Nei corridoi oscuri dell'operatività clandestina, la provincia di Trapani emerge come un nodo cruciale nel traffico internazionale di armi e droga. Un'indagine approfondita svela l'intricato intreccio tra il Centro di addestramento speciale (CAS) Scorpione e i servizi segreti deviati, gettando nuova luce su eventi sanguinosi legati da un filo comune. Lo racconta Marco Birolini, autore di "Stato canaglia".
Nel 1987, nel cuore della VII divisione del SISMI, sorge il CAS Scorpione, ufficialmente connesso a Gladio insieme ad altri Centri creati in Italia tra il 1986 e il 1990. Tuttavia, dietro le apparenze ufficiali, si cela un'organizzazione parallela, operanti nell'ombra e protetti dalla struttura ufficiale. Gladio a Trapani diventa una copertura, consentendo attività oscure a operare indisturbate.
Il Centro di Trapani, fondamentale per interessi americani e italiani, diventa il crocevia nel Mediterraneo per il controllo delle risorse energetiche, i rapporti con Gheddafi e operazioni oscure. Un ruolo che lo pone al centro di relazioni tra mafia, terrorismo e geopolitica.
Nino Giuffrè, un collaboratore di giustizia, conferma l'interconnessione tra Cosa Nostra e terroristi. Quando gli interessi convergono, le alleanze vengono strette. La mafia tratta droga, armi e altri traffici illeciti, coinvolgendo ex agenti dei servizi segreti.
Il libro riporta anche un dialogo tra l'ispettore Antonino Cicero e una fonte confidenziale, Pietro Ingoglia, vicino alle cosche di Partanna, che svela un traffico di droga celato in casse di bombe provenienti da fuori. Affermazioni che sollevano domande sulle attività nella base militare di Birgi, ma anche su piste dismesse come Chinisia e Milo, che potrebbero aver ospitato voli clandestini per traffici illeciti.
Cicero, dopo aver informato alti funzionari a Roma, si scontra con il muro di omertà istituzionale. Le parole del testimone - che verrà ucciso nella guerra di mafia qualche mese dopo - sembrano scomparse in un labirinto di uffici e organi investigativi. Persino i giudici di Trapani si interrogano sull'assenza di un'indagine su una rivelazione di tale portata. L'episodio, infatti, viene riportato anche nella sentenza della Corte d'Assise sull'omicidio di Mauro Rostagno. I giudici del processo Rostagno sottolinearono che sarebbero servite «ben più rigorose verifiche e accertamenti», visto che Ingoglia sembrava aver parlato del presunto traffico «con cognizione di causa e come di una conoscenza acquisita con certezza nel suo ambiente, e tenuto conto che un traffico di droga con quelle modalità doveva avere una rilevanza nazionale o internazionale». Un traffico in cui Cosa nostra, secondo i giudici, non poteva che essere coinvolta per il suo carattere di «organizzazione molto influente, saldamente radicata nel territorio e dedita al traffico di stupefacenti», capace di «allacciare con apparati istituzionali dello Stato non già un occasionale scambio ma una stabile relazione di partnership». Un rapporto quasi alla pari, ipotizzano ancora i giudici, che avrebbe permesso alla mafia di ricevere «cospicui quantitativi di sostanza stupefacente – da smerciare in modo che non restasse traccia della sua provenienza – evidentemente quale compenso non già di prestazioni occasionali, bensì di servigi indicibili e resi nell’ambito di un occulto quanto stabile rapporto di reciproca collaborazione».
Oggi, a distanza di trent'anni, l'ispettore Cicero mantiene la sua testimonianza, sottolineando che la verità non cambia nel tempo. Un segreto che dura da trentacinque anni, incastonato nel clima avvelenato di quegli anni. Premette che «Ingoglia era una fonte riservata, fu un altro funzionario di polizia a rivelarne l’identità…». E poi sottolinea che non fu l’unica stranezza. «Da Roma chiesero lumi alla squadra mobile di Trapani, cioè a me che gli avevo portato la notizia…». Un cortocircuito istituzionale che stroncò sul nascere l’inchiesta. «Non eravamo certo noi a poter indagare su una storia simile, ma ben altri organi investigativi…». Persino i giudici di Trapani si stupirono dell’assenza di un’indagine su una notitia criminis così clamorosa. «In tutti questi anni nessuno mi ha mai chiesto nulla» chiosa amaramente Cicero, che ha scoperto di essere stato addirittura "cancellato". «Del mio viaggio a Roma sparì ogni traccia, persino la nota spese con i biglietti aerei. E ricordo che tornando a Fiumicino mi accorsi di essere seguito...»
Anche se l'ombra del passato persiste, questa inchiesta getta nuova luce sui loschi intrecci tra potere, criminalità e geopolitica che hanno fatto di Trapani un crocevia oscuro nel Mediterraneo.
- Fine prima parte -