L’operazione dei Carabinieri che martedì scorso ha portato all’arresto di 181 affiliati di Cosa Nostra a Palermo ha squarciato il velo su un fenomeno inedito: la mafia del terzo millennio è sempre più giovane, tecnologica e con un volto femminile. Under 40 esperti di digitalizzazione, donne che comandano mandamenti e una generazione ansiosa di sostituire i boss storici, spesso con metodi ancora più spietati. Un mix tra tradizione e innovazione criminale che ridefinisce gli equilibri di potere.
La generazione tech: droga, estorsioni e controllo via smartphone
Quasi la metà degli arrestati ha meno di 40 anni, e molti di loro vantano competenze informatiche avanzate. Non si tratta più di semplici esecutori: questi giovani gestiscono interi traffici utilizzando app di messaggistica cifrata come Signal o Telegram, riciclano denaro attraverso criptovalute e monitorano il territorio con droni e telecamere di sorveglianza. «Sono nativi digitali: sfruttano la tecnologia per espandere il business e sfuggire ai controlli», spiega un procuratore della DDA di Palermo.
Secondo gli investigatori, coordinavano una rete di spaccio di cocaina e marijuana utilizzando canali Telegram protetti da codici a doppia autenticazione. Le transazioni venivano concluse tramite wallet Bitcoin, mentre i corrieri ricevevano indicazioni via GPS su punti di incontro "fantasma", modificati in tempo reale per evitare blitz.
Ma la violenza non è stata accantonata. La stessa generazione ha rinvigorito le squadre dei "picchiatori", incaricate di riscuotere il pizzo con metodi brutali. In un’intercettazione, un 28enne arrestato si vantava: «Se non pagano, gli spacco la faccia. Così imparano a rispettarci». Secondo un rapporto dei ROS, il 70% delle estorsioni negli ultimi due anni è stato gestito da under 35, spesso reclutati nelle periferie con la promessa di guadagni facili e status sociale.
Donne al comando: da “collaboratrici” a regine dei mandamenti
Quattro donne sono finite in manette, confermando una tendenza rivoluzionaria: il ruolo femminile non è più marginale. Concetta Profeta, 48 anni, detta Cetty, è il caso più eclatante. Moglie di Francesco Pedalino (ergastolano) e madre di Gabriele, anche lui condannato per omicidio, Profeta ha trasformato il suo status di "parente di" in un potere concreto. Le intercettazioni la descrivono mentre organizza videocall tra il marito, detenuto a Tolmezzo, e i picciotti in libertà, utilizzando smartphone nascosti in cestini della spesa calati dai balconi. Non si limitava a trasmettere ordini: gestiva personalmente le finanze del clan, acquistava schede SIM intestate a prestanome e risolveva dispute interne. In un episodio, mediò una lite tra due famiglie affiliate dopo che un padre, Antonio Scarantino, aveva sparato alla porta di casa della figlia. «Cetty ha chiuso la faccenda senza consultare il reggente del mandamento. È lei la vera capa», rivela un collaboratore di giustizia.
Altre donne, come Jessica Santoro, 33 anni, hanno sfruttato il loro carisma per scalare posizioni. Santoro, arrestata per gestione di slot machine illegali, postava sui social foto di viaggi in yacht e borse firmate, attirando nuovi affiliati con l’immagine di un "mafioso di successo". «Il suo profilo Instagram era un tool di reclutamento», afferma un investigatore.
Lusso, social media e il mito del “mafioso influencer”
Auto sportive, abiti di lusso e feste esclusive: i giovani boss utilizzano l’ostentazione come strumento di potere. Roberta Presti, 30 anni, arrestata per riciclaggio, gestiva un’attività di ristorazione a Brancaccio trasformata in copertura per il denaro sporco. Su TikTok, postava video in cui sfoggiava gioielli e auto di alta gamma, accompagnati da hashtag come #Successo e #Rispetto.
«Il lusso non è solo status symbol: è una strategia per normalizzare l’immagine della mafia», spiega la sociologa Maria Grazia Giammona. Dietro questa facciata, però, si nascondono crimini efferati. Uno degli arrestati, Giuseppe Aliotta, 27 anni, è accusato di aver fornito armi a un clan rivale per una faida legata al controllo del mercato della droga. «Sono disposti a tutto pur di apparire invincibili», aggiunge Giammona.
La risposta delle istituzioni: tra cyber-investigazioni e sequestri miliardari
Per contrastare l’evoluzione tecnologica delle cosche, le forze dell’ordine hanno potenziato i reparti specializzati in cybercrime. «Monitoriamo transazioni in criptovalute, forum nel dark web e persino influencer sospetti», dichiara il colonnello Marco De Rosa, comandante dei Carabinieri di Palermo. Nell’ultimo blitz, sono stati sequestrati beni per 12 milioni di euro, tra cui un’azienda edile usata per appalti pilotati e un bed & breakfast a Mondello, centro di riciclaggio.
La Procura punta anche a colpire le figure di raccordo: «Senza donne come la Profeta, i clan perderebbero il 50% della loro operatività», afferma il pm Luca Tescaroli. Intanto, il governo regionale studia misure per prevenire il reclutamento giovanile, con progetti nelle scuole e confisca dei beni trasformati in spazi sociali. «La mafia si combatte togliendole l’aura di mito», conclude Tescaroli.
Il dopo Messina Denaro: guerre intestine e psicosi da intercettazione
L’arresto di Matteo Messina Denaro nel 2023 ha lasciato un vuoto di potere che ancora oggi genera tensioni. A Bagheria e Ficarazzi, i clan storici sono paralizzati dalla paura delle intercettazioni. Carlo Guttadauro, nipote del cognato di Messina Denaro, ha tentato di imporsi come nuovo leader, chiedendo incontri segreti nel cimitero locale. Ma figure come Gioacchino Mineo, 72 anni, boss di Ficarazzi, gli hanno sbattuto la porta in faccia: «Meglio stare in silenzio», ha intimato Mineo in una conversazione, riferendosi alla necessità di evitare attenzioni dopo la cattura del superlatitante.
Le divisioni emergono anche nella gestione dei mandamenti. Pino Scaduto, designato come successore dal carcere da Nicolò Eucaliptus, si è scontrato con chi aveva governato in sua assenza. «C’è chi vuole il potere senza averne l’autorità», spiega un esperto di criminalità organizzata. Intanto, i giovani affiliati approfittano del caos per proporsi come alternativa: in un’intercettazione, un 25enne dichiara: «I vecchi hanno paura. Noi siamo pronti a prendere il loro posto».