E' stato uno degli investigatori di punta nelle indagini antimafia a Trapani. Per trenta anni ha seguito omicidi, rapimenti, estorsioni. Ha indagato in pratica su tutto. E' stato l'ultimo ufficiale a vedere vivo il boss Minore. I mafiosi lo volevano morto, ma lui ha sempre rifiutato la scorta. Gli avrebbe garantito, forse, rapidità di carriera e fama. Si gode invece la sua tranquilla pensione. E' Bartolomeo Santomauro, autentica memoria vivente dei fatti di mafia a Trapani ed in provincia dal 1977 al 2007. "Ho fatto 30 anni al nucleo investigativo dei Carabinieri di Trapani. Ho davvero vissuto un pezzo di storia della Sicilia, e della lotta alla mafia - racconta oggi a Tp24 - ed in particolare a Trapani, dove ho visto tutte le fasi dal declino della famiglia dei Minore, all'ascesa dei Virga".
Tra l'altro Santomauro è stato l'ultimo a vedere vivo Totò Minore, nel 1978. "Ho fatto l'ultima perquisizione a casa dei Minore con lui in vita. Dopo, lui sparì nel nulla. Divenne irreperibile". Totò Minore venne ucciso, nella guerra di mafia voluta dai Corleonesi di Riina per prendere il controllo di Cosa nostra. Presumibilmente a fine Ottobre del 1982. "Per anni gli investigatori continuarono a cercarlo - racconta Santomauro - ma io ero uno dei pochi che sosteneva che era morto. Avevo anche inviato un rapporto alla Procura di Trapani".
Profondo conoscitore delle dinamiche mafiose del Trapanese, Santomauro ha gestito decine di pentiti. Da Rosario Spatola a Giacoma Filippello, dal killer marsalese Patti a tanti altri. Ha svolto le indagini sulla loggia coperta Iside 2, quella che poi ha portato alla condanna per il "gran maestro" Grimaudo e per Natale Torregrossa.
Dopo il colonello Elio Dell'Anna, anche a Santomauro chiediamo di Andrea Bulgarella, e delle sue denunce su quegli anni terribili: "Certo che conoscevo Andrea Bulgarella, perchè era ed è uno dei più noti imprenditori del territorio". Ma Bulgarella era una specie di mosca bianca: "Da un lato, ho trattato circa quindici collaboratori di giustizia, e non c'era uno che abbia mai fatto il suo nome tra gli imprenditori a disposizione o vicini a Cosa nostra. E poi era l'unico che faceva denunce, tutte circostanziate e firmate, su tanti scandali nel territorio". Bulgarella, oggi, a trenta anni di distanza, lamenta proprio che le sue denunce erano inascoltate e che c'era una sorta di complotto ai suoi danni: "Io posso solo dire qual era la procedura. Quando Bulgarella presentava un esposto, come valeva per tutti, noi facevamo i primi accertamenti, e avevamo l'obbligo di informare la Procura di Trapani e di attendere istruzioni e direttive. Non ricordo mai che si sia dato seguito alle sue denunce, per le attività di mia competenza, anche perchè io gestivo decine di pentiti, seguivo tantissimi omicidi e altri fatti di sangue".
Ma davvero Andrea Bulgarella era stato messo nel mirino della Procura? "Ricordo bene - aggiunge Santomauro - il caso del sostituto procuratore Antonio Costa, che seguiva personalmente delle indagini su Bulgarella per alcuni scandali del tempo. Poi Costa, nel 1984, invece finì arrestato ...". "La verità - dice oggi Bartolomeo Santomauro - è che possiamo dire che Bulgarella era una persona sbagliata nel posto sbagliato. Perchè era fuori da logiche e contesti che per altri imprenditori trapanesi erano normali, aveva le sue idee, ed era difficile da manipolare".
Santomauro è un patrimonio di conoscenze uniche. Ha ricostruito la faida Ingoglia - Accardo, che fu alla base di una cruenta guerra di mafia nella Valle del Belice nei primi anni '90. E' stato anche uno dei primi investigatori ad entrare a casa dei Messina Denaro, in Via Mario, a Castelvetrano: "Ricordo bene quella palazzina - racconta oggi - e con il mio gruppo siamo stati i primi a trovare uno covo utilizzato da Francesco Messina Denaro. Era a piano terra. C'era una sorta di vetrina, con tanti ninnoli. E la pentita Giacomo Filippello ci disse che, spostandola, si accedeva ad una stanza segreta. Noi avevamo timore, perché bastava rompere un soprammobile per avere guai. E con molta cautela abbiamo proceduto. In effetti è andata proprio così: dietro c'era una stanzetta, poco più grande di un ripostiglio, con una brandina, se ricordo bene. In pratica, Don Ciccio Messina Denaro era latitante a casa sua. E quando venivano a cercarlo, lui si nascondeva lì".
Santomauro è stato un obiettivo della mafia. Non è stato ucciso per puro caso. "Sono al corrente - racconterà nel 1997 il capomafia di Paceco, Francesco Milazzo, appena pentito - che Vincenzo Virga. il capo di Cosa nostra a Trapani, latitante dal 1994, aveva dato l'ordine di uccidere Bartolomeo Santomauro. Virga addirittura si dispiacque per non aver sparato per tempo a Santomauro". Era tutto pronto. Santomauro amava andare in bicicletta ed era solito pedalare dalle parti di Paceco, in solitudine. La mafia lo sapeva. Perchè l'investigatore non fu ucciso? Per motivi di prudenza. C'era, in concomitanza, il processo Petrov, e "i capimafia ritennero che un omicidio eccellente non avrebbe fatto altro che inasprire ancora di più l'attenzione su di loro".