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14/02/2025 06:00:00

  Dentro il dissalatore abbandonato di Trapani. Ecco il progetto del nuovo impianto

 Un paesaggio spettrale. Il rumore della vegetazione che avvolge le strutture. Il tintinnio delle lamiere del vecchio impianto che sta cadendo a pezzi. Tutto il resto è da buttare. Hanno rubato tutto, ogni cavo, ogni lampadina. Sono state rubate anche le porte al vecchio dissalatore di Trapani. Un dissalatore che adesso si dovrebbe, in parte, recuperare per far fronte all’emergenza idrica. Almeno è questo il piano della Regione Siciliana che, assieme all’impianto trapanese, vuole recuperare anche quelli di Gela e Porto Empedocle. L’investimento chiesto al governo nazionale è di 100 milioni di euro.

Recuperare il dissalatore di Trapani costerà circa 30 milioni di euro. Ma tanti dubbi ci sono sulla sua utilità, sui costi, sui tempi. Il progetto prevede un impianto moderno con tecnologia a osmosi inversa, più efficiente rispetto al precedente sistema termico. I lavori saranno suddivisi in due fasi, con l'obiettivo di garantire una fornitura idrica costante e contrastare la crisi dell’acqua potabile in Sicilia.

Il vecchio impianto di dissalazione di Trapani: storia di un fallimento
Un impianto che ha una storia e una posizione particolare. Perchè il dissalatore sorge in periferia, nel territorio di Nubia, in piena zona di saline. Una ubicazione, chiamiamola così, insolita. non esiste altro caso al mondo di un dissalatore collocato al centro di millenarie saline, oggi tra l’altro diventate anche riserva naturale.

 

 


Realizzato negli anni ‘90, il dissalatore di Trapani è stato il secondo più grande della Sicilia, dopo quello di Gela. Inizialmente doveva integrare le fonti idriche della zona, ma con il tempo divenne la principale fonte di approvvigionamento per il Trapanese. Il sistema utilizzava una tecnologia di distillazione termica, che si rivelò inefficiente e costosa. Il dissalatore avrebbe dovuto risolvere i problemi di Trapani e dei comuni vicini, perennemente assetati, anzi i più ottimisti si spingevano a dire che sarebbero stati risolti anche i problemi della provincia di Agrigento”. Ed invece ha funzionato poco e male. Sulla carta avrebbe dovuto produrre oltre otto milioni di metri cubi di acqua dissalata l’anno. Ma i continui guasti e gli altissimi costi energetici e di manutenzione lo hanno portato piano piano all’abbandono. Solo di gasolio il dissalatore costava trenta milioni di euro l’anno. Dopo anni di gestione travagliata, nel 2015 l’impianto è stato spento definitivamente, sostituito dall’acquedotto di Montescuro. Oggi il dissalatore è un luogo abbandonato, un impianto fantasma. I ladri hanno portato via tutto, e le strutture sono in malora. Dentro si trova poco, solo i carteggi del vecchio progetto. Un progetto nato con l’interesse dei clan.

Le mani della mafia
La visita a Trapani della commissione parlamentare antimafia, nel 1999, mise nero su bianco che anche l’appalto del dissalatore era finito nel cosiddetto “patto del tavolino” con cui in Sicilia si spartivano le grandi opere pubbliche. È merito del ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra, Angelo Siino, se si arrivò ad assegnare la costruzione del dissalatore all’impresa di Filippo Salomone – il re degli appalti pubblici nella Sicilia di questi anni – con la Lega delle cooperative.
Le indagini sul dissalatore di Trapani, in particolare, finirono in una più vasta inchiesta sulla gestione delle risorse idriche in Sicilia della Procura nazionale antimafia. Un altro troncone, invece, riguardò le tangenti pagate ai politici nazionali e locali, in particolare per la concessione del terreno dove si doveva realizzare l’impianto. Un caso che fa scuola, tanto da far scrivere alla Commissione antimafia che: «La vicenda dell’appalto del dissalatore di Trapani è un esempio dell’ingresso di cosa nostra nell’acquisizione effettiva dei grandi appalti».

Il nuovo impianto
Il nuovo dissalatore verrà realizzato nello stesso sito del vecchio impianto, ma con un sistema più avanzato basato su osmosi inversa, che garantisce maggiore efficienza energetica e un impatto ambientale ridotto. Il progetto è in fase di conferenza di servizi e in attesa della Vinca, la valutazione di incidenza ambientale. C’è tanto da fare e per i soli lavori si prevede una spesa di 21 milioni di euro. Il nuovo dissalatore di Trapani non sarà costruito al posto del vecchio enorme impianto. Quest’ultimo verrà recintato in attesa di capire che farne di tutta quella ferraglia. Verranno invece recuperate le aree libere e quei locali da rimettere a nuovo, oltre alle condutture e alle pompe a mare. Altro aspetto importante è che si installeranno dei moduli mobili per la dissalazione, questo dovrebbe garantire una certa elasticità.

