Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
20/04/2024 06:00:00

A Castelvetrano, supermercato da 1000 mq nella “piattaforma di Messina Denaro”

 Sarebbe dovuto sorgere a Castelvetrano, nella zona commerciale nei pressi dello svincolo autostradale A29. Si tratta di un supermercato di 1000 metri quadri, che rientrava in un progetto di acquisizione “Coop” di 12 punti vendita in tutta la Sicilia occidentale (poi sfumato). Un progetto portato avanti da due imprenditori, i fratelli Leonardo e Francesco Paolo Palmeri, titolari della “Grande distribuzione Sicilia Srl”. Alla quale però, secondo gli inquirenti, avrebbero partecipato in modo occulto anche Andrea e Salvatore Angelo, imprenditori di Salemi vicini a Matteo Messina Denaro. Ma anche personaggi come Vincenzo Lo Piccolo e Bartolomeo Anzalone, vicino al mafioso partannese Domenico Scimonelli. Quest’ultimo condannato all’ergastolo perché considerato il mandante dell’omicidio di Salvatore Lombardo, “punito” per avergli rubato un furgone con a bordo della merce di sua proprietà.

 

Sono tutte persone arrestate in un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, di cui abbiamo parlato qui e qui, che ha permesso di ricostruire un complesso intreccio di interessi illeciti tra esponenti della mafia di Salemi (mandamento di Mazara del Vallo), esponenti di spicco di Cosa Nostra palermitana e imprenditori compiacenti.

 

Nel maggio del 2020, Leonardo Palmeri, confidava ad un amico imprenditore di avere un “appuntamento fissato a Castelvetrano” per l’acquisto di un terreno. Per sapere come muoversi nel territorio, si sarebbe dovuto incontrare con uno chiamato “il ministro degli esteri”.

E cioè Bartolomeo Anzalone, l’unico in grado di garantire il buon esito delle trattive per acquistare questo terreno. Trattative che Palmeri avrebbe affidato a Giovanni Beltrallo, già indagato per mafia e anch’egli arrestato in questo blitz: “… Ti informi quant’è questo terreno e com’è combinato? Già c’è un progetto di un supermercato da mille metri quadri, è all’uscita proprio di Castelvetrano, è sulla Statale, quindi è buono come posto e poi lo vediamo insieme…

 

Ed è a Beltrallo che Palmeri avrebbe voluto affidare anche la costruzione del supermercato. Il motivo? Non avrebbe avuto bisogno di “autorizzazioni particolari”.

No, i permessi di costruire e le concessioni amministrative non c’entravano nulla, come si evince da questa intercettazione, in cui Palmeri parla con un altro imprenditore: “Se io domani decido di fare… a Giovanni (Beltrallo, ndr), gli dico a Giovanni, dai prendiamo questo terreno. Benissimo. Fatto il terreno, senti… chiama a Peppino, Iachino e Ciccino, costruiamo. Lui chiama a Peppino, Iachino e a Ciccino e costruisce! Hai capito? Cioè, non ha bisogno di autorizzazioni particolari, si mette a lavorare e si mette poi là come capo mastro, diciamo come capo coordinatore, si mette là e lavora. E stai tranquillo che se deve guadagnare 1 euro, si guadagna 80 centesimi, non 1 euro, questa è la proporzione. Quindi alla fine è un ‘controllo totale’ dove esce fuori un qualcosa di positivo… Quindi io non ho problemi, è veramente mio fratello, io gli voglio bene alla grande…”.

 

E’ quel “controllo totale”, spiegano gli investigatori, riservato ai mafiosi più autorevoli.

 

Ma l’interesse era anche per il deposito ex Despar.

Continua Palmeri: “… A Castelvetrano… ti ricordi la famosa piattaforma Despar appartenente a quel personaggio che purtroppo poi gli hanno tolto anche le pseudo-mutande? Questo in questo momento è libero, in questo momento il Tribunale lo ‘affitta’, significa che se noi in questo momento andiamo in quel deposito è come se diamo continuità”.

 

Secondo gli inquirenti, per effettuare l’investimento, bisognava avere l’assenso delle famiglie mafiose, in modo da evitare di recarsi in “casa d’altri” senza essere stati invitati.

Sempre Palmeri: “Hai capito perché gli ho detto Despar, gli ho detto la piattaforma di Messina Denaro per dire… così si può dire… perché quello significa che noi non è per dire che andiamo là a rompere i coglioni a qualcuno… andiamo là perché qualcuno dice: ci puoi venire qua a casa mia… In molti posti non si aprono supermercati… ti ho detto che a Sciacca non aprirà nessuno! Hai presente nessuno? Fino a quando non arriva uno e dice: qua posso aprire io? Sì, posso aprire. E ci vai…

 

Certo, si tratta di indagini svolte mentre Matteo Messina Denaro era ancora latitante. Ma ciò che viene fuori, sembra riguardare un sistema di regole lontanissimo dalla libera impresa.

Un’impostazione che, tra l’altro riguarderebbe diverse province (anche quelle dove Messina Denaro non ha mai avuto potere) e che racconta di padroni di casa a cui gli imprenditori devono rivolgersi. Con i quali, anzi, condividere i propri affari e le proprie scelte.

 

Egidio Morici