Inutilizzabilità di intercettazioni, già in fase di udienza preliminare, e varie remissioni di querele da parte di presunti truffati hanno azzoppato l’accusa in un processo che davanti il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Vito Marcello Saladino, giudici a latere Vicini e Pizzo) vede imputate 17 persone per associazione per delinquere finalizzata alle truffe, alla ricettazione, al falso ideologico e materiale e all’impiego di denaro di provenienza illecita.
Reati che sarebbero stati commessi, a Marsala, tra il 2017 e il 2019, in danno di Financial Services, American Express, Tim e alcuni semplici cittadini. Davanti al giudice delle udienze preliminari Annalisa Amato, a condurre, con successo, una “battaglia” contro le intercettazioni, che avrebbero messo in grave difficoltà parecchi imputati, era stato uno degli avvocati difensori, Leo Genna, sollevando alcune eccezioni procedurali che, di fatto, hanno sottratto dalle mani del pm le principali fonti di prova. Il legale fece, infatti, rilevare una serie di accertamenti svolti dopo il termine di sei mesi, senza che fosse stata concessa una proroga di indagini, intercettazioni effettuate nell’ambito di un altro procedimento con il quale, secondo la difesa, non vi sarebbe connessione di reati. E che, inoltre, sulla base delle ultime normative, per questo genere di reati non sono previste le intercettazioni. E il gup non ha potuto fare altro che dichiararle “inutilizzabili”. Per questo motivo, oltre che per le remissioni di querele, qualcuna arrivata addirittura in aula nel corso del processo, ieri il pm Roberto Piscitello, dopo avere sottolineato in premessa alla sua requisitoria proprio il venir meno di queste prove d’accusa (“La verità processuale, come in questo caso – ha affermato il magistrato – non sempre è quella reale. E ciò per quelle regole processuali alle quali, naturalmente, ci inchiniamo”), ha potuto invocare solo sette condanne.
“L’associazione a delinquere comunque esiste – ha, infatti, detto il pm – C’è stato un sistema di acquisti farlocchi con carte di credito. C’è una base di organizzazione di uomini e di mezzi con le due società dei Maniscalco con sede in piazza Piemonte e Lombardo”. E per questo ha chiesto la condanna a tre anni e mezzo di reclusione per Nicola Marcello Maniscalco, a due anni e due mesi per Manuel Maniscalco, a due anni e un mese per Antonio Maniscalco, a un anno e mezzo più mille euro di multa per Michele Maurizio Chirco, a un anno più mille euro di multa per Salvatore Mistretta e a un anno e 500 euro di multa per Giovanna Curatolo. Per i capi d’imputazione per i quali non si può procedere senza intercettazioni e querele è stata chiesta l’assoluzione (in qualche caso anche la prescrizione). Assoluzione invocata anche per gli altri imputati: Filippa Accomando, Giancarlo Chirco, Alfonso Caruso, Danilo Ceraolo, Pietro Marino, Giuseppa Rizzo, il gambiano Sainey Maklo, la marocchina Najat Mortada, il romeno Marian Nicusor Petria e il senegalese Djibryl Diop. Tra gli avvocati difensori, oltre a Leo Genna, anche Luigi Pipitone, Tommaso Picciotto, Salvatore Fratelli, Diego Tranchida. Nel processo si è costituita parte civile la Telecom Italia. Le indagini, condotte dai carabinieri di Marsala, sono state coordinate nell’ordine dai pm Volpe, D’Alessandro e Rana.
Diversi gli episodi contestati dagli investigatori. Nel dettaglio, alcuni sono accusati di avere falsificato documenti fiscali della pubblica amministrazione per ottenere un finanziamento di 15.500 euro per l’acquisto di un’auto Toyota Yaris del quale, poi, fu pagata una sola rata, vendendo inoltre il mezzo ad un’altra persona per 5.500 euro. In altri casi, con “artifici e raggiri”, sono state attivate carte American Express, alcune intestate anche a persone assolutamente ignare di esserne titolari, con le quali sono stati effettuati diversi acquisti in vari negozi di Marsala e negozi on line, nonché ricariche di carte paypal, acquisti di smartphone Tim, ricariche telefoniche, attivazioni di linee di rete fissa, attivazione contratti Tim Vision, ottenendo la consegna dei relativi apparati elettronici, abbonamenti telefonci, trasferimento di denaro con pagamenti Pos ad una società. Tra gli acquisti “truffaldini” anche tre climatizzatori. Ingente l’ammontare complessivo delle contestate truffe.