 


Il progetto sarà suddiviso in due fasi:
FASE 1
Installazione di un impianto pre-assemblato e trasportabile (a container), con una capacità di 96 litri al secondo (circa 8.280 metri cubi d’acqua potabile al giorno).
Pulizia e manutenzione delle condotte esistenti per garantire l’afflusso di acqua marina.
Restauro e messa in sicurezza della stazione di sollevamento, con nuove apparecchiature di pre-trattamento.
Il sistema dovrà operare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con una disponibilità garantita del 95% su base annua.
L’acqua prodotta sarà distribuita tra Milo (40 l/s) ed Erice (56 l/s).

FASE 2
Ampliamento della capacità dell’impianto, che arriverà a 192 litri al secondo.
Per raggiungere questo obiettivo, il dissalatore di Porto Empedocle verrà smontato e trasferito a Trapani, raddoppiando la produzione.
La distribuzione dell’acqua sarà equamente divisa tra Milo ed Erice (96 l/s ciascuno).

 

 

 

 

Costi e tempistiche
Il progetto per il nuovo impianto di dissalazione di Trapani ha un costo complessivo di 21,3 milioni di euro, suddiviso tra:
Lavori di realizzazione dell’impianto (Lotto 1): 20,4 milioni di euro.
Spostamento dell’impianto di Porto Empedocle a Trapani (Lotto 3): 881.000 euro.
A questo si aggiungono opere accessorie, interventi ambientali, sicurezza e IVA.
I tempi previsti per la realizzazione della FASE 1 sono di 5 mesi dalla firma del contratto d’appalto. Tuttavia, considerando la complessità burocratica e i ritardi storici, rimane da vedere se queste tempistiche verranno rispettate. Sulla fase due non ci sono tempi certi.

 


20 milioni da Roma
«Dal governo nazionale arriveranno 20 milioni di euro per la fase di avvio dei dissalatori di Gela, Trapani e Porto Empedocle. È stata infatti accolta la nostra richiesta che permetterà di far partire i nuovi impianti con la massima efficienza e nei tempi previsti».

Ad annunciarlo il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, dopo la presentazione di un emendamento da parte dei relatori al ddl di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2024 n.208, attualmente in fase di esame congiunto da parte delle commissioni Bilancio e Ambiente della Camera dei deputati. Il provvedimento adottato alla fine dell’anno scorso prevede all’articolo 2 misure urgenti per l’adeguamento delle infrastrutture idriche in Sicilia.

«Queste somme aggiuntive – spiega Schifani – permetteranno di coprire i costi di avviamento e di gestione temporanea dei tre dissalatori nel primo anno di riattivazione.

Per quanto riguarda le altre risorse necessarie per i tre impianti di dissalazione, il governo Schifani ha già individuato 90 milioni all’interno dell’Accordo di coesione e 10 milioni a valere sul bilancio regionale. L'iter di realizzazione degli interventi in via d’urgenza è stato affidato, come chiesto dal presidente Schifani, al commissario Dell’Acqua per via dei poteri di deroga dei tempi conferiti dalla legge. La Cabina di regia regionale per l'emergenza idrica continuerà a monitorare l’andamento delle procedure per la realizzazione dei tre impianti.

 

Il gioco vale la candela?
E’ quello che si chiedono in molti, perchè le perplessità sono tante. Infatti il dissalatore non servirà direttamente la comunità trapanese, ma la gestione del tutto, anche della procedura dei lavori, è affidata a Siciliacque che gestirà la risorsa come meglio crede. Tra l’altro si parla di una produzione, in prima fase, di 96 metri cubi al secondo, meno di un terzo del fabbisogno dell’intera città di Trapani che non beneficerà dell’acqua dissalata, visto che ha i suoi pozzi. Ignoti, poi, i costi di gestione. C’è chi storce il naso anche per un altro motivo. In queste settimane si soffre per la situazione della diga Trinità, messa fuori esercizio perchè non sicura. L’acqua viene gettata in mare. Allora quello che molti si chiedono e se queste somme non sarebbero state più utili per mettere in sicurezza, in maniera celere, la diga, già in passato. Nel 2018, ad esempio, erano stati finanziati lavori di manutenzione dell’invaso per 3 milioni di euro. Ma i soldi sono andati persi, i lavori mai fatti, e la diga adesso non serve a nulla, con gli agricoltori imbestialiti. Altro aspetto sono i tempi. In teoria si tratta di un intervento tampone, ma questi, al di là degli annunci dei politici, difficilmente saranno conclusi e l’impianto operativo per la stagione estiva.
Nell’impianto di Trapani c’è una sedia a rotelle, come un invito ad assistere, da spettatori, al declino del dissalatore. Un monumento allo spreco, uno sfregio ad un territorio spesso preso in giro.