Per essere bravo, il candidato è bravo. Ha risposto esattamente a tutte le domande del quiz. Anzi, è più che bravo, bravissimo. Fin troppo. Ha risposto in maniera giusta pure a una domanda del quiz per il concorso che era sbagliata. E la risposta giusta era impossibile. Tranne la sua. La domanda era: «Quanti sono i deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana?». Le tre opzioni erano: sessanta, centoventi, novanta. Ma erano tutte e tre sbagliate, perché sono settanta, dopo l’ultima riforma approvata qualche anno fa. C’è qualcosa di sospetto in questo candidato. Il concorso è quello per entrare nel Corpo Forestale della Regione Siciliana. Sono quarantanove posti. Lui, il primo classificato, quello che ha risposto correttamente a tutte le domande, sessanta su sessanta, anche a quella sbagliata, è il figlio, guarda caso proprio dell’ex capo della Forestale in Sicilia, Giovanni Salerno. Si chiama Alessio e ha ventidue anni.
È questo il momento topico di uno dei concorsi più farsa che la Sicilia ha visto negli ultimi anni. Un concorso bandito dalla Regione, dove per neanche cinquanta posti a tempo indeterminato, in una terra assetata di lavoro, si sono presentati ben in ventimila, a sostenere le prove scritte e i quiz tra Catania e Siracusa. E pensare che il presidente della Regione, Renato Schifani, aveva presentato questo concorso con grande enfasi, sia per comunicare che, dopo anni di vacche magre, la Regione tornava ad assumere, sia perché, tra tutti i settori della vasta pianta organica della Regione, quello dei Forestali è uno dei più sofferenti: età media alta, poca formazione, personale troppo spesso in malattia, incapacità ad affrontare le emergenze, come ricordano i tanti incendi che colpiscono l’isola ogni estate. Quindi: assumiamo, rinnoviamo, largo alle giovani guardie forestali.
Ma come, dirà qualcuno, non si scrive sempre che i forestali in Sicilia sono tantissimi? Si, è vero anche quello, in questa Regione che assomiglia sempre più al gatto di Schrodinger, quello che è vivo e morto insieme, i forestali sono pochi e allo stesso tempo tanti. Non è un gioco di prestigio. In Sicilia ci sono sedicimila forestali, ma sono tutti precari, cioè stagionali, assunti, ad esempio, per la campagna antincendio (da giugno a settembre). I forestali a tempo pieno e indeterminato, invece, sono pochissimi: cinquecento. Con un’età avanzata. Da qui il bando della Regione per assumerne un’altra cinquantina. Certo, si potrebbero assumere i precari, anziché farli lavorare tre mesi, e tenerli a casa con una misera indennità di disoccupazione per il resto dell’anno. Ma i politici poi come se la fanno la campagna elettorale?
La selezione si tiene dal 24 al 27 ottobre. Ventimila ragazzi si alternano nei palazzetti di Catania e Siracusa per tre giorni. «Lo specchio di una Sicilia affamata di lavoro» dicono i giornali, mentre le tv riprendono ragazzi e ragazze (qualcuno anche più avanti negli anni) che, in fila, con un documento di riconoscimento in una mano e la bottiglietta d’acqua nell’altra, raccontano la loro storia: ci sono laureati nelle materie più disparate, fisioterapisti e ingegneri, giovani che lavorano fuori e vogliono un’opportunità per tornare in Sicilia e magari mettere su famiglia grazie all’agognato posto fisso, che significa poter accendere un mutuo per la casa, magari sposarsi e avere figli, e una pensione.
A inizio novembre una manina, la classica manina siciliana, diffonde nei vari gruppi Whatsapp dei partecipanti la classifica parziale, prima dell’orale. Tra ammessi e bocciati, spicca un dato. Il primo arrivato ha due anomalie: ha risposto giusto pure alla domanda che molti candidati avevano fatto notare come sbagliata. E ha un cognome pesante. Anzi, è proprio il figlio dell’ex comandante del Corpo Forestale, Giovanni Salerno, che era quello che aveva anche nominato la commissione esaminatrice poco prima di andare in pensione lo scorso Febbraio. E la commissione, a sua volta, conosceva in anticipo la batteria di domande elaborate dal Formez (trecento quesiti, divisi in cinque buste).
La vicenda diventa subito pubblica, perché arrivano le denunce da parte dei sindacati, che scoprono via via tante anomalie: nessun componente esterno tra i membri della commissione stessa, nessuna banca dati per prepararsi, e poi la forzatura fatta dalla Regione. Il concorso, infatti, era stato finanziato con cinque milioni di euro, ma qualche giorno prima della scadenza dei termini per candidarsi, la Corte Costituzionale aveva bocciato la legge che ne finanziava la procedura. La Regione, anziché fare un bando nuovo, ha preferito trovare altri fondi e finanziare la procedura in corso (tra le tante conseguenze, sarebbe cambiata anche la commissione.
E poi c’è la chicca: facendo copia e incolla da qualche altro bando, viene inserita anche la norma che, a parità di punteggio, dà precedenza a mutilati e invalidi (per guerra o per servizio) dimenticando che siamo di fronte a una selezione per gente in divisa, che deve fronteggiare incendi e calamità, e che è prevista, alla fine, anche una prova di idoneità fisica. Insomma stranezze piccole e grandi, delle quali non si è accorto nessuno. E pensare che, nell’indizione del concorso, un anno fa, a settembre 2022, l’allora assessore al Territorio e Ambiente, Salvatore Cordaro, scrivendo proprio al mega dirigente Salerno, lo aveva diffidato, nel caso in cui avesse parenti partecipanti al concorso, ad astenersi dal nominare la commissione.
I partecipanti annunciano ricorsi. Avvocati e patronati cominciano a raccogliere adesioni per class action. Scende in campo anche la commissione antimafia dell’Ars, che, in mancanza di mafia, ormai, è diventata una specie di sportello del cittadino per piccole e grandi ingiustizie. Di polemica in polemica, si arriva a oggi. La Regione ritira il bando, annulla il concorso, manda le carte alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti. Un’apposita commissione di ispettori nominata dal presidente Schifani ci ha messo, con calma, tre settimane, per arrivare a una conclusione: «Il dirigente generale del comando del Corpo forestale dell’epoca, avrebbe dovuto astenersi dal nominare il presidente della commissione di concorso, trovandosi in conflitto di interessi». Il condizionale è sempre elegante, ma in realtà non è un suggerimento: lo prevede proprio la legge, l’obbligo di astensione in casi come questo.
Ventimila giovani che si erano presentati per i test, che hanno affrontato spese, trasferte, giorni di studio, dovranno, se vogliono, rifare tutto. Pronti a fare di nuovo la fila, a farsi intervistare un’altra volta, e a scoprire magari qualche domanda sbagliata. Abbiamo scherzato, in pratica. Schifani cerca di ricaricarli: «Abbiamo ripristinato la legalità violata – dice – e in poco tempo torneremo a selezionare i migliori». Si, ma intanto, questa piccola farsa ha avuto un costo non indifferente, sottolineano i sindacati, ottocentomila euro. «La stagione dei concorsi non si ferma – aggiunge il presidente, incontrando i vincitori di un altro concorso infinito, quello per i Centri per l’impiego – perché la Regione in Sicilia ha bisogno di giovani e di professionalità».