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16/12/2024 09:04:00

Colpo alla mafia di Mazara e Marsala, 18 arresti. Dai supermercati alle aste, nomi e affari

19,00 - Tra i nomi centrali nell’operazione antimafia che ha smantellato il controllo mafioso delle aree rurali nel Trapanese, emerge quello di Pietro Burzotta, figura chiave nel mandamento di Mazara del Vallo. Genero del defunto boss Vito Gondola, Burzotta ha raccolto l’eredità criminale del suocero, assumendo un ruolo di primo piano nella gestione delle aree di pascolo.

Burzotta è parte di una famiglia profondamente radicata in Cosa Nostra. È il fratello di Diego Santino Burzotta, noto killer mafioso condannato all’ergastolo per molteplici omicidi, e di Luca Burzotta, definitivamente condannato per associazione mafiosa. Tuttavia, Pietro Burzotta, in passato coinvolto in un processo per associazione mafiosa, è stato assolto a causa di testimonianze contraddittorie tra i collaboratori di giustizia. Nonostante ciò, le indagini più recenti lo descrivono come figura attiva e influente nel mandamento mazarese.

Dopo la morte di Vito Gondola, avvenuta nel 2017, Burzotta, insieme a Paolo Apollo, Ignazio Di Vita e Aurelio Anzelmo, ha preso in mano la gestione delle terre di pascolo nella zona di Mazara del Vallo. Il sistema mafioso, ereditato da Gondola, si basa su un rigido controllo delle aree rurali, con intimidazioni e minacce volte a escludere proprietari legittimi e a favorire affiliati e complici.

Burzotta è stato descritto nelle intercettazioni come uno dei principali organizzatori del sistema di assegnazione delle terre, imponendo il dominio del mandamento e risolvendo controversie al di fuori delle istituzioni, attraverso minacce e violenze. Questa attività ha rappresentato una delle principali fonti di reddito per il mandamento e uno strumento per affermare il potere mafioso sul territorio.

L’influenza di Pietro Burzotta si estende ben oltre il controllo dei pascoli. Le indagini lo collegano strettamente a figure storiche del mandamento, consolidando il suo ruolo come punto di riferimento per le attività criminali locali. L’operazione odierna ha svelato la rete di potere di Burzotta e dei suoi complici, smantellando uno dei sistemi più consolidati di controllo mafioso nel settore agro-pastorale del Trapanese.

17,00 - L'operazione antimafia di oggi fa luce sul  mandamento mafioso di Mazara del Vallo, storicamente uno dei centri nevralgici di Cosa Nostra in Sicilia occidentale, comprendendo le famiglie mafiose di Mazara, Salemi, Vita e Marsala. Questa area ha rappresentato una base strategica per i grandi boss corleonesi come Totò Riina, Leoluca Bagarella e Bernardo Brusca, che qui trascorsero periodi di latitanza. Il mandamento è stato per anni sotto la guida di Mariano Agate, figura di spicco della mafia siciliana, e successivamente da uomini d’onore come Francesco Messina, Salvatore Tamburello, Vincenzo Sinacori e Andrea Manciaracina, tutti condannati per ruoli di vertice.

Negli anni più recenti, a partire dal 2006, il comando è passato a Vito Gondola, noto per aver organizzato il sistema dei "pizzini" che collegavano i vertici mafiosi al latitante Matteo Messina Denaro. Nonostante l’arresto nel 2015 e la successiva detenzione domiciliare, Gondola continuò a dirigere le attività del mandamento fino alla sua morte nel 2017. Dopo di lui, la leadership è passata a figure come Giovanni Mattarella, genero di Gondola, e, più recentemente, a una rete di affiliati come Pietro Burzotta e Paolo Apollo.

La famiglia mafiosa di Marsala ha visto nel tempo un susseguirsi di reggenti. Negli anni 2000, il comando era affidato ad Antonino Rallo, arrestato nel 2007 dopo un periodo di latitanza. Dopo di lui, il potere è passato al fratello Vito Vincenzo Rallo, che ha diretto la famiglia fino al suo arresto nel 2009. Durante la detenzione dei Rallo, la reggenza è stata assunta da Antonino Bonafede, anziano uomo d’onore, affiancato da Ignazio Lombardo. Vito Vincenzo Rallo tornò brevemente al comando nel 2013, ma fu nuovamente arrestato nel 2017 e condannato per associazione mafiosa.

Nel 2022, le indagini hanno portato a nuove misure cautelari nei confronti di membri di spicco del mandamento marsalese, confermando l’instabilità della sua leadership e il suo ruolo subordinato rispetto al mandamento di Mazara.

Uno degli aspetti più significativi delle attività dei mandamenti di Mazara e Marsala è il controllo mafioso delle aree di pascolo, emblema dell'antico legame tra mafia e territorio rurale. Attraverso intimidazioni, danneggiamenti e imposizioni, Cosa Nostra ha storicamente regolato la spartizione delle terre, estromettendo i proprietari legittimi e imponendo il proprio dominio economico. Dopo la morte di Gondola, questo sistema è stato ereditato da affiliati come Burzotta e Apollo, coadiuvati da figure come Aurelio Anzelmo e Ignazio Di Vita.

Nonostante i numerosi arresti e la pressione investigativa, i mandamenti di Mazara e Marsala continuano a rappresentare un elemento centrale nello scenario mafioso del Trapanese. La loro capacità di adattarsi ai mutamenti sociali ed economici, pur mantenendo radici nella tradizione agro-pastorale, dimostra la resilienza di Cosa Nostra e la necessità di un impegno continuo per sradicarne il potere.

15,30 - Un episodio di turbativa d’asta emerso nell’operazione antimafia odierna getta luce sui meccanismi di infiltrazione mafiosa nelle procedure giudiziarie, con gravi ripercussioni sull’economia locale. Al centro del caso, la vendita giudiziaria del bene immobile appartenente alla società Orto Verde di Giuseppe Alberto Argano s.a.s., situato tra Mazara del Vallo e Petrosino, fallita nell’ambito della procedura esecutiva n. 87/2015 R.G. del Tribunale di Marsala.

Secondo le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, il tentativo di turbativa è stato orchestrato da affiliati al mandamento mafioso di Mazara del Vallo, tra cui Domenico Centonze, Pietro Centonze, e Michele Marino, con l’obiettivo di impedire una vendita trasparente dell’immobile e garantirne il controllo a soggetti vicini all’organizzazione. Gli indagati, avvalendosi della forza intimidatoria tipica di Cosa Nostra, avrebbero allontanato gli offerenti dalla procedura, attraverso minacce, collusioni e promesse, rendendo impossibile un regolare svolgimento dell’asta.

14,30 - Luigi Prenci, imprenditore mazarese arrestato nell’operazione antimafia di oggi, è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver messo le proprie risorse al servizio di Cosa Nostra, garantendone il controllo delle aree di pascolo e risolvendo controversie tramite l’arbitrato mafioso, anziché le istituzioni. In cambio, avrebbe ricevuto protezione, espansione delle proprie attività imprenditoriali e vantaggi economici illeciti. Secondo gli inquirenti, Prenci avrebbe inoltre sostenuto gli affiliati detenuti, consolidando il legame tra mafia ed economia locale, con gravi ripercussioni sul tessuto agro-pastorale della provincia di Trapani. Qui un approfondimento. 

12,30 -  Ci sono molti nomi noti del panorama criminale tra Marsala e Mazara nell'operazione antimafia di oggi. Tra questi spiccano i nomi di Domenico e Pietro Centonze, cugini e figure chiave nel mandamento mafioso locale, sono accusati di gravi reati nell’ambito dell'inchiesta che ha smantellato la cosca mafiosa di Mazara del Vallo.

 

Ruolo nell’organizzazione mafiosa

 

Secondo quanto emerso dalle indagini i Centonze sarebbero stati coinvolti nell’associazione mafiosa Cosa Nostra, con l’obiettivo di consolidare il controllo territoriale ed economico, in particolare attraverso la gestione illecita delle risorse agricole nella contrada Grinesti. Attraverso minacce e intimidazioni, costringevano allevatori a cedere i loro terreni.

 

Episodi di estorsione e intimidazione

Le intercettazioni mostrano i Centonze pianificare l’allontanamento forzato degli allevatori, imponendo pagamenti o abbandoni dei terreni. Un allevatore ha raccontato di minacce di violenza fisica e danni economici qualora non avesse accettato le loro condizioni.

 

Uso di armi e intercettazioni

I cugini Centonze erano soliti detenere armi da fuoco per consolidare il loro potere. Le intercettazioni rivelano piani per intimidire allevatori e discutere la gestione delle aree di pascolo, rafforzando le accuse a loro carico.

 

I precedenti
Domenico e Pietro Centonze, nel corso degli anni, sono stati coinvolti in diverse vicende giudiziarie. Ecco le principali.


Domenico Centonze:

  • - Duplice Omicidio del 2015: Accusato, insieme al cugino Pietro, dell'omicidio di due cittadini tunisini, Rafik El Mabrouk e Alì Essid, avvenuto il 3 giugno 2015. In primo grado, entrambi furono condannati a 20 anni di reclusione. Tuttavia, successivamente, Domenico è stato assolto in appello, con la sentenza confermata dalla Corte di Cassazione nel luglio 2022.
  • - Operazione "Peronospera": Domenico è stato coinvolto nell'operazione antimafia "Peronospera", che ha portato all'arresto di numerosi affiliati a Cosa Nostra nel territorio di Marsala. Le indagini hanno evidenziato il suo ruolo nelle dinamiche mafiose locali.

 

Pietro Centonze:

  • - Favoreggiamento Mafioso: Nel 2005, Pietro è stato condannato a due anni e mezzo di reclusione per favoreggiamento aggravato nei confronti dei boss mafiosi latitanti Giacomo e Tommaso Amato, appartenenti a Cosa Nostra marsalese. Estorsione e Ricettazione: Nel 1995, ha ricevuto una condanna a un anno e sette mesi di reclusione per estorsione e ricettazione in concorso con Francesco Lombardo, anch'egli coinvolto in indagini antimafia.
  • - Confisca di Beni: Nel settembre 2020, il Tribunale di Trapani ha disposto la confisca di beni per un valore di circa tre milioni di euro, ritenendo Pietro Centonze socialmente pericoloso e vicino a Cosa Nostra, in particolare alla famiglia mafiosa di Marsala. Tuttavia, nel gennaio 2023, la Corte d'appello di Palermo ha revocato la confisca, restituendo i beni a Pietro e ai suoi familiari.

 - Duplice Omicidio del 2015: Come accennato, Pietro è stato accusato insieme al cugino Domenico dell'omicidio dei due tunisini nel 2015. Dopo la condanna in primo grado, è stato assolto in appello, con la sentenza divenuta definitiva.

Entrambi i cugini Centonze hanno avuto significativi precedenti penali legati ad attività mafiose e reati gravi nel territorio siciliano, con alcune condanne poi revocate in sede di appello.

 

10,25 -  Ecco i nomi degli indagati nell’operazione antimafia di oggi tra Marsala e Mazara del Vallo.

il gip Fabio Pilato ha disposto il carcere per Aurelio Anzelmo, 39 anni, di Mazara del Vallo, Pietro Burzotta, 65 anni, di Mazara del Vallo, Domenico Centonze, 49 anni di Mazara del Vallo, Pietro Centonze, 55 anni, di Marsala, Ignazio Di Vita, di 52 anni, di Mazara del Vallo, Alessandro Messina, 42 anni di Mazara del Vallo e Luigi Prenci di 54 anni, di Mazara del Vallo.


Ai domiciliari sono finiti Giancarlo Nicolò Angileri, 60 anni di Trapani, Paolo Apollo, 74 anni di Mazara del Vallo, Antonino Giovanni Bilello, 61 anni di Marsala, Vito Ferrantello, di 42 anni di Mazara del Vallo, Michele Marino di 64 anni di Marsala, Giovanni Piccione, 57 anni di Marsala, Giuseppe Prenci di 27 anni, di Mazara del Vallo, Massimo Antonio Sfraga, 46 anni, di Mazara del Vallo e Gaspare Tumbarello di 48 anni di Marsala.

Obbligo di dimora presso il comune di residenza Lorenzo Buscaino, 63 anni di Mazara del Vallo.

10,00 -  Diciassette arresti e un obbligo di dimora: questo è il bilancio dell’operazione antimafia condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA). Le indagini hanno smantellato una rete mafiosa radicata nel territorio di Mazara del Vallo, rivelando un sistema di controllo economico e criminale orchestrato dal mandamento locale di Cosa Nostra.


Tra gli arrestati spicca il nome di Domenico Centonze, allevatore e presunto braccio operativo del capo mandamento Dario Messina, attualmente detenuto. Centonze avrebbe assunto un ruolo chiave nelle attività mafiose: riscuotere crediti, gestire controversie anche con metodi violenti, organizzare un traffico di stupefacenti tra Palermo e Mazara del Vallo e controllare le aste fallimentari delle aree di pascolo. In carcere è finito anche Alessandro Messina, fratello di Dario Messina.

Un altro nome rilevante è quello dell’imprenditore Luigi Prenci, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Prenci, dal 2020, ha avviato una rete di supermercati a marchio Crai e ha diversificato le sue attività diventando armatore con pescherecci specializzati nella pesca del gambero rosso. Secondo gli inquirenti, la sua scalata imprenditoriale sarebbe avvenuta con il sostegno della mafia, a cui avrebbe garantito:

  • Posti di lavoro ad affiliati e loro parenti;
  • Aiuti finanziari per l’avvio di nuove attività;
  • Acquisto di beni all’asta, che ritornavano nella disponibilità di persone contigue all’organizzazione mafiosa.

Gli investigatori hanno individuato un sistema capillare di controllo economico, in particolare nelle aree di pascolo. In questo contesto, sono finiti in manette Pietro Burzotta e Paolo Apollo, genero e cognato di Vito Gondola, storico reggente del mandamento e figura centrale nel sistema di comunicazione dei “pizzini” per Matteo Messina Denaro. Burzotta e Apollo avrebbero avuto un ruolo determinante nella gestione e spartizione delle aree.


Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di:

  • Associazione per delinquere di stampo mafioso;
  • Porto abusivo d’armi;
  • Turbata libertà degli incanti;
  • Estorsione;
  • Rapina;
  • Favoreggiamento personale.

09,00 - Colpo alla mafia di Mazara del Vallo. 18 persone sono state raggiunte da misure cautelari. Al centro dell'inchiesta il braccio destro del capo mandamento di Mazara, oggi detenuto, che avrebbe preso il controllo degli affari. 

Allevamenti, controllo delle aste fallimentari e traffico di droga erano le principali attività. Tra gli arrestati anche un imprenditore attivo nel settore dei supermercati che avrebbe creato un impero grazie al sostegno dell'organizzazione criminale. L'inchiesta, della DDA di Palermo, ha portato al blitz di questa mattina da parte della Guardia di Finanza. 

 Qui i dettagli.

Nelle prime ore di questa mattina, la Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito un’importante operazione antimafia, dando esecuzione a un’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia (D.D.A.). Diciotto persone sono state raggiunte da misure cautelari: 7 in carcere, 10 ai domiciliari e 1 con obbligo di dimora.

Contestualmente, sono state effettuate perquisizioni presso abitazioni e locali riconducibili agli indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, porto abusivo di armi, turbata libertà degli incanti, estorsione, rapina e favoreggiamento personale.

Il controllo mafioso del territorio
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, hanno svelato le dinamiche illecite della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, documentando l’ascesa di un individuo attivo nel settore dell’allevamento ovino. Questo soggetto, considerato il braccio operativo del capo mandamento (attualmente detenuto), è diventato una figura di riferimento per le attività criminali dell’organizzazione, tra cui la riscossione di crediti, la risoluzione di controversie e la gestione di un traffico di stupefacenti tra Palermo e il territorio trapanese.

Le investigazioni hanno inoltre rivelato il potere di controllo economico esercitato dalla mafia tramite la gestione delle aste fallimentari e delle aree di pascolo, con episodi documentati di violenza in caso di mancato rispetto degli accordi.

Il ruolo dell’imprenditore e la rete di supermercati
Un altro elemento chiave dell’inchiesta riguarda un noto imprenditore mazarese che, grazie al sostegno della mafia locale sin dalla metà degli anni 2000, ha costruito una rete capillare di supermercati e ampliato i propri affari in diversi settori. In cambio, l’imprenditore avrebbe garantito:

L’assunzione di affiliati e loro parenti;
Sostegni finanziari per l’avvio di nuove attività;
L’acquisto di beni all’asta riconducibili alla mafia, restituendoli così nella disponibilità dei soggetti coinvolti.


Impegno contro le infiltrazioni mafiose
L’operazione, che ha coinvolto oltre 150 finanzieri, è un duro colpo al sistema mafioso e testimonia l’impegno della Guardia di Finanza, su delega della D.D.A., nel contrastare ogni infiltrazione criminale nell’economia locale. L’obiettivo è tutelare la legalità e garantire condizioni di competitività economica sul territorio.