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11/02/2025 07:16:00

Mafia, maxi operazione a Palermo: oltre 180 arresti. Tutti i particolari

13,30 - Un'agghiacciante dimostrazione di come Cosa Nostra continui a operare e a esercitare il controllo anche dietro le sbarre. Il blitz antimafia scattato ieri, con 181 arresti e oltre duemila carabinieri impegnati, ha svelato un dettaglio inquietante: un boss ha commissionato un pestaggio dal carcere e ha preteso di assistere alla violenza in diretta su uno smartphone introdotto illegalmente nella struttura penitenziaria.

Il pestaggio in diretta su smartphone

Dalle intercettazioni è emerso che boss come Nunzio Serio e Calogero Lo Presti comunicavano tranquillamente con gli affiliati all’esterno del carcere grazie a cellulari introdotti illegalmente. Questi dispositivi venivano utilizzati come veri e propri “tele-citofoni”, attraverso cui i detenuti potevano impartire ordini e ricevere aggiornamenti in tempo reale sulle attività mafiose.

Uno degli episodi più sconcertanti riguarda proprio Calogero Lo Presti, che ha organizzato un vero e proprio raid punitivo nei confronti di un suo nemico, Giuseppe Santoro. Il boss non solo ha scelto personalmente la squadra che avrebbe dovuto eseguire il pestaggio, ma ha anche assistito all’aggressione in diretta, grazie a un video-collegamento dal carcere. Una dinamica che dimostra come la mafia stia utilizzando le nuove tecnologie per continuare a gestire i propri affari criminali anche dietro le sbarre.

De Lucia: "Cosa Nostra è ancora viva e presente"

Il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha commentato l'operazione spiegando come la mafia, nonostante i colpi ricevuti, sia ancora molto radicata e pericolosa:
"Le indagini dimostrano che Cosa Nostra è viva e presente. Continua a fare affari e a cercare di riorganizzarsi, utilizzando canali comunicativi assolutamente nuovi."

L’introduzione di smartphone nelle celle e l’uso di chat criptate e videochiamate per le riunioni sono solo alcune delle prove della capacità della mafia di adattarsi ai tempi moderni.

De Lucia ha anche sottolineato le difficoltà nel contrasto al fenomeno, a causa della carenza di uomini in Procura:
"Lo Stato sta reagendo, ma in Procura mancano 13 sostituti e un procuratore aggiunto. Bisogna fare di più per arginare questa piaga."

"Da Cosa Nostra si esce solo in due modi"

Il procuratore capo ha anche ribadito come dalla mafia non si possa uscire facilmente, se non in due modi:
"O collabori con la giustizia o muori. Chi esce dal carcere, spesso, torna subito a ‘mafiare’. Le inchieste lo dimostrano chiaramente."

I boss lamentano il declino di Cosa Nostra

Tra le intercettazioni raccolte nell’ambito dell’inchiesta, emerge anche una certa frustrazione tra gli stessi mafiosi, che si lamentano della perdita di potere della criminalità organizzata rispetto al passato. Uno dei boss intercettati, Giancarlo Romano (poi ucciso nel febbraio 2024), esprimeva il suo rammarico per la situazione:
"Siamo ridotti a campare con una panetta di fumo… una volta si parlava di interi carichi, oggi siamo a terra. Senza un’adeguata formazione, senza collegamenti con il potere, la mafia non sarà più quella di una volta."

In una conversazione, Romano citava persino Il Padrino come modello di riferimento per la mafia, lamentando il fatto che le nuove generazioni di affiliati non avessero la capacità di creare rapporti con il potere politico ed economico, come accadeva in passato.

Una mafia sempre più tecnologica, ma sotto pressione

Dall’inchiesta emerge una mafia che, pur attraversando un periodo di crisi, resta radicata e pericolosa. L’uso della tecnologia, le riunioni in chat, le direttive impartite direttamente dal carcere tramite videochiamata, dimostrano che Cosa Nostra sta cercando di adattarsi ai tempi moderni.

09:10 - Un colpo durissimo a Cosa Nostra. L’operazione dei Carabinieri, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha portato all’arresto di 181 persone e ha visto impegnati oltre duemila militari in una delle più imponenti azioni contro la criminalità organizzata degli ultimi anni. Il blitz ha azzerato quattro mandamenti storici della mafia palermitana – Porta Nuova, Tommaso Natale-San Lorenzo, Santa Maria di Gesù e Bagheria – smantellando anche importanti cellule mafiose a Pagliarelli e alla Noce.

Una mafia che prova a riorganizzarsi
Negli ultimi anni Cosa Nostra ha cercato di ricostruire la propria cupola, mescolando vecchie tradizioni con nuove strategie, tra cui l'uso della tecnologia. I boss non si incontrano più nei tradizionali summit, ma usano chat criptate e videochiamate per comunicare, persino dal carcere, grazie a telefoni cellulari nascosti.

L’obiettivo era serrare i ranghi e riorganizzare la struttura mafiosa per “camminare e ingrandire”, come emerge dalle intercettazioni. Ma l’indagine dei Carabinieri ha intercettato e bloccato sul nascere questi tentativi, confermando che la criminalità organizzata è ancora in forte difficoltà nel ripristinare la sua rete di potere.

I boss arrestati
Tra i nomi chiave dell’inchiesta emergono: Tommaso Lo Presti, ritenuto uno degli esponenti di vertice della mafia palermitana; Stefano Comandè (Porta Nuova); Francolino Spadaro (Kalsa); I fratelli Nunzio e Domenico Serio (San Lorenzo); Francesco Stagno (San Lorenzo); Guglielmo Rubino (Santa Maria di Gesù); Gino Mineo e Giuseppe Di Fiore (Bagheria). Le indagini hanno documentato il tentativo di riformare una nuova cupola dopo gli arresti seguiti alle operazioni “Perseo” (2008) e “Cupola 2.0” (2018).

Lo statuto di Cosa Nostra e le nuove tecnologie
Un elemento chiave dell’indagine riguarda lo statuto di Cosa Nostra, un documento storico scritto dai “padri costituenti” della mafia, che i boss ancora oggi considerano un punto di riferimento. Tuttavia, per evitare di essere intercettati, i mafiosi hanno iniziato a sfruttare strumenti tecnologici avanzati.

Le comunicazioni non avvengono più in lussuose ville o su barche al largo di Palermo, come in passato, ma tramite chat criptate e telefoni cellulari di piccole dimensioni introdotti illegalmente in carcere. I boss comunicavano in videochiamata dai penitenziari, collegandosi a un telefono esterno, ribattezzato “citofono”, per partecipare alle riunioni della cosca.

Le intercettazioni hanno svelato che queste conversazioni servivano non solo per prendere decisioni strategiche, ma anche per organizzare pestaggi ed estorsioni in diretta. Un esempio è il caso dei Lo Presti, che hanno guidato a distanza l'aggressione a Giuseppe Santoro, stabilendo chi doveva partecipare e assistendo in tempo reale alla spedizione punitiva.

I boss smascherati in chat
Nonostante la prudenza, i mafiosi hanno commesso un errore cruciale che ha permesso agli investigatori di identificare i vertici della nuova cupola. Durante una conversazione del 6 febbraio 2024, il reggente di Tommaso Natale-San Lorenzo, Nunzio Serio, e Francesco Stagno hanno rivelato l’esistenza di una chat segreta.

Mentre discutevano di traffici di droga con il calabrese Emanuele Cosentino, si sono resi conto che alcuni utenti avevano lasciato improvvisamente la chat. “Tu sei uscito qua pure… guarda… gli utenti hanno lasciato la chat… ma che minchia dici”, si lamentava Serio, mentre tentava di ripristinare la connessione. Questo scambio ha permesso di identificare il gotha mafioso del momento, tra cui: Tommaso Lo Presti (mandamento di Porta Nuova); Guglielmo Rubino (Santa Maria di Gesù);Cristian Cinà (Borgo Vecchio); Giuseppe Auteri, all’epoca latitante. Oltre a loro, nella chat erano presenti diversi boss ancora da identificare, noti con soprannomi come "Robert De Niro", "l’Uomo Ragno", "Gesù", "compà" e "Barba".

Un colpo durissimo per la mafia palermitana
L'operazione rappresenta un duro colpo per Cosa Nostra, che si conferma in difficoltà nel ricostruire il proprio assetto. Il modello della cupola mafiosa tradizionale sembra ormai superato, ma i boss cercano comunque nuove strategie per mantenere il controllo del territorio.

 

07:15 - Un risveglio così Palermo non lo vedeva da tempo.  C'è stata infatti una maxi operazione antimafia.

Sono stati disposti i fermi e gli arresti di 181 persone, tra boss, «colonnelli», uomini d'onore, ed estortori di diversi «mandamenti» del capoluogo siciliano e della provincia.

L'inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella, ha svelato l'organigramma delle principali famiglie, gli affari dei clan e l'ennesimo tentativo di Cosa nostra di ricostituire la Cupola provinciale e di reagire alla dura repressione che negli ultimi anni ha portato in cella migliaia di persone.

In manette vecchi e nuovi boss. Si parla, nelle indagini, di una "mafia 3.0", in grado di comunicare con telefonini criptati - per evitare i summit in presenza - o di utilizzare il dark web per le armi.

Ma ci sono anche gli affari tradizionali, dalla droga, alle scommesse alle estorsioni . Tra gli arrestati uno dei nomi più noti è quello del boss Tommaso Lo Presti.