Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
16/11/2024 06:00:00

 I soldi sporchi della mafia allo Stagnone di Marsala

 Non solo paradiso dei kiter. Ma anche dei mafiosi e degli affaristi che vogliono riciclare denaro. Le mani della mafia sono arrivate anche allo Stagnone di Marsala.  

Così, dietro la facciata del complesso residenziale Heron Bay, un residence affacciato sulla riserva naturale, si sarebbe nascosta una rete criminale complessa, che collega l’Italia al Brasile e ai conti offshore in Asia. La Procura Europea e la Guardia di Finanza hanno messo in luce come Cosa Nostra abbia utilizzato questo progetto per ripulire ingenti somme di denaro sporco, reinvestendolo in attività immobiliari e turistiche.

E' quanto è emerso dall'inchiesta Moby Dick, con la quale è stato scoperto un gran giro di evasione fiscale, truffe, riciclaggio. Si tratta della più grande operazione antiriciclaggio mai messa in campo, partita da Milano e con ramificazioni in Sicilia. Beni e liquidità per 520 milioni di euro sono stati sequestrati. Un "carosello" dell'evasione fiscale con operazioni fittizie, attraverso fatture false, del valore di 1,3 miliardi di euro. 47 persone raggiunte da provvedimenti cautelari. 

L'affare Heron Bay
Si trova nel paradiso del kite il residence Herons Bay. Già ad agosto avevamo parlato di un'indagine della Dia di Palermo e degli interessi della mafia sullo Stagone.

L’affare Herons Bay ruota intorno alla PIRAMIDE COSTRUZIONI E IMMOBILIARE S.r.l., che gestisce il complesso residenziale a Marsala, e ai suoi titolari occulti: Filippo Gagliano e Giuseppe Sanzone. Ma il vero regista sarebbe stato Giuseppe Calvaruso, boss del mandamento mafioso di Pagliarelli, insieme a Giuseppe Bruno, imprenditore in Brasile. Con questa operazione, l’obiettivo della mafia era chiaro: acquisire il controllo occulto del prestigioso immobile tramite una rete di società fittizie e operazioni finanziarie, garantendosi un canale per far fluire denaro illecito in investimenti apparentemente legittimi.

Le menti dietro il sistema: Calvaruso, Bruno e la rete di complici
Calvaruso è il cuore pulsante di questo sofisticato sistema, che include un gruppo di collaboratori di fiducia. Giuseppe Bruno, imprenditore siciliano trasferitosi in Brasile, gestiva sul campo le attività, mentre Pietro Ladogana, imprenditore romano con precedenti, facilitava gli affari all’estero grazie alla sua esperienza nel settore. Leandro Catalano, amministratore di una società svizzera, si occupava di gestire e trasferire i fondi. Persino la madre di Ladogana, Rosa Anna Maria Simoncini, giocava un ruolo cruciale, trasportando denaro contante nei suoi viaggi verso il Brasile.

Il modus operandi: conti esteri e società fantasma
Il sistema di riciclaggio era ingegnoso: il denaro illecito veniva trasferito su conti esteri a Hong Kong e Singapore intestati a società fantasma, poi incanalato verso il Brasile per essere investito in progetti immobiliari. I prestanome e le società fittizie erano utilizzati per nascondere la reale proprietà del complesso Heron Bay e degli investimenti all’estero, evitando così che la vera origine dei capitali venisse scoperta. Le indagini hanno svelato anche l’uso di metodi corruttivi e intimidatori per ottenere agevolazioni dalle autorità locali.

Le intercettazioni che svelano la rete mafiosa
Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno fornito una visione dettagliata delle operazioni. Calvaruso dava istruzioni precise su come distribuire i fondi e gestire le operazioni, evidenziando il suo ruolo di regista in ogni fase dell’affare. In un’intercettazione, si preoccupava addirittura di garantire che i lavori di ristrutturazione al complesso di Marsala non venissero interrotti. Le conversazioni dimostrano l’influenza di Calvaruso, capace di coordinare un sistema transnazionale di riciclaggio e investimenti. In un'intercettazione  Carlo Savioli, socio di Calvaruso, conferma a Giuseppe LO MANTO il coinvolgimento di quest'ultimo nella gestione del "Heron's Bay":
"Molto. Adesso dedicato a Marsala ma segue tutto".1

L'operazione Heron Bay e l’ambizione di conquistare il Brasile
Heron Bay non è solo un investimento immobiliare. È parte di un piano di espansione più ampio che coinvolge Cosa Nostra in Brasile, dove l’organizzazione mira a sfruttare le opportunità offerte da un mercato caratterizzato da corruzione e vulnerabilità economica. L'investimento nel complesso residenziale a Marsala, così come le acquisizioni immobiliari in Brasile, sono un esempio concreto di come la mafia siciliana stia diversificando i suoi interessi, spostando denaro sporco da un continente all'altro.

Un colpo alla mafia degli evasori
Con questa operazione, la Procura Europea e la Guardia di Finanza hanno inferto un duro colpo a Cosa Nostra e alla sua rete di riciclaggio internazionale. L’inchiesta sull’Heron Bay mostra come la mafia riesca a infiltrarsi nel tessuto economico legale, utilizzando una rete di società e complicità per sfuggire alla legge. Il sequestro dei beni a Marsala e il monitoraggio dei flussi di denaro verso l’estero segnano una svolta nella lotta contro la criminalità organizzata, mettendo in luce le ramificazioni globali di un sistema mafioso sofisticato.