Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
21/10/2023 09:10:00

Le Scuole del Sud restano senza mensa

Il piano mense scolastiche del Pnrr riserva il 57 per cento delle risorse al Sud. Ma non ha dato i risultati sperati. Procedure scelte e difficoltà finanziarie di molti comuni sono le probabili cause del parziale insuccesso. Cosa fare nel prossimo futuro.

Il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro in Italia è tra i più bassi nell’Unione europea. La differenza con il tasso di partecipazione maschile è particolarmente elevata nel Mezzogiorno e risente, quando si hanno figli piccoli, della difforme disponibilità territoriale di strumenti di conciliazione tra vita lavorativa e oneri di cura della famiglia.

La disponibilità di asili nido e di mense per l’offerta del tempo pieno scolastico può incidere positivamente sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro. La Banca d’Italia evidenzia come il tasso di attività delle madri di bambini con meno di tre anni tenda a crescere con la presenza di servizi di assistenza alla prima infanzia.

L’offerta di tempo pieno e una migliore dotazione di infrastrutture scolastiche possono sortire effetti positivi sull’acquisizione di nuove conoscenze e contribuiscono a spiegare parte del divario di competenze degli studenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord.

Nel Mezzogiorno meno del 25 per cento degli alunni della scuola primaria frequentava, nel 2021, scuole dotate di mensa, contro il 60 per cento nel Centro-Nord. Le situazioni più deficitarie riguardavano Sicilia e Campania, con percentuali inferiori al 15 per cento. Analoghi divari territoriali caratterizzavano la scuola dell’infanzia.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha messo a disposizione 400 milioni di euro per la realizzazione di nuove mense.

I criteri di ripartizione delle risorse si sono basati, in buona parte, sui gap infrastrutturali fra le diverse regioni, riservando al Mezzogiorno oltre il 57 per cento delle disponibilità.

Tuttavia, con assegnazioni per 231 milioni di euro, il valore dei progetti presentati dai comuni meridionali non ha superato i 175 milioni. Sicilia e Campania hanno presentato richieste per solo il 22 e il 56 per cento delle risorse a loro disposizione, mentre le altre regioni meridionali hanno beneficiato di risorse superiori alle rispettive assegnazioni iniziali, senza, tuttavia, riuscire ad assorbire l’intera quota Mezzogiorno. Il residuo delle risorse inutilizzate è stato così assegnato ai comuni del Centro-Nord, per raggiungere il target di costruzione di nuove mense previsto dal Pnrr.
Le riallocazioni delle risorse che si sono così determinate hanno contribuito alla debole correlazione riscontrabile a livello provinciale fra fabbisogni (dotazione di mense) e risorse ricevute per alunno.

I motivi della scarsa partecipazione

I motivi per cui le realtà locali più carenti di mense spesso non hanno sfruttato le risorse a loro riservate potrebbero essere due, in parte correlati. Il primo deriva dalla scelta di assegnare le risorse esclusivamente attraverso un bando pubblico a cui i comuni erano tenuti a partecipare. Come già evidenziato da Larysa Minzyuk e Alberto Zanardi, l’impostazione, comune a tutti gli interventi del Pnrr in materia di asili nido e infrastrutture scolastiche, tende a penalizzare proprio quei territori che da un lato si caratterizzano per un numero molto basso di mense, e dall’altro scontano la presenza di amministrazioni locali che decidono di non partecipare o di aderire solo in maniera limitata al bando, perché meno sensibili rispetto al tema – anche per la percezione di una minore domanda da parte dell’utenza potenziale – oppure perché meno attrezzate in termini di capacità progettuali e amministrative.
Nel caso delle mense, potrebbero avere influito le difficoltà finanziarie dei bilanci di molti comuni, che potrebbero aver scoraggiato la partecipazione delle amministrazioni al bando nel timore di non riuscire a coprire le ulteriori spese per la prestazione del servizio. Non a caso, nel 2022, in Sicilia era in dissesto o predissesto il 20 per cento dei comuni, in Campania oltre il 10 per cento. Inoltre, dei nove comuni con popolazione superiore a 50 mila abitanti in dissesto o predissesto tre erano siciliani (Catania, Messina e Palermo) e quattro campani, mentre il comune di Napoli ha sottoscritto nel marzo 2022 un patto con il governo per il ripiano del disavanzo.

 

Le indicazioni per il futuro

L’esperienza del Pnrr ci ricorda dunque che non sempre la sola assegnazione di maggiori risorse è sufficiente per la riduzione dei divari territoriali, ma ci dà anche importanti indicazioni su come impostare le programmazioni per la costruzione di nuove mense nell’ambito del ciclo 2021-2027 delle politiche europee e nazionali per la coesione.
La prima indicazione è che le risorse andrebbero concentrate su quei comuni che hanno poche mense e che non hanno partecipato al bando o che vi hanno partecipato in modo non sufficiente a coprire i loro effettivi fabbisogni. Al contempo, va fissata una percentuale critica di alunni con una mensa scolastica a disposizione che tutti i comuni dovrebbero raggiungere.
In secondo luogo, andrebbe introdotta anche per le mense la copertura a carico del bilancio dello stato dei costi per la prestazione del servizio, sul modello di quanto previsto dalla legge di bilancio 2022 per gli asili nido, destinando le risorse ai comuni con copertura del servizio inferiore alla percentuale critica fissata (che nel caso degli asili nido coincide con il Lep), così da assicurare, soprattutto nei comuni con redditi familiari più bassi, la sostenibilità finanziaria di un livello predefinito di servizio.
Proprio l’opportunità di poter usufruire di un più alto trasferimento statale per la fornitura del servizio potrebbe aver spinto i comuni del Mezzogiorno a partecipare al bando relativo agli asili nido più di quanto abbiano fatto per quello delle mense.
Nel caso degli asili, i comuni meridionali, sia pur attraverso un travagliato percorso illustrato da Minzyuk e Zanardi, sono riusciti ad assorbire la quasi totalità delle ingenti risorse messe a loro disposizione dal Pnrr, ingenerando una ben più robusta correlazione tra fabbisogni (numero di posti disponibili negli asili nido) e risorse ricevute per bambino in età 0-2 anni rispetto agli esiti del bando delle mense.
 

Occorrerebbe poi evitare l’emanazione di bandi la cui partecipazione sia rimessa esclusivamente all’iniziativa delle amministrazioni locali. Sarebbe auspicabile, invece, una maggiore azione proattiva delle amministrazioni centrali, le quali, una volta individuate le aree territoriali prioritarie, dovrebbero procedere ad assegnare loro direttamente le risorse necessarie, sensibilizzando le istituzioni politiche e sostenendo gli uffici comunali nella fase di progettazione e realizzazione degli interventi, anche attraverso l’attivazione di appositi programmi di assistenza tecnica.

 Ferdinando Ferrara - Lavoce.info