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14/05/2024 06:00:00

Il caso Iuventa/2. La clamorosa operazione contro i "taxi del mare"

Seconda puntata della nostra inchiesta sul caso "Iuventa". Qui potete leggere la prima parte. I giovani di Berlino della Jugend Rettet da pochi mesi hanno iniziato la loro missione. Con la nave Iuventa, comprata grazie alle donazioni, hanno salvato già circa 2 mila persone. La loro avventura termina poco più di un anno dopo la prima spedizione nel Mediterraneo per salvare vite umane. Termina il due agosto 2017, quando viene sequestrata, poi portata al porto di Trapani e lasciata lì, fino ad oggi. Riprendiamo il nostro approfondimento dal contesto di quegli anni, dalla destra al governo, dalla guerra alle Ong, e da come nasce il sequestro della Iuventa. 

Il contesto

Tra il 2016 e il 2017 però la situazione in Italia e in Europa per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori è caotica. Quasi 200.000 persone erano arrivate in Italia via mare nel 2016 dopo essere fuggite dalla Libia a bordo di gommoni o barche da pesca in legno riconvertite. Nella maggior parte dei casi, erano state salvate dalle navi della guardia costiera europea o da organizzazioni umanitarie ben prima di raggiungere le acque italiane, in quelle acque internazionali su cui i libici hanno atteggiamenti diversi in base alle circostanze: se ci sono migranti da salvare fanno finta di nulla, se ci sono pescatori italiani gli sparano addosso.

I governi sono in difficoltà, le forze di destra urlano all’invasione, Matteo Salvini e la Lega sono in crescita nei sondaggi e punta a diventare il primo partito della destra spingendo sui temi anti immigrazione e populisti . Si inizia a parlare sempre di più di “taxi del mare”. Non è Salvini, stranamente, a coniare il termine. Ma il suo futuro collega di Esecutivo, Luigi di Maio, l’allora capo politico dei 5 Stelle.

Diverse organizzazioni non governative impegnate nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo centrale vengono accusate di favorire i trafficanti di esseri umani. L'origine di queste accuse risale a un rapporto di Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere, che ipotizzava possibili contatti tra alcune ONG e gli scafisti. Le accuse, pur non provate, sono state riprese quindi da esponenti politici di centrodestra e da alcuni media, alimentando un clima di sospetto e ostilità verso le ONG.

Le ONG respingono con fermezza le accuse, definendole infondate e offensive. Sostengono che la loro attività è finalizzata esclusivamente al salvataggio di vite umane e che operano nel rispetto della legge.

Si parla anche di “pull factor”, si ipotizza, cioè, che la presenza di navi e imbarcazioni ong nel Mediterraneo, per salvare vite in mare, spinge ancora di più i trafficanti a far partire le carrette del mare. All'inizio del 2017, l'UE aveva deciso di ritirare le pattuglie di salvataggio della guardia costiera ad almeno mezza giornata di navigazione dalla zona di ricerca e salvataggio. Questo aveva portato a un aumento dei traffici di esseri umani e a un maggior numero di persone in fuga dalla Libia su imbarcazioni inadeguate.
La Iuventa, piccola ma determinata, operava più vicino al confine libico di altre ONG, attirando sia ammirazione che sospetti.

Il sequestro
Nel bel mezzo del Mediterraneo, durante il weekend di Pasqua del 2017, l'equipaggio della nave di soccorso Iuventa si trova ad affrontare una situazione drammatica: la loro imbarcazione è circondata da gommoni in difficoltà e non c'è spazio a bordo per tutti. In una mossa disperata, l'equipaggio gonfia le zattere di salvataggio, le lega tra loro e le fissa alla nave, creando un'area di salvataggio precaria ma necessaria. Una soluzione temporanea che funziona solo con il mare calmo, ma il tempo sta per cambiare. La nave però è costretta a dare il mayday. E’ uno dei punti di svolta in questa faccenda. L’altro riguarda il codice di condotta.

 


Nell’estate 2017 il governo italiano a cercato di far sottoscrivere alle ong un codice di condotta articolato in tredici punti, per regolamentare il soccorso dei migranti nelle acque internazionali a nord della Libia.
Il 1° agosto 2017, dopo tre giorni di trattative con il governo italiano, Jugend Rettet, insieme ad altre Ong, annuncia di non firmare il codice di condotta. L'organizzazione tedesca definisce il documento "in contrasto con i principi umanitari" che guidano il loro lavoro e sostiene che obbedire alle nuove regole significherebbe violare il diritto marittimo internazionale. "Non vogliamo interrompere il dialogo", dichiara Jugend Rettet, "ma solo insieme si possono trovare soluzioni".

Il giorno successivo, il 2 agosto, la polizia italiana sequestra la Iuventa a Lampedusa su ordine di un procuratore di Trapani. La Iuventa è accusata di favorire l'immigrazione clandestina, diventando la prima nave umanitaria sequestrata nel Mediterraneo centrale.

 


Si scopre, contestualmente, che c’è un’indagine della procura di Trapani partita a settembre dell’anno prima, in cui ci sono poliziotti ed ex poliziotti infiltrati, informazioni passate ai politici, intercettazioni a tappeto. Vennero coinvolte 21 persone che tra il 2016 e il 2017 avevano lavorato a bordo della Iuventa, della Vos Hestia e anche della Vos Prudence, un’altra nave gestita dall’ong Medici Senza Frontiere. Sono persone che guidavano le navi o avevano organizzato le missioni, oppure che semplicemente si trovavano a bordo nei giorni di alcuni episodi giudicati particolarmente sospetti dalla procura. Furono indagate anche Medici Senza Frontiere, Save the Children e Vroon Offshore Services, la società armatrice che noleggiò alle ong le navi Vos Hestia e Vos Prudence.

 

 


Nei giorni successivi trapelano diverse conversazioni intercettate nei mesi precedenti. E soprattutto alcune immagini che sarebbero la prova che i membri della ong trainavano le imbarcazioni piene di migranti e poi, gli stessi natanti, sarebbero stati riportati in acque libiche (poi verrà dimostrato il contrario).
Il sequestro della Iuventa e le conversazioni trapelate accendono un clima di tensione e alimentano le critiche verso le ONG che operano nel Mediterraneo. Il caso solleva interrogativi sul ruolo di queste organizzazioni, sui confini tra salvataggio in mare e rispetto delle leggi e sul futuro stesso delle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale.


L’indagine
Un paio di anni fa il sito di inchiesta The Intercept ha ricostruito, con dettagli inediti, l’origine della clamorosa inchiesta sulle ong, definendo il caso come “il più grande del suo genere nella storia europea". “Il fascicolo completo del tribunale abbraccia oltre quattro anni di indagini e include trascrizioni di intercettazioni telefoniche, registrazioni clandestine e interrogatori di polizia; materiale sottratto ai dispositivi elettronici sequestrati; e rapporti scritti da un agente sotto copertura.

I documenti mostrano come i procuratori antimafia italiani abbiano fatto di tutto per portare alla luce il fango sulle organizzazioni di soccorso umanitario e i loro equipaggi. Le autorità hanno ascoltato le conversazioni protette dalla legge di giornalisti e avvocati e hanno incaricato una società di hackerare da remoto almeno due telefoni cellulari utilizzando un potente software di sorveglianza. I documenti del tribunale mostrano anche come i funzionari del Ministero dell’Interno italiano abbiano utilizzato queste indagini come strumento per esercitare influenza sulle organizzazioni umanitarie”.

Chi e perchè fa partire questa indagine, fatta di episodi molto controversi, lo vedremo domani.