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21/02/2025 06:00:00

La vicenda dell'ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè: accuse, rimozione e assoluzione

La vicenda giudiziaria dell'ex vescovo di Trapani, Francesco Miccichè, si è chiusa ufficialmente il 23 dicembre scorso. Dopo un processo durato quattro anni, i giudici del tribunale di Palermo, presieduto da Franco Messina e a latera i giudici Roberta Nodari e Chiara Badalucco, hanno assolto Miccichè dall'accusa di peculato per un prelievo di 2.000 euro effettuato nel 2012, mentre per gli altri episodi contestati, relativi al periodo tra il 2007 e il 2012, è intervenuta la prescrizione.

Le accuse e le indagini

L'ex prelato era stato accusato di aver distratto fondi provenienti dall'8 per mille, destinati alle attività della Diocesi di Trapani. Secondo l'accusa, Miccichè avrebbe dirottato oltre 400.000 euro su un conto corrente della diocesi, su cui aveva ampia discrezionalità nella gestione e senza obblighi di rendicontazione.
Le indagini, avviate a seguito di un'ispezione vaticana condotta nel 2012 dall'allora vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, e supportate dalla Guardia di Finanza, hanno evidenziato presunte irregolarità nella gestione economica della diocesi. Nel corso del processo sono emerse due situazioni distinte: mentre per il prelievo del 2012 la Corte ha stabilito che il fatto non sussiste, le altre accuse sono cadute per prescrizione.

Il contesto e la rimozione di Miccichè da parte di Benedetto XVI

Il procedimento giudiziario ha riportato alla luce un capitolo oscuro della storia della diocesi trapanese, con le indagini della Guardia di Finanza che avevano fatto emergere numerose irregolarità nella gestione dei fondi. L’inchiesta aveva avuto origine da alcune segnalazioni interne e dal lavoro di un giornale locale che aveva messo in evidenza il mancato rendiconto di alcune somme destinate alle opere di carità. Il periodo sotto indagine andava dal 2007 al 2012, anni in cui Miccichè aveva il pieno controllo delle risorse economiche della diocesi. Tra le accuse mosse all'ex vescovo, vi era anche il trasferimento di ingenti somme di denaro sui cosiddetti "correntoni della Curia", conti sui quali non vi era una chiara rendicontazione e che sarebbero stati usati per spese personali o per favorire membri della sua famiglia.

Uno degli eventi chiave di questa vicenda fu la rimozione di Miccichè dal suo incarico nel 2012 da parte di Papa Benedetto XVI, dopo un’ispezione condotta dall’allora vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero. Questa decisione senza precedenti fu un chiaro segnale dell'attenzione del Vaticano sulla gestione amministrativa delle diocesi. La visita apostolica mise in luce una serie di criticità, portando alla decisione di sollevare Miccichè dalla sua carica e sostituirlo con un amministratore apostolico. Questa rimozione rappresentò uno dei primi casi in cui un Papa interveniva direttamente su una diocesi italiana per motivi legati alla gestione finanziaria.

Il processo e la difesa dell'ex vescovo
La Procura di Trapani, rappresentata dal pm Sara Morri, aveva chiesto una condanna a quattro anni e sei mesi per l'ex vescovo. Durante il processo, la difesa di Miccichè, rappresentata dall’avvocato Mario Caputo, ha contestato fermamente le accuse, sottolineando che non vi erano prove concrete di un uso illecito dei fondi. Secondo la difesa, la gestione delle risorse dell’8xmille era avvenuta nel rispetto delle regole e ogni spesa era giustificata da esigenze pastorali. Inoltre, è stato messo in dubbio l’operato della Procura, accusata di non aver approfondito adeguatamente le circostanze e di non aver preso in considerazione documentazioni che avrebbero potuto dimostrare la correttezza della gestione dell’ex vescovo.

Nonostante l'assoluzione per uno degli episodi contestati e la prescrizione per gli altri, la vicenda di Miccichè rimane una delle più controverse nella recente storia della  Chiesa italiana. La diocesi di Trapani, che si era costituita parte civile nel processo, aveva sperato in una condanna che potesse restituire un senso di giustizia alla  comunità locale, profondamente scossa dallo scandalo. L’esito giudiziario, pur ponendo fine al procedimento, lascia aperti molti interrogativi sul controllo dei fondi ecclesiastici e sulla necessità di maggiore trasparenza nella gestione economica delle diocesi. La sentenza, arrivata dopo quattro anni di dibattimento e numerose udienze, chiude ufficialmente il caso dal punto di vista legale, ma il dibattito sulle responsabilità morali ed etiche resta ancora aperto.