Ieri 10 febbraio 2025, Palermo è stata teatro di una delle più imponenti operazioni antimafia degli ultimi anni, con l'arresto di 181 persone tra boss, gregari, estortori e narcotrafficanti. L'operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo e condotta dai Carabinieri, ha colpito duramente i clan storici del capoluogo siciliano e della provincia, smantellando l'organizzazione che mirava a ricostituire la Cupola e a rafforzare il controllo su droga, estorsioni e giochi online. Questo maxi blitz, che ha visto l'impegno di oltre 2.000 carabinieri, ha azzerato quattro mandamenti storici della mafia palermitana – Porta Nuova, Tommaso Natale-San Lorenzo, Santa Maria di Gesù e Bagheria – e ha smantellato importanti cellule mafiose a Pagliarelli e alla Noce. Tra gli arrestati figurano nomi di spicco come Tommaso Lo Presti, Nunzio Serio, Guglielmo Rubino e Cristian Cinà, oltre a Emanuele Cosentino, referente calabrese nel traffico di droga. L'operazione ha anche portato alla luce l'uso di tecnologie avanzate da parte dei mafiosi, che hanno cercato di adattarsi ai tempi moderni utilizzando chat criptate e videochiamate per comunicare, persino dal carcere.
L'adattamento ai tempi moderni: le videochiamate al posto dei summit
Uno degli aspetti più inquietanti emersi dall'indagine è l'uso della tecnologia da parte dei mafiosi. I boss detenuti hanno mantenuto il controllo sull'organizzazione attraverso cellulari criptati introdotti illegalmente in carcere, utilizzati per convocare summit a distanza tramite videochiamate segrete, gestire il traffico di droga e ordinare vendette. Un esempio emblematico è quello di Calogero Lo Presti, boss di Porta Nuova, che ha commissionato un pestaggio e ha preteso di assistervi in diretta su uno smartphone. "Il sistema di alta sicurezza delle carceri italiane è assoggettato al dominio della criminalità", ha dichiarato il procuratore Melillo, lanciando l'allarme sulla permeabilità delle prigioni. Questo uso della tecnologia ha permesso ai mafiosi di mantenere un controllo ferreo sulle loro attività criminali, nonostante si trovassero dietro le sbarre. Tuttavia, proprio questa dipendenza dalla tecnologia si è rivelata la loro condanna: alcuni boss hanno commesso un errore fatale mentre tentavano di ripristinare i contatti criptati, rivelando involontariamente i nomi di altri affiliati agli investigatori. Questo ha permesso di identificare il gotha mafioso del momento, tra cui Tommaso Lo Presti, Guglielmo Rubino e Cristian Cinà.
L'alleanza con la 'Ndrangheta: un nuovo modello criminale
Durante la conferenza stampa, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha evidenziato come Cosa Nostra si sia adattata ai tempi moderni, stringendo un'alleanza strategica con la 'ndrangheta e con i principali gruppi del traffico di droga. "Le cosche hanno dato vita a organizzazioni criminali miste, lontane dagli antichi schemi, ma utili per gestire il business della droga", ha spiegato Melillo. Questa alleanza ha permesso alla mafia palermitana di espandere i suoi affari oltre i confini regionali, creando una rete criminale più complessa e difficile da smantellare. Tuttavia, questa nuova strategia non è stata sufficiente a proteggere i boss dagli investigatori, che hanno intercettato e bloccato sul nascere i tentativi di riorganizzazione. Le indagini hanno dimostrato che, nonostante i nuovi metodi, la mafia palermitana è ancora in forte difficoltà nel ripristinare la sua rete di potere, a causa della carenza di leadership e della repressione costante da parte delle autorità.
Le estorsioni e il gioco online: vecchie e nuove fonti di guadagno
Nonostante le nuove fonti di guadagno, la mafia palermitana non ha abbandonato il racket delle estorsioni. Gli inquirenti hanno documentato oltre 50 casi di taglieggiamento, con pochi commercianti disposti a denunciare. I boss stanno cercando di ricostruire l'organizzazione, ma con quadri dirigenti sempre più deboli. Inoltre, il settore delle scommesse online è diventato un nuovo fronte di guadagno per Cosa Nostra, con Angelo Barone che avrebbe avuto un ruolo chiave in questo business. Barone, imprenditore legato alle scommesse online, era pronto a lasciare l'Italia prima del blitz, ma è stato arrestato prima di poter fuggire. Questo dimostra come la mafia stia cercando di diversificare le sue fonti di reddito, sfruttando nuove opportunità offerte dalla tecnologia e dalla globalizzazione.
Il Procuratore Maurizio De Lucia: "Cosa nostra è viva e presente" - "Le indagini che hanno portato agli arresti di oggi dimostrano che Cosa nostra è viva e presente e dialoga con canali comunicativi assolutamente nuovi, fa affari e cerca di ricostituire il suo esercito". Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia alla conferenza stampa in cui i magistrati e i carabinieri stanno illustrando i particolari del blitz antimafia che ha portato a 181 arresti. "L'operazione fa seguito ad altri interventi che confermano la vitalità della mafia, ma anche la capacità di reazione dello Stato che continua a lavorare pur nella carenza di uomini, in Procura mancano 13 sostituti e un aggiunto". De Lucia ha ringraziato la procuratrice aggiunta Marzia Sabella che ha coordinato l'inchiesta."Gli arresti di oggi servono per indebolire l'intera organizzazione mafiosa. È un momento complicato per la vita di Cosa nostra e noi cerchiamo di renderlo sempre più complicato attraverso una serie di interventi che servono a contrastare i clan ma anche a processare, con le prove, chi partecipa a Cosa nostra", ha aggiunto de Lucia. "Bisogna tenere distinte le due fasi. Porteremo a processo coloro i quali sono destinatari di una delle cinque ordinanze emesse oggi, insieme con due provvedimenti di fermo, ma intanto è importante essere riusciti a neutralizzare in un solo momento una parte importante di Cosa nostra", ha detto.
La frustrazione dei boss: per il declino di Cosa nostra
Tra le intercettazioni raccolte, emerge anche una certa frustrazione tra gli stessi mafiosi, che si lamentano della perdita di potere della criminalità organizzata rispetto al passato. Giancarlo Romano, boss ucciso nel febbraio 2024, esprimeva il suo rammarico per la situazione: "Siamo ridotti a campare con una panetta di fumo… una volta si parlava di interi carichi, oggi siamo a terra." Romano, come altri boss, lamentava la mancanza di una leadership forte e la difficoltà di creare collegamenti con il potere politico ed economico, come accadeva in passato. "Abbiamo degli ideali nostri dentro che non li facciamo morire mai perché ci muremu, perché in futuro noialtri preghiamo il Signore che certe cose non finiranno mai perché sappiamo noialtri i nostri ideali, sappiamo perché siamo noi contro lo Stato, perché siamo contro la polizia", ha detto Romano in una delle intercettazioni. Questa frustrazione riflette il declino di Cosa Nostra, che, nonostante i tentativi di adattamento, fatica a mantenere il controllo del territorio e a ricostruire la sua rete di potere.
Cosa Nostra come il Sacramento del matrimonio
Uno degli aspetti più interessanti emersi dalle indagini è la fedeltà di Cosa Nostra alle sue regole tradizionali, nonostante i cambiamenti nei metodi e nelle strategie. Francesco Pedalino, detenuto per l'omicidio di Miro Sciacchitano, ha paragonato il vincolo associativo della mafia al sacramento del matrimonio: "Cosa Nostra… a verità domani esco… haiu a forza e continuo… fino a quando … tà maritasti sta mugghieri e tà puorti finu a vita." Questo principio di indissolubilità del vincolo associativo è stato ribadito anche da altri mafiosi, come Gioacchino Badagliacca di Mezzomonreale, che ha dichiarato: "Non ho mai creduto io nella Cosa Nostra ai fini di scopo di lucro… per nobili principi per me questo è quello che è Cosa Nostra… ci ho sempre creduto dal profondo del mio cuore e mi sono fatto dieci anni di carcere." Questa fedeltà alle regole tradizionali dimostra come, nonostante i cambiamenti, Cosa Nostra rimanga radicata nei suoi principi fondamentali, che continuano a guidare le azioni dei suoi membri.
Al Cinema ha interpretato Giuseppe Di Matteo, ieri è stato arrestato
Tra gli arrestati nel maxi blitz antimafia di Palermo figura anche Gaetano Fernandez, 22 anni, noto per aver interpretato il ruolo del giovane Giuseppe Di Matteo nel film Sicilian Ghost Story. Il film, diretto da Antonio Piazza e Fabio Grassadonia (gli stessi registi di Iddu - L’ultimo padrino, dedicato a Matteo Messina Denaro), è una coproduzione Italia-Francia-Svizzera che racconta la tragica storia del piccolo Giuseppe, sequestrato, imprigionato e poi sciolto nell’acido dalla mafia nel 1996. Il film, proiettato in molte scuole come strumento educativo, ha reso Gaetano Fernandez un volto noto, ma la sua vita reale ha preso una piega ben diversa dalla finzione cinematografica. Arrestato insieme al fratello Angelo durante l’operazione, Gaetano è accusato di aver ceduto una pistola, un reato che lo lega indissolubilmente al mondo criminale da cui il film cercava di distanziarsi. Gaetano e Angelo sono figli di Salvatore Fernandez, ergastolano reo confesso dell’omicidio di Giuseppe Incontrera, boss di Porta Nuova assassinato nel 2023, e nipoti di Fabio Fernandez, che ha ammesso di aver ucciso Giuseppe Calascibetta, capo mandamento di Santa Maria di Gesù, nel 2011. La scorsa settimana, in appello, è stata confermata la condanna all’ergastolo per il padre Salvatore, confermando il peso di una famiglia profondamente radicata nella criminalità organizzata. La storia di Gaetano, che passa dall’interpretare una vittima della mafia all’essere coinvolto in attività criminali, rappresenta una tragica ironia e un monito su quanto sia difficile sfuggire al destino imposto da un contesto familiare e sociale segnato dalla mafia. Il suo arresto, avvenuto durante un’operazione che ha portato in carcere 181 mafiosi, sottolinea come la mafia continui a reclutare nuove generazioni, perpetuando un ciclo di violenza e illegalità che sembra non avere fine.
Una mafia in crisi ma ancora pericolosa
L'operazione rappresenta un duro colpo per Cosa Nostra, che si conferma in difficoltà nel ricostruire il proprio assetto. Tuttavia, le indagini dimostrano che la mafia palermitana è ancora viva e presente, capace di adattarsi ai tempi moderni e di sfruttare nuove tecnologie per mantenere il controllo del territorio. Le autorità confermano che le indagini proseguiranno per smantellare definitivamente la rete criminale e riportare legalità nel territorio. Tuttavia, come ha sottolineato il procuratore De Lucia, "lo Stato sta reagendo, ma in Procura mancano 13 sostituti e un procuratore aggiunto. Bisogna fare di più per arginare questa piaga." La lotta contro la mafia richiede non solo operazioni di polizia, ma anche un impegno costante da parte delle istituzioni e della società civile per contrastare la cultura dell'illegalità e promuovere la legalità.