Negli ultimi dieci anni, il numero di denunce contro il racket è drasticamente calato: da Trapani a Palermo, passando per Milano e altre città italiane, i segnali di ribellione da parte di imprenditori e commercianti sono ormai ridotti a un terzo rispetto al passato. Le mafie, oggi, preferiscono imporre un controllo più sottile e meno visibile: lavoratori, fornitori e imposizioni di pagamenti “con fattura” diventano strumenti per piegare le vittime, mantenendo intatti i propri interessi economici.
Secondo i dati, il giro d'affari del racket supera 1,2 miliardi di euro all'anno, con ricavi illeciti che trovano spesso rifugio in investimenti apparentemente legittimi, come quelli immobiliari, stimati in 40 miliardi di euro annuali. Questo avviene mentre il ricordo di figure simbolo della lotta al racket, come Libero Grassi, sembra affievolirsi, lasciando un vuoto nelle battaglie contro le mafie.
Un sistema di paura e convenienza
Come evidenziato dalla prefetta Maria Teresa Nicolò, il calo delle denunce non è solo una questione di paura, ma anche di "convenienza percepita". Molti commercianti, soprattutto al Sud, preferiscono "pagare piuttosto che denunciare", temendo un percorso giudiziario lungo e faticoso o la perdita di clienti e fornitori. Il sistema del pizzo si è evoluto. Non si limita più alla richiesta diretta di denaro: oggi si impone attraverso subdole dinamiche commerciali, come l'obbligo di assumere personale o di acquistare merci e servizi da aziende legate ai clan. Questo controllo capillare ostacola la crescita economica e spezza il circuito virtuoso di collaborazione tra Stato e cittadini.
Le istituzioni e il sostegno alle vittime
Il fondo istituito per sostenere le vittime di racket, alimentato con 14 milioni di euro nel 2024, ha lo scopo di incoraggiare chi decide di denunciare. Tuttavia, le istanze presentate per accedere a questi fondi sono solo un terzo rispetto al decennio precedente. Questo evidenzia non solo la paura delle vittime, ma anche un'incapacità collettiva di riconoscere il valore della denuncia come strumento di riscatto sociale.
Uno sforzo necessario per spezzare il silenzio
La prefetta Nicolò sottolinea: «Dallo Stato c’è il massimo impegno per proteggere chi denuncia, ma servono anche una maggiore sensibilizzazione e il coinvolgimento attivo di associazioni e cittadini». Il percorso resta difficile, ma è l’unica via per liberarsi dal giogo mafioso. Con oltre 150.000 imprese italiane potenzialmente sotto il controllo delle mafie, il silenzio rischia di legittimare questo sistema. Solo attraverso una collaborazione più stretta tra istituzioni, associazioni e cittadini, si potrà ridare forza alla battaglia contro il racket e costruire un futuro libero dalla paura e dal ricatto.
L'imprenditore Guglielmo Correnti, 47 anni, ha denunciato il pizzo vent’anni fa - Da allora è diventato un punto di riferimento nella lotta contro il racket. Gestisce cantieri e attività a Palermo e sostiene che denunciare sia l’unica strada per un futuro diverso.
Perché denunciare conviene? «Entrare in una sorta di “white list” consente alle forze dell’ordine di monitorare il tuo percorso e proteggerlo. Al primo segnale di rischio, intervengono per aiutarti.» Ha avuto paura? «Sì, inizialmente non dormivo e avevo timore per la mia famiglia. Tuttavia, con il tempo, ho capito che la paura non può prevalere. Se non avessi denunciato, oggi non sarei qui a insegnare ai miei figli a non arrendersi.» Come vede Palermo oggi? «Ci sono stati passi avanti, ma tanto resta da fare. La città sta cambiando, ma serve che tutti facciano la loro parte.» . «Abbiate fiducia nelle istituzioni. Denunciare è possibile ed è l’unica via per uscire dal ricatto del racket e contribuire a una società migliore.»
La lotta al racket tra nuove sfide e trasformazioni criminali
Secondo il procuratore di Messina Antonio Amato, il fenomeno del racket è in calo, ma non perché sia stato sconfitto. Le mafie, infatti, hanno spostato i propri interessi verso attività meno rischiose e più redditizie, come le truffe ai danni dell'Unione Europea e degli enti previdenziali. Questi crimini comportano guadagni elevati con minori probabilità di reazioni da parte delle vittime, che appaiono meno disposte a subire rispetto al passato.
Denunce in diminuzione, ma il problema persiste
Nella provincia di Messina, le denunce per estorsione sono scese da 128 nel 2021 a 84 nel 2023. Tuttavia, questa riduzione non corrisponde a un reale calo del fenomeno, ma piuttosto a una mutazione delle strategie mafiose. Il racket classico, basato sul pizzo, lascia sempre più spazio ad altri sistemi di controllo economico, come la fatturazione per operazioni inesistenti, il lavoro nero e il noleggio di attrezzature. Il procuratore evidenzia il rafforzamento di protocolli di coordinamento investigativo antimafia, strumenti cruciali per analizzare il contesto delle attività criminali e individuare infiltrazioni mafiose in appalti pubblici e opere infrastrutturali. Queste iniziative mirano a identificare le nuove modalità con cui le mafie si insinuano nell’economia legale.
Davide Grassi: "C’è ancora tanta strada da fare contro il racket"
Davide Grassi, figlio di Libero Grassi, imprenditore tessile assassinato dalla mafia nel 1991 per aver detto no al pizzo, riflette sull’eredità morale del padre e sullo stato attuale della lotta al racket. Grassi riconosce che Palermo oggi è una città migliore rispetto al passato, con una parte della popolazione che vive e lavora con maggiore consapevolezza. Tuttavia, ammette che c’è ancora molto da fare per scuotere le coscienze e promuovere una cultura della denuncia, soprattutto tra le nuove generazioni. Davide sottolinea l’apatia diffusa tra molti imprenditori, che spesso vedono il pizzo come un problema meno traumatico rispetto al passato o si adattano a forme meno visibili di controllo mafioso, come l’imposizione di fornitori o assunzioni. Grassi lavora attivamente nelle scuole per mantenere viva la memoria del padre e promuovere il rifiuto della mafia. Tuttavia, rileva la necessità di migliorare la formazione delle coscienze per far crescere una cultura del "no" al compromesso.
Un messaggio agli imprenditori: "Impegnatevi per creare una società migliore per i vostri figli". Invita tutti a non accontentarsi di una vita mediocre, sottolineando che un’alternativa migliore esiste, ma richiede coraggio e impegno. Infine, suggerisce che intitolare un luogo pubblico a Libero Grassi potrebbe essere un’occasione importante per sensibilizzare i giovani e gettare un altro seme nella costruzione di una cultura della denuncia.