successivi discorsi. “Serve una rivoluzione culturale - ha detto - non chiediamo di essere donne protette, chiediamo di essere delle donne libere, di avere pari diritti e pari opportunità. Vogliamo lavorare nel rispetto della nostra dignità” (qui la marcia a Marsala contro la violenza sulle donne).
La Valente sostiene che sia importante che le donne denuncino, che poi non ritirino la querela: “Le Procure possono fare tantissimo, chiediamoci perché una donna ritratta, il percorso non è semplice, è oneroso e complicato. E’ necessario passare prima da un Centro Antiviolenza. Si può fare molto per evitare la ritrattazione, bisogna avere la specializzazione adeguata per far
maturare e fare capire a quella donna che nel corso del procedimento dovrà essere attendibile e dovrà ripetere più volte le stesse cose”.
Nel lungo suo intervento la Valente parla di misure cautelari che spesso non vengono chieste, il braccialetto elettronico c’è e va chiesto solo quando c’è la valutazione sociale del soggetto, e sono gli operatori della giustizia. Ma ad essere specializzati devono esserlo anche gli avvocati, non solo quelli dei Centri Antiviolenza, senza dimenticare i pregiudizi di cui tutti siamo portatori sani, mettersi in discussione è fondamentale, ecco perché è difficile riconoscere la violenza.
La senatrice non risparmia nemmeno le assistenti sociali e gli psicolgi, che tendono sempre a mettere a posto le cose, a rimettere insieme una famiglia: “Abbiamo letto delle relazioni di assistenti sociali che gridano vendetta, lo nel massimo rispetto dell’idea di famiglia di ciascuno: dire che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre è semplicemente buon senso. Il fatto grave poi è di non vedere che la Convenzione di Instabul, che è già applicabile al nostro Paese, all’articolo 33 dice che un padre violento non è un buon padre, spesso accade che gli assistenti sociali negano la violenza perché è un buon padre”.
La Valente non pensa alla malafede ma a una serie di stereotipi, qualche uomo sarà recuperabile qualche altro no, bene i percorsi per uomini maltrattanti e qualcuno alla fine del percorso dovrà valutare il recupero fatto. C’è un grande lavoro ancora da mettere in campo, le donne vanno sostenute nella loro indipendenza e non con misure tampone, come il reddito di libertà.
Le donne hanno le competenze possono lavorare in diversi campi, non hanno bisogno di essere protette ma di essere lasciate libere di agire e di volare. E c’è proprio un bando della Regione Siciliana, assessorato Famiglia, già pubblicato, con scadenza 30 ottobre 2023, che prevede un finanziamento del reddito di libertà da destinare alle donne vittime di violenza e ai loro figli al fine di favorire l'affrancamento dalla situazione di violenza e favorirne l'indipendenza economica.