Tutto come previsto, al 31 di ottobre i manager della Sanità siciliana andranno in proroga, non è ancora definitivo ma l’andazzo di palazzo è questo. Niente sorteggio, come proposto da Totò Cuffaro e dalla sua DC, anche perché la legge non lo consente, come bene ha ricordato l’ex assessore alla Salute, Ruggero Razza.
Raffaele Lombardo, leader dell’MPA, rilancia ma in chiave ironica: scelgano i cittadini, tra i migliori. Poi chiarisce: “Finiamola, c’è qualcuno che gioca. C’è un bando e parla chiaro, esiste un unico elenco di idonei. Altrimenti finisce a casino”, infine la stoccata agli alleati: “In Sicilia ci sono tre poli, FdI, FI e questo patto federativo tra noi e la Lega, alla stessa stregua. Non abbiamo né il presidente della Regione, né dell’Assemblea, abbiamo qualche passo da recuperare”.
E mentre la Sicilia fa i conti con la scadenza del 31 ottobre per i commissari in carica, c’è un intero Paese, compresa la regione siciliana, che invece fa i conti con i medici che non ci sono più e quelli che ci sono scelgono di andare verso la sanità privata convenzionata.
Una migrazione di camici bianchi che aumenta di anno in anno, fino ad arrivare ai 5000 di quest’anno, scelgono il privato con meno turni massacranti, meno responsabilità civile e guadagni triplicati.
Da Nord a Sud la sanità si dissangua, non è possibile rimpiazzare questo capitale umano perché i bandi vanno deserti e perché ancora ci sono troppe poche borse di specializzazione.
Tutto questo dramma ricade sui cittadini, vengono meno i principi di equità e uguaglianza su cui si fonda il Sistema Sanitario Nazionale.
Dalle liste di attesa infinite al privato che prende tutto l’accesso alle prestazioni è quasi impossibile.
Si tratta di un disastro non solo sanitario ma anche sociale, di una perdita che il Paese non può permettersi, il diritto costituzionale alla salute è diventato un privilegio per pochi cittadini.
La Sanità pubblica è un pilastro di democrazia, che ha bisogno di visione e strategia in mancanza di questi elementi i medici, che si sentono soli a dover rispondere agli utenti, poi pazienti, scelgono il privato o addirittura l’estero.
L’Anaao, l’ente previdenziale e assistenziale dei medici indica i problemi per cui i nostri dottori decidono di lasciare gli ospedali pubblici: “Stipendi bassi, mancanza di sicurezza dovuta al rischio di contenzioso e pure alle violenze di qualche paziente o suo parente, mancanza di tempo o condizioni di lavoro disumane”.
La crisi dura già da qualche decennio, adesso si è arrivati ad un punto di non ritorno, i reparti faticano a vivere, gli organici sono ridotti al minino e chi resta in corsia deve purtroppo sobbarcarsi il lavoro di chi non c’è. Secondo l’Anaao mancano in Italia 15 mila medici, un fabbisogno che non potrà essere coperto subito, altro elemento da considerare è lo scarso interesse che hanno i giovani medici a scegliere specializzazioni pesanti come l’emergenza, l’anestesia e la chirurgia.
Tra i medici che lasciano, oltre al primario di ortopedia di Villa Sofia e altri due medici, che hanno scelto il privato convenzionato, pure il primario di ortopedia del San Giovanni di Dio di Agrigento, che resterà in corsia fino al primo di novembre.
Non c’è alternativa, la soluzione è quella di una efficace riforma delle Sanità legata all’abolizione del numero chiuso in Medicina e Chirurgia